24 set 2014
ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE
14 SETTEMBRE 2014
OMELIA
Le tre Letture Scritturistiche di oggi sono collegate tra di loro e parlano della Esaltazione della Croce.
La prima lettura esalta la croce come medicina di Dio, capace di guarire tutte le malattie degli Ebrei nel deserto; il brano evangelico esalta la croce come albero della vita in cui Gesù è stato innalzato e dal quale Gesù offre a noi la vita eterna. San Paolo poi nella seconda lettura fa il passaggio dall’esaltazione di Gesù sulla Croce all’esaltazione di Gesù fatta da Dio, suo Padre, nella gloria del Cielo, dove gli fu dato il Nome che è al di sopra di ogni altro nome, dinanzi al quale ogni ginocchio si deve piegare nei cieli, sulla terra e sotto terra.
A questo punto cerchiamo di capire un pochino il messaggio della festa di oggi:
la croce è un terribile supplizio. Gesù Crocifisso, però, l’ha redenta e ha fatto di essa uno strumento del suo amore misericordioso per la nostra salvezza.
Innanzi tutto riflettiamo sulla prima lettura. Gli Ebrei sono in cammino nel deserto. Nel deserto, però, manca l’acqua, manca il pane e la carne.
Come reazione gli Ebrei rimpiangono quanto possedevano in Egitto e si ribellano contro Dio e contro Mosè: “Perché ci avete fatto salire dall’Egitto per farci morire in questo deserto?”. Gli Ebrei volevano tornare in Egitto, volevano tornare ad essere schiavi; invece dovevano fidarsi di Dio che certamente li avrebbe riforniti del necessario per vivere; e avrebbero dovuto continuare il loro viaggio verso la Terra Promessa, la Palestina, luogo di libertà.
Allora Dio, perché gli Ebrei riflettessero e si pentissero della loro stoltezza, mandò loro dei serpenti velenosi e molti Ebrei morirono avvelenati. Gli Ebrei finalmente si pentirono del loro peccato e chiesero perdono a Dio. Dio ebbe compassione di essi e disse a Mosè: : “Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta di bronzo: “CHI SARA’ MORSO E LO GUARDERA’, RESTERA’ IN VITA”. E, in verità, quanti furono morsicati dai serpenti velenosi e guardarono il serpente di bronzo restarono in vita”.
DOMANDIAMOCI:
Ma perché il serpente di bronzo divenne medicina per i morsicati dai serpenti velenosi? Ciò avvenne perché il serpente di bronzo era il simbolo di Gesù Crocifisso. Il motivo ce lo ha detto Gesù stesso un momento fa nel brano evangelico:
“COME MOSE’ INNALZO’ IL SERPENTE NEL DESERTO; COSI’ BISOGNA CHE SIA INNALZATO IL FIGLO DELL’UOMO, PERCHE’ CHIUNQUE CREDE IN LUI ABBIA LA VITA ETERNA”.
E QUI DOBBIAMO FARE UN RILIEVO MOLTO IMPORTANTE:
la nostra prima reazione davanti alla croce è di paura e di fuga. Noi istintivamente rifiutiamo la sofferenza. Noi cristiani, però, dobbiamo imparare a saper soffrire pensando al valore redentivo della sofferenza: neppure la più piccola nostra sofferenza andrà perduta se la mettiamo nel calice della passione e della morte di Gesù.
CONCLUDIAMO COSI’:
la nostra sofferenza unita alla sofferenza di Gesù, diventa la nostra medicina e ci guarisce dal peccato e dalla morte. La nostra sofferenza unita alla sofferenza di Gesù, soprattutto causa la nostra risurrezione e la nostra vita eterna.
Sac. Salvatore Paparo
L’Opera Cenacolo Familiare nasce in “embrione” nel maggio del 1946 in un seminario del Piemonte in seguito all’esperienza spirituale vissuta da don Salvatore Paparo, sacerdote cattolico nato a Cesarò (Messina) il 14 Agosto 1929 e morto a Cintano (To) l'1 febbraio 2015. Entrato nel Piccolo Seminario di Bronte (Catania) all’età di 10 anni, Salvatore matura la sua vocazione sacerdotale. Dopo la scuola media si trasferisce al Seminario Maggiore di Catania, dove rimane per due anni. Desiderando dedicarsi alla missione, l’8 Dicembre del 1945 entra nello studentato dei Padri Maristi a Cavagnolo (Torino). Nel maggio del 1946 si ammala gravemente e i medici disperano di salvarlo. Don Salvatore, invece, guarisce improvvisamente e, mentre si sente “immerso in Dio, luce-calore estasiante”, riceve questo messaggio: “L’umanità va incontro all’Età Aurea del Cristianesimo. Allora il mondo riconoscerà Gesù come unico suo Salvatore e vivrà in modo straordinario un’era di pace e di benessere. Tu sarai l’umile nostro strumento”.
7 set 2014
CORREZIONE XXIII DOMENICA PER ANNUM A
7 SETTEMBRE 2014
OMELIA
Il nucleo centrale dell’insegnamento scritturistico di oggi è contenuto nel pressante invito di San Paolo Apostolo a volerci bene:
“FRATELLI, NON SIATE DEBITORI DI NULLA A NESSUNO,
SE NON DELL’AMORE VICENDEVOLE”.
Rileviamo subito che l’amore fraterno comporta anche il dovere di correggere il fratello che pecca. Correggere, però, non significa diventare giudici del nostro prossimo. Assolutamente, no. Solo Dio può giudicare giustamente le persone perché solo Lui scruta i cuori di tutti, mentre noi vediamo solo l’apparenza degli atti degli altri, e chi giudica tenendo presente solo l’apparenza,
giudica falsamente.
Sottolineiamo che nella correzione dobbiamo tenere presenti alcune regole: innanzi tutto il movente della correzione deve essere unico: il bene del fratello che ha peccato, per cui sbaglia di grosso chi per correggere umilia il fratello e contro di lui usa parole offensive.
In secondo luogo la correzione deve essere fatta con dolcezza. Giustamente San Francesco di Sales soleva dire che si prendono più mosche con una goccia di miele che non con un barile di aceto, dove per miele intendeva la dolcezza e per aceto la durezza nel parlare.
Infine la correzione deve essere fatta con umiltà: l’umile non si crede superiore al fratello che ha peccato ed è convinto che, senza l’aiuto di Dio, lui commetterebbe le stesse debolezze del fratello che corregge, anzi ne commetterebbe altre ben più gravi. In conseguenza di ciò l’umile prima di correggere un fratello pensa alla propria conversione riflettendo sulle parole di Gesù:
“PRIMA DI TOGLIERE LA PAGLIUZZA CHE E’ NELL’OCCHIO DEL TUO FRATELLO, TOGLI LA TRAVE CHE E’ NEL TUO OCCHIO”.
Sac. Salvatore Paparo
L’Opera Cenacolo Familiare nasce in “embrione” nel maggio del 1946 in un seminario del Piemonte in seguito all’esperienza spirituale vissuta da don Salvatore Paparo, sacerdote cattolico nato a Cesarò (Messina) il 14 Agosto 1929 e morto a Cintano (To) l'1 febbraio 2015. Entrato nel Piccolo Seminario di Bronte (Catania) all’età di 10 anni, Salvatore matura la sua vocazione sacerdotale. Dopo la scuola media si trasferisce al Seminario Maggiore di Catania, dove rimane per due anni. Desiderando dedicarsi alla missione, l’8 Dicembre del 1945 entra nello studentato dei Padri Maristi a Cavagnolo (Torino). Nel maggio del 1946 si ammala gravemente e i medici disperano di salvarlo. Don Salvatore, invece, guarisce improvvisamente e, mentre si sente “immerso in Dio, luce-calore estasiante”, riceve questo messaggio: “L’umanità va incontro all’Età Aurea del Cristianesimo. Allora il mondo riconoscerà Gesù come unico suo Salvatore e vivrà in modo straordinario un’era di pace e di benessere. Tu sarai l’umile nostro strumento”.
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