Amos (portatore
della parola di Dio) esercitò il suo ministerio in Israele all'epoca
di re Uzzia re di Giuda 785-747 a.C. E di Geroboamo II re di Israele
787-747 a.C.. Questi due regni è paralleli, la cui durata ne
sottolinea la stabilità, rappresentano un periodo di prosperità
generale, l,ultimo che il regno di Israele abbia conosciuto prima del
suo rapido declino e della sua caduta sotto i colpi impietosi
dell,Assiria, nel 722 con la caduta della capitale Samaria distrutta
da Sargon II. Approfittando della debolezza della Siria, fino a quel
momento vicino assai scomodo, Joas si era ripreso le città della
Transgiordania. Suo figlio, Geroboano II, aveva ristabilito le
vecchie frontiere settentrionali e orientali. Se non fosse per la
divisione fra regno del nord e quello del sud, sembrerebbe rinnovarsi
la felice epoca del Re Salomone.
La vita economica,
con i suoi scambi commerciali internazionali, e il continuo sviluppo
arricchisce soprattutto la classe dirigenziale e la chiesa. Il lusso
si può notare nelle costruzione dei palazzi in pietre tagliate e
lavorate con grande maestria riportate alla luce da scavi nel
1934-35. Il commercio si intensifica; lo stesso culto partecipa al
benessere delle classi potenti e si sviluppa in splendide cerimonie
con i sacerdoti coperti da mantelli in porpora ricamati con fili
d'oro, in pellegrinaggi, in feste solenni con l'esposizione di
reliquie ecc.
Ma la sete di
guadagno ha progressivamente la meglio sulla solidarietà (anche
nella chiesa ebraica di allora) sociale e le potenze economiche
piegano la giustizia alle loro esigenze. L'orgoglio nazionale esalta
i successi militari sulla Siria. Il governo vive in una euforia, di
cui non sa cogliere il lato effimero e pericoloso. La religione
stessa si adagia sull'idea di nuovi trionfi in attesa del:”del
giorno di Jahvèh” e rifiuta ogni richiamo al pentimento che il
profeta Amos fa.
La politica
religiosa del sovrano, pur senza rinnegare il riferimento a Jahveh,
accoglie tuttavia per motivi politici ,elementi della tradizione
cananea, fenicia, siriana, assommando il tutto ad una religione di
Stato. Si fondono così il valore della tradizione, il nazionalismo,
la religiosità superstiziosa ed infine il valore sacro del potere
regio.
E' in questo
ambiente travagliato da una profonda crisi di espansione e di
crescità, volto al futuro con ottimistica intraprendenza ma anche
lacerato da tensioni sociali, che si colloca la predicazione dio
Amos.
Sebbene Amos svolga
il suo ministerio nel regno del Nord, egli è di origine giudaica, la
soprascritta del libro lo indica come cittadino di Tekoa, villaggio
a 9 km da Betlemme fra le colline che circondano il deserto di Giuda.
Questa regione collinare, poco propizia all'agricoltura era
soprattutto sfruttata ed anche oggi è così per l'allevamento. Amos
appartiene quindi al mondo della pastorizia. Egli stesso dirà “che
Dio l'ho ha chiamato dietro al gregge”
Si tratta quindi di
un provinciale, non fra i più poveri, e gli si farebbe torto
esagerandola sua durezza contadina. Se è vero che nel suo linguaggio
non mancano le espressione forti a proposito dei grandi di Samaria, è
anche vero che molti passi dei suoi oracoli, denotano una spiccata
saggezza e una cultura tutt'altro che rozza. La sua violenta critica
del lusso di Samaria, non è tanto la rivalsa di un un uomo di
campagna scandalizzato dalla vita cittadina, quanto piuttosto frutto
di uno spiccato senso della solidarietà sociale, che trova le sue
origini nei comandamenti di Jahveh.
Inoltre tutto,
l'appartenenza di Amos al mondo della pastorizia, ha, in un certo
senso anche un valore spirituale. La pastorizia al tempo di Amos ha
si un peso economico, ma rappresenta già, in seno a una popolazione
nomade diventata stanziale, il ricordo del passato lontano. Le grandi
figure della storia di Israele sono pastori: i patriarchi, Mosè,
Davide. Da condizione economica principale la pastorizia si avvia a
diventare simbolo di un tempo lontano; il tempo glorioso in cui
Israele viveva la grande stagione della sua fede nel deserto. Il
fatto che Amos sia pastore, significa dunque non ad una appartenenza
ad una classe sociale disagiata, ma la tradizione più autentica
della fede: ella non evoca pensieri di ordine economico ma di natura
spirituale.
Amos non appartiene
dunque a nessuna corporazione o ordinazione di profeti, né, tanto
meno è nell'elenco dei profeti di corte. E' la vocazione di Dio che
l'ho a portato ad essere profeta al di fuori (come spesso avviene
anche oggi) dei quadri stabiliti e tradizionali.
Il suo nome è unico
nell'antico Testamento e deriva dalla radice che corrisponde al verbo
“sollevare””, “portare”. Egli è dunque, colui che porta il
messaggio di Dio, o, se si accetta il prevalere della forma passiva,
colui che è portato dalla Parola di Dio.
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