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29 mag 2015

AMOS IL PROFETA DELLA GIUSTIZIA

Amos (portatore della parola di Dio) esercitò il suo ministerio in Israele all'epoca di re Uzzia re di Giuda 785-747 a.C. E di Geroboamo II re di Israele 787-747 a.C.. Questi due regni è paralleli, la cui durata ne sottolinea la stabilità, rappresentano un periodo di prosperità generale, l,ultimo che il regno di Israele abbia conosciuto prima del suo rapido declino e della sua caduta sotto i colpi impietosi dell,Assiria, nel 722 con la caduta della capitale Samaria distrutta da Sargon II. Approfittando della debolezza della Siria, fino a quel momento vicino assai scomodo, Joas si era ripreso le città della Transgiordania. Suo figlio, Geroboano II, aveva ristabilito le vecchie frontiere settentrionali e orientali. Se non fosse per la divisione fra regno del nord e quello del sud, sembrerebbe rinnovarsi la felice epoca del Re Salomone.
La vita economica, con i suoi scambi commerciali internazionali, e il continuo sviluppo arricchisce soprattutto la classe dirigenziale e la chiesa. Il lusso si può notare nelle costruzione dei palazzi in pietre tagliate e lavorate con grande maestria riportate alla luce da scavi nel 1934-35. Il commercio si intensifica; lo stesso culto partecipa al benessere delle classi potenti e si sviluppa in splendide cerimonie con i sacerdoti coperti da mantelli in porpora ricamati con fili d'oro, in pellegrinaggi, in feste solenni con l'esposizione di reliquie ecc.
Ma la sete di guadagno ha progressivamente la meglio sulla solidarietà (anche nella chiesa ebraica di allora) sociale e le potenze economiche piegano la giustizia alle loro esigenze. L'orgoglio nazionale esalta i successi militari sulla Siria. Il governo vive in una euforia, di cui non sa cogliere il lato effimero e pericoloso. La religione stessa si adagia sull'idea di nuovi trionfi in attesa del:”del giorno di Jahvèh” e rifiuta ogni richiamo al pentimento che il profeta Amos fa.
La politica religiosa del sovrano, pur senza rinnegare il riferimento a Jahveh, accoglie tuttavia per motivi politici ,elementi della tradizione cananea, fenicia, siriana, assommando il tutto ad una religione di Stato. Si fondono così il valore della tradizione, il nazionalismo, la religiosità superstiziosa ed infine il valore sacro del potere regio.
E' in questo ambiente travagliato da una profonda crisi di espansione e di crescità, volto al futuro con ottimistica intraprendenza ma anche lacerato da tensioni sociali, che si colloca la predicazione dio Amos.
Sebbene Amos svolga il suo ministerio nel regno del Nord, egli è di origine giudaica, la soprascritta del libro lo indica come cittadino di Tekoa, villaggio a 9 km da Betlemme fra le colline che circondano il deserto di Giuda. Questa regione collinare, poco propizia all'agricoltura era soprattutto sfruttata ed anche oggi è così per l'allevamento. Amos appartiene quindi al mondo della pastorizia. Egli stesso dirà “che Dio l'ho ha chiamato dietro al gregge”
Si tratta quindi di un provinciale, non fra i più poveri, e gli si farebbe torto esagerandola sua durezza contadina. Se è vero che nel suo linguaggio non mancano le espressione forti a proposito dei grandi di Samaria, è anche vero che molti passi dei suoi oracoli, denotano una spiccata saggezza e una cultura tutt'altro che rozza. La sua violenta critica del lusso di Samaria, non è tanto la rivalsa di un un uomo di campagna scandalizzato dalla vita cittadina, quanto piuttosto frutto di uno spiccato senso della solidarietà sociale, che trova le sue origini nei comandamenti di Jahveh.
Inoltre tutto, l'appartenenza di Amos al mondo della pastorizia, ha, in un certo senso anche un valore spirituale. La pastorizia al tempo di Amos ha si un peso economico, ma rappresenta già, in seno a una popolazione nomade diventata stanziale, il ricordo del passato lontano. Le grandi figure della storia di Israele sono pastori: i patriarchi, Mosè, Davide. Da condizione economica principale la pastorizia si avvia a diventare simbolo di un tempo lontano; il tempo glorioso in cui Israele viveva la grande stagione della sua fede nel deserto. Il fatto che Amos sia pastore, significa dunque non ad una appartenenza ad una classe sociale disagiata, ma la tradizione più autentica della fede: ella non evoca pensieri di ordine economico ma di natura spirituale.
Amos non appartiene dunque a nessuna corporazione o ordinazione di profeti, né, tanto meno è nell'elenco dei profeti di corte. E' la vocazione di Dio che l'ho a portato ad essere profeta al di fuori (come spesso avviene anche oggi) dei quadri stabiliti e tradizionali.

Il suo nome è unico nell'antico Testamento e deriva dalla radice che corrisponde al verbo “sollevare””, “portare”. Egli è dunque, colui che porta il messaggio di Dio, o, se si accetta il prevalere della forma passiva, colui che è portato dalla Parola di Dio.

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