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29 mag 2015

EMMAUS

 Care amiche e amici l’evangelista Luca ci narra della resurrezione di Gesù in un solo capitolo, ma questo racconto del risorto si svolge in tre momenti distinti, anzi direi addirittura in quattro momenti distinti. Il primo sono le donne al sepolcro, ovvero Maria di Magdala Giovanna e Maria di Giacomo, Il secondo con l’incredulità dei discepoli e la corsa di Pietro verso il sepolcro, il terzo con il racconto che oggi commenteremo, il cammino con i due discepoli di Emmaus, il quarto l’apparizione ai discepoli e alle discepole. Con l’aiuto dello Spirito Santo immergiamoci e facciamoci guidare da Lui sul terzo punto “l’incontro con i discepoli di Emmaus” quale domanda sorge a noi dopo aver letto questi versetti? La risposta è dove incontrare il Signore risorto e come incontrarlo. L’apparizione ai due discepoli sulla strada per Emmaus è uno degli episodi più conosciuti dei Vangeli ed è interessante per un’altra cosa l’evangelista Luca ispirato dallo Spirito Santo parla di due discepoli, ma fa il nome soltanto di uno: Cleopa e l’altro chi era o chi è, l’altro discepolo siamo Noi, l’altro discepolo è la chiesa, che spesso tradita o troppo illuminata dalla dottrina non vede più o non riconosce più il Signore Gesù Cristo la vera Luce di Dio. E si care sorelle e fratelli in Cristo anche noi spesso abbiamo gli occhi impediti per vedere il Signore succede a tutti anche a chi ha intrapreso la via del servizio a Dio a chi è pastore, in questa nostra vita sempre più frenetica, sempre più cosparsa da cose futili ed inutili, in una vita spesso fatta di spreco, e parlo del tempo dedicato a Dio, il risorto ci passa accanto, eppure noi non lo vediamo, non lo scorgiamo, si cari amici e amiche non sono le grandi celebrazioni, le tradizioni che da secoli ci portiamo dietro, le varie liturgie di tutte le chiese cristiane che ci possono far incontrare il risorto; per scorgerlo ci vuole un gesto del Signore, ci vuole la sua parola, la parola fatta carne come ben ci dicono gli evangelisti (E’ Dio che si rivela a noi, l’iniziativa è sua e solo la fede ci può aprire gli occhi, il Gesù risorto appare solo agli occhi del credente) Vedete in questo racconto ci sono delle cose meravigliose Gesù lungo la strada illustra la Sacra Scrittura ,cita i profeti egli stesso essendo Dio diventa parte del discorso, eppure i loro occhi era ancora impediti e malgrado le donne che per prime hanno visto il risorto lo abbiano riferito ai discepoli ancora permane il dubbio. Quando si avvicinano al villaggio, ormai si sta facendo sera e Gesù fa finta di voler andare più lontano e allora i discepoli ed anche noi cerchiamo di trattenerlo e qui è forse il punto più bello del racconto: Il Signore entra nella loro casa e si siede a tavola, prese il pane, fece la benedizione, lo spezzo e lo diede a loro, proprio come faremo noi tra pochi minuti con la Santa Cena. Allora ci narra Luca” i loro occhi si aprirono e lo riconobbero” ecco care sorelle e fratelli nel Signore ci sono due gesti in Gesù il primo e la lettura e la spiegazione della parola di Dio ovvero della sua e dopo il sacramento dell’Eucarestia solo così si apersero gli occhi ai discepoli e solo così anche i nostri occhi si apriranno e ci faranno scorgere il risorto, non c’è altra via se non quella tracciata da Gesù

LA PAROLA FATTA CARNE

 Il Vangelo di Giovanni, come anche negli altri brani che abbiamo letto, non ci parlano della nascita di Gesù: Gesù care sorelle e fratelli in Cristo è per questi racconti un essere preesistente alla sua nascita, è la Parola di Dio che con Gesù prende sembianze umane. Dio, soprattutto nel Vangelo di Giovanni è rappresentato qui come il Verbo, la Parola e Gesù porta sulla terra quella parola ed è per questo che viene chiamato il verbo di Dio. Attraverso Gesù, Dio invia dunque il suo messaggio a tutti, la Parola si fa carne, corpo umano, per poter giungere fino a noi. E così che Dio scende in mezzo agli uomini e alle donne si fa ascoltare e si fa vedere.. La sua parola si è fatta carne. Dice il brano di Giovanni, non solo Dio scende in mezzo a Noi ma quando scende a Betlemme scende nella forma di bambino concepito con Maria Vergine nato in una stalla e deposto in una greppia. Dio non va ad abitare tra le mura di un tempio o di un palazzo principesco, scegli invece la precarietà di una stalla di una capanna. La capanna non ha fondamenta è piantata a terra un po’ come una tenda è può essere ripiantata da qualche altra parte. L’immagine che ci da l’evangelista non è quella di un Dio che sta al centro della scena e guarda da spettatore distaccato tutto ciò che gli sta intorno, ma di un Dio che si fa compagno di camminare con noi nelle difficoltà della vita. La parola di Dio, è una parola potente, efficace, una parola creatrice, come quando creo l’universo e il nostro mondo miliardi di anni fa bastò che dicesse “sia la luce e subito la luce fu e così fu per le altre cose” La parola di Dio è come la pioggia e la neve che cadono dal cielo, così ci dice il profeta Isaia “Essa non torna a me a vuoto ma fa le cose per cui l’ho mandata”. Ma anche la parola di Dio ha una debolezza, essa ha bisogno che noi la ascoltiamo per poter esprimere tutta la sua forza. Non è strano? Dio scende dal trono e si fa mendicante di una risposta. Perché Dio, che è così potente ha voluto che solo attraverso la relazione con noi, la sua esistenza avesse un senso. Dio è tanto, ma tanto più grande di Noi e così dobbiamo abituarci al fatto che molte domande rimangono senza risposta. Solo qualche piccolo frammento ci è dato di capire. Forse care amiche e amici ciò che ci porta fuori sytrada e che quando proviamo a immaginarci la potenza di Dio, pensiamo a Dio come il più potente tra gli uomini potenti. La potenza di Dio invece è altro: si esprime in modo diverso, accoglie, non respinge, non schiaccia è dolce da portare, la potenza di Dio fa crescere, e nulla, ma proprio nulla ha a che fare con quella dei potenti della terra!                                                                 

FEDE E RELIGIOSITA’

 Negli ultimi cento cinquant’anni, con l’industrializzazione e lo sviluppo delle scienze naturali delle scoperte sempre più importanti, sono sorte nella vita degli uomini e delle donne spiegazioni non religiose del progresso del mondo. Anche se le religioni e parlo qui proprio di religioni e non di fede, continuano ad essere praticate più per tradizione che per convinzione, ma certo alcune parti sempre crescenti di popolazione si sono sottratte all’influenza religiosa. Le religioni soprattutto praticate in ambienti occidentali non influenzano più la vita sociale, perché i loro principi etici e sociali sono ormai distanti dai reali problemi della società. Questo processo che riguarda la religione ma non la fede viene definito “secolarizzazione”.
Le conseguenze dello sviluppo scientifico, della ricerca e della tecnologia sono diverse a seconda della provenienza del “credente”: alcuni conservano la loro religiosità, tracciando però un confine netto tra religione e scienza (questo accade soprattutto in ambito islamista); altri rifiutano la religione e divengono atei o agnostici, altri ancora, soprattutto nelle religioni orientali inglobano le conoscenze scientifiche nella propria religione.
Ma a questo punto bisogna fare un passo indietro e analizzare gli elementi che hanno portato la società e la nostra coscienza a quello che ho detto nella introduzione; la base di qualunque concezione della vita, sia per il credente che per il non credente, è una serie di domande esistenziali; possiamo qui prenderne qualcuna ad esempio: come è nato l’universo? Quali forze lo governano? Esiste Dio? Le risposte a questi interrogativi costituiscono la nostra concezione della realtà. Noi stessi come individui siamo parte di questa realtà. Ma come vi siamo giunti? Che cosa da senso alla vita umana? Che cosa accade quando muoriamo? Tentando di rispondere a questi interrogativi, poco a poco ci formiamo una nostra concezione ,sia della nostra vita, che dell’individuo. Non abbiamo scelto noi di vivere. Ma certo entro certi limiti siamo noi che decidiamo “come vivere”. Qual è la cosa più preziosa nella nostra vita? Io come credente in Gesù, dico l’amore che riassume un po’ tutto, ma altri pensano al denaro, alla salute, al godimento della natura ecc. insomma tutti gli individui hanno una visione dei valori o un’etica.
Ed ora passiamo ad analizzare due correnti importanti della filosofia partendo dal più antico.
L’ UMANESIMO
L’umanesimo designa un insieme di idee e principi filosofici diversi a volte anche conflittuali, lla parola umanesimo deriva dal latino humanus , possiamo dire che umanista è colui il quale pone l’individuo e la dignità umana al centro dei propri valori ( il messaggio di Gesù che troviamo nei vangeli portano proprio questi valori).
Nell’anno 399 a.C. un uomo è sul banco degli imputati ad Atene: è accusato di non credere agli dei e di aver formulato queste sue idee presso i giovani che lo seguivano, convincendoli di questa aberrazione. Una piccola maggioranza dei cinquecento membri del consiglio, lo condanna e poiché egli non chiede la grazia, e anzi assicura ai giurati di aver agito bene e di non pentirsi, viene condannato a morte. Quell’uomo era Socrate, il filosofo forse che più ha inciso sull’umanesimo. Socrate per primo volto le spalle a quella che considerava inutile speculazione filosofica, per affermare invece, i veri problemi umani “fece insomma scendere sulla terra dal cielo le speculazioni filosofiche” insegnò come un vero profeta agli individui a pensare alla vita come un dono, all’etica, al bene ed al male. Chi sa che cosa è il bene e l’amore, lo metterà in pratica; e soltanto che fa del bene è un uomo o una donna felice. Socrate pur essendo nato in una società pagana ed essendo stato istruito nella medesima, diceva di ospitare un Dio dentro di se che gli indicava ciò era giusto o sbagliato. Con la sua indomabile forza di volontà che lo porto a morire per ciò che riteneva giusto, Socrate dìmostrò anche di considerare la verità al di sopra della vita stessa, anche se amava profondamente vivere. Ai giudici che lo condannarono egli disse “Obbedisco al Dio più che a voi” Ma il filosofo greco è importante anche per un’altra cosa egli ponendo l’accento sulla ragione ispirata da Dio come guida, sottolinea anche allo stesso tempo che vi sono dei limiti alla conoscenza e alla scienza; egli diceva “la vera sapienza è sapere di non sapere”.
L’umanesimo più vicino a noi deriva comunque da quello del rinascimento che partì praticamente dalla città dell’Italia centrale Firenze, Pisa, Siena ecc. uno su tutti fu Leonardo da Vinci, più tardi nel nord dell’ Europa un altro umanista che oggi tutti conoscono fu Erasmo da Rotterdam, ma c’è da aggiungere anche che gli umanisti del rinascimento non vedevano alcun contrasto tra la cultura classica e il cristianesimo, ma l’umanesimo del rinascimento, tuttavia, ha segnato con la gerarchia delle varie chiese cristiane ma non con i fedeli e la figura di Gesù, l’inizio di quel processo di secolarizzazione che ha mutato l’ Europa negli ultimi tre secoli ed io direi in bene. Gli umanisti si sbarazzarono del principio d’autorità che condizionava (Vedi il processo a Galileo Galilei e al rogo di Giordano Bruno) soprattutto nei paesi cattolici ogni tipo di ricerca scientifica. Nacque il metodo scientifico: ogni ricerca deve basarsi sull’osservazione, sull’esperienza e sulla sperimentazione, con l’umanesimo sia antico ma anche con quello rinascimentale si ebbero: una nuova concezione del mondo e dell’universo, un nuovo modo di considerare la vita ( come la voleva Gesù di Nazareth), una nuova visione della natura, un nuovo metodo scientifico.
Nel 1700 fu scritto un nuovo capitolo dell’umanesimo: l’illuminismo, un movimento che sorse in Inghilterra ma che trovò la sua patria nella Francia, l’illuminismo significò una rottura con molte idee del rinascimento e portò nuovi contributi all’umanesimo in diversi campi come non ricordare Montesquieu, Herder, Kant, Lavoisier, Rousseau, Diderot e per noi Italiani quelle geniali interpretazioni di Giovan Battista Vico ed in ultimo forse il più illuminista di tutti: Voltaire, il filosofo ingaggiò una lotta costante contro il fanatismo, l’intolleranza e l’abuso di potere; particolarmente animosa fu la sua battaglia contro il potere della chiesa cattolica e la cieca credenza nei dogmi. Ciò che contestava Voltaire era la fede dogmatica e la sopraffazione religiosa. Egli stesso non era ateo, se ben guardiamo i suoi scritti; egli sosteneva che dietro le leggi che regolano l’ordine e la struttura dell’universo deve esserci per forza un creatore. Esiste un Dio, sosteneva Voltaire, ma dogmi religiosi e le raffigurazioni della sua immagine sono invenzioni umane. Se gli uomini si perseguitano e si uccidono per guerre religiose, questo succede per la loro ignoranza, credenze, tradizioni e stupidità,non così la fede che non ha mai fatto guerre e non ha ucciso nessuno.Infine, bisogna ricordare che i filosofi illuministi furono anche agitatori politici, che si batterono per l’inviolabilità dei diritti dell’individuo sia donna che uomo (Come fece Gesù di Nazareth 1700 anni prima). Il primo obiettivo di questa lotta era la libertà di pensiero e di stampa. A tutti doveva essere garantito di poter esprimere le proprie idee e il suo pensiero, importantissimo nel pensiero illuministico il principio della tolleranza.

Bisogna comunque pensare che buona parte degli umanisti, sia nell’epoca rinascimentale che nel periodo dell’illuminismo erano convinti cristiani. Secondo la loro visione, “che io ritengo giusta” il cristianesimo, giustamente interpretato, non era altro che la giustizia sociale e la tolleranza che l’umanesimo professava, molto ideali dell’umanesimo e soprattutto della corrente illuministica si ritrovavano e si ritrovano anche nella Bibbia ed in particolar modo nel Nuovo Testamento, non da ultimo che tutti gli individui siano essi uomini o donne abbiano uguale valore e dignità; anzi io direi che i messaggi, la vita di Gesù di Nazareth abbia superato i dettami dell’illuminismo, in particolar modo i messaggi rivolti alle donne che nella società ebraica e romana di allora erano una vera e propria rivoluzione, basta qui ricordare, quello che scriveva ai Galati l’apostolo Paolo “Qui non vi sono ebrei o greci, liberi o schiavi, uomini o donne, siete tutti una cosa sola in Cristo Gesù” Un bel messaggio di grande fede e non di religiosità, il Nuovo Testamento sottolinea sia la comunione di tutta l’umanità sia l’unicità della donna e dell’uomo come creatura uscita dalla mani di Dio. Anche la carità, la compassione, la misericordia per il prossimo sono ideali umanistici che occupano un posto centrale nel vero Cristianesimo, Cristianesimo da non confondere con le chiese cristiane, che spesso si sono comportate in modo diametralmente opposto. Anche gli umanisti, di cui alcuni furono anche gli iniziatori della riforma della chiesa divennero liberi pensatori, cioè autonomi rispetto alla chiesa e ai dogmi del cristianesimo. Alla pseudo verità della dogmatica furono opposte quelle della ragione “anche la fede fa parte della ragione” e della scienza. Ateismo e agnosticismo divennero parti importanti dell’Umanesimo, soprattutto gli umanisti cosi detti :“cristiani” hanno criticato, attraverso i secoli, la gestione del potere e l’intolleranza della chiesa o meglio delle grandi chiese cristiane cattolica, ortodossa, anglicana, sottolineando però al tempo stesso il bisogno di fede nell’individuo: a renderlo qualcosa di più di un animale, sono la facoltà dell’intelletto sia la sua capacità di percepire e riconoscere l’esistenza di Dio

AMOS IL PROFETA DELLA GIUSTIZIA

Amos (portatore della parola di Dio) esercitò il suo ministerio in Israele all'epoca di re Uzzia re di Giuda 785-747 a.C. E di Geroboamo II re di Israele 787-747 a.C.. Questi due regni è paralleli, la cui durata ne sottolinea la stabilità, rappresentano un periodo di prosperità generale, l,ultimo che il regno di Israele abbia conosciuto prima del suo rapido declino e della sua caduta sotto i colpi impietosi dell,Assiria, nel 722 con la caduta della capitale Samaria distrutta da Sargon II. Approfittando della debolezza della Siria, fino a quel momento vicino assai scomodo, Joas si era ripreso le città della Transgiordania. Suo figlio, Geroboano II, aveva ristabilito le vecchie frontiere settentrionali e orientali. Se non fosse per la divisione fra regno del nord e quello del sud, sembrerebbe rinnovarsi la felice epoca del Re Salomone.
La vita economica, con i suoi scambi commerciali internazionali, e il continuo sviluppo arricchisce soprattutto la classe dirigenziale e la chiesa. Il lusso si può notare nelle costruzione dei palazzi in pietre tagliate e lavorate con grande maestria riportate alla luce da scavi nel 1934-35. Il commercio si intensifica; lo stesso culto partecipa al benessere delle classi potenti e si sviluppa in splendide cerimonie con i sacerdoti coperti da mantelli in porpora ricamati con fili d'oro, in pellegrinaggi, in feste solenni con l'esposizione di reliquie ecc.
Ma la sete di guadagno ha progressivamente la meglio sulla solidarietà (anche nella chiesa ebraica di allora) sociale e le potenze economiche piegano la giustizia alle loro esigenze. L'orgoglio nazionale esalta i successi militari sulla Siria. Il governo vive in una euforia, di cui non sa cogliere il lato effimero e pericoloso. La religione stessa si adagia sull'idea di nuovi trionfi in attesa del:”del giorno di Jahvèh” e rifiuta ogni richiamo al pentimento che il profeta Amos fa.
La politica religiosa del sovrano, pur senza rinnegare il riferimento a Jahveh, accoglie tuttavia per motivi politici ,elementi della tradizione cananea, fenicia, siriana, assommando il tutto ad una religione di Stato. Si fondono così il valore della tradizione, il nazionalismo, la religiosità superstiziosa ed infine il valore sacro del potere regio.
E' in questo ambiente travagliato da una profonda crisi di espansione e di crescità, volto al futuro con ottimistica intraprendenza ma anche lacerato da tensioni sociali, che si colloca la predicazione dio Amos.
Sebbene Amos svolga il suo ministerio nel regno del Nord, egli è di origine giudaica, la soprascritta del libro lo indica come cittadino di Tekoa, villaggio a 9 km da Betlemme fra le colline che circondano il deserto di Giuda. Questa regione collinare, poco propizia all'agricoltura era soprattutto sfruttata ed anche oggi è così per l'allevamento. Amos appartiene quindi al mondo della pastorizia. Egli stesso dirà “che Dio l'ho ha chiamato dietro al gregge”
Si tratta quindi di un provinciale, non fra i più poveri, e gli si farebbe torto esagerandola sua durezza contadina. Se è vero che nel suo linguaggio non mancano le espressione forti a proposito dei grandi di Samaria, è anche vero che molti passi dei suoi oracoli, denotano una spiccata saggezza e una cultura tutt'altro che rozza. La sua violenta critica del lusso di Samaria, non è tanto la rivalsa di un un uomo di campagna scandalizzato dalla vita cittadina, quanto piuttosto frutto di uno spiccato senso della solidarietà sociale, che trova le sue origini nei comandamenti di Jahveh.
Inoltre tutto, l'appartenenza di Amos al mondo della pastorizia, ha, in un certo senso anche un valore spirituale. La pastorizia al tempo di Amos ha si un peso economico, ma rappresenta già, in seno a una popolazione nomade diventata stanziale, il ricordo del passato lontano. Le grandi figure della storia di Israele sono pastori: i patriarchi, Mosè, Davide. Da condizione economica principale la pastorizia si avvia a diventare simbolo di un tempo lontano; il tempo glorioso in cui Israele viveva la grande stagione della sua fede nel deserto. Il fatto che Amos sia pastore, significa dunque non ad una appartenenza ad una classe sociale disagiata, ma la tradizione più autentica della fede: ella non evoca pensieri di ordine economico ma di natura spirituale.
Amos non appartiene dunque a nessuna corporazione o ordinazione di profeti, né, tanto meno è nell'elenco dei profeti di corte. E' la vocazione di Dio che l'ho a portato ad essere profeta al di fuori (come spesso avviene anche oggi) dei quadri stabiliti e tradizionali.

Il suo nome è unico nell'antico Testamento e deriva dalla radice che corrisponde al verbo “sollevare””, “portare”. Egli è dunque, colui che porta il messaggio di Dio, o, se si accetta il prevalere della forma passiva, colui che è portato dalla Parola di Dio.

Studio Biblico libro di RUTH

 Prima di tutto vediamo il significato in ebraico di queste tre donne protagoniste di questo libro
partiamo da Ruth che in ebraico significa “amica o anche amiche” Noemi invece ha il significato di “mia delizia” Orpah è di significato incerto ma di solito è “sleale”. Da questo possiamo capire che i vari nomi ebraici che troveremo sul nostro cammino hanno sempre un significato importante cjhe di solito la cultura medio orientale pone in grande risalto. Vediamo ora un breve riassunto del libro: Durante il periodo dei Giudici Elimeleh di Betlemme con sua moglie Noemi emigrò nella terra di Moab insieme ai due figli Makhlon “languore” e Chilion “consunzione” questi due figli sposarono due donne moabite quindi pagane per gli ebrei. Elimeleh morì dopo poco, ed anche i figli non ebbero miglior sorte, quindi lasciarono tre vedove. A questo punto come vedremo leggendo il libro Noemi consiglia alle due nuore di tornare dalle loro famiglie in quanto anche lei voleva tornare a Betlemme, Orpa dopo un breve tentennamento seguì il consiglio di Noemi, mentre Rut volle restare a tutti i costi con la suocera ed insieme fecero il viaggio di ritorno a Betlemme. Giunsero alla città durante il periodo della mietitura ( ecco perchè si legge il libro di Rut alla festa del raccolto la nostra Pentecoste). Rut andò a lavorare nel campo di un ricco proprietario di nome Boaz parente di Noemi che fu subito attratto da lei. Noemi spinse Ruth a sollecitare il matrimonio e Ruth si infili nel letto di Boaz mentre lui dormiva e dopo? Boaz sposo Ruth ma prima la dovette riscattare per rispettare la Legge Levitica da un parente più prossimo a Noemi. Nelle bibbie che noi usiamo, di solito è posto dopo il libro dei Giudici. Storicamente il libro è stato composto probabilmente durante l'esilio babilonese o subito dopo, c.a. 500 a.C. Indubbiamente e questo vale un po' per tutti libri del I Testamento c'era dietro una tradizione orale che è difficile da inquadrare in un periodo storico, alcune parti sono comunque di tradizione e di racconti molto antichi ca XI sec a.C.

Il tratto saliente del libro presenta comunque l'eroismo di due donne che nasce dalla loro ferma fede e fiducia nel Signore, la casa di Elimelech viene ricostruita dalle virtù di Noemi e Ruth. Dal libro si evince che la fede e la fiducia di Ruth in Dio, nel Dio di Israele, è quello che conta, non è per tradizione o per nascita che uno è accettato da Dio ma solo perchè ha creduto in Lui, perchè solo la fiducia in Dio da la possibilità di conoscerlo e di amarlo come Lui ama noi.