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27 lug 2010

DOMENICA XVIII DURANTE L'ANNO C

OMELIA

La Prima Lettura Biblica, presa dal libro di Qoelet, pone l'accento sulla vanità delle cose terrene. Noi cerchiamo delle cose che riempiano il nostro cuore, che lo rendano pienamente felice. Ma, purtroppo, ci ammonisce l'autore sacro, con il nostro modo di agire, sbagliamo facilmente l'obiettivo, e anzichè trovare la felicità, troviamo il vuoto, la tristezza. L'autore sacro ci mette in guardia, e ci sollecita a non cercare affannosamente la ricchezza. Se noi riusciamo ad accumulare tanta ricchezza, ci ammonisce ancora l'autore sacro, siamo degli stolti. Infatti, i beni che acquistiamo con fatica, non ce li possiamo portare nell'al di là, ma dobbiamo lasciarli ad altri che non hanno faticato affatto per possederli. L'autore sacro aggiunge che se noi ci affanniamo per cercare  ricchezza, trascorriamo tutti i giorni della nostra vita nella preoccupazione, e il nostro cuore non riposa neppure di notte.

Sulla inutilità della ricerca affannosa della ricchezza insiste anche Gesù nel brano evangelico, narrandoci la parabola del ricco stolto, che possiamo riassumere così: un uomo è riuscito a diventare ricchissimo. Soddisfatto, programmò in questo modo la sua vita futura che pensava dovesse durare per lunghissimi anni.: "Ho immensi beni; posso riposare tranquillamente, mangiare, bere e divertirmi". Ma Dio gli disse: "Stolto, questa notte morirai. E i beni che hai ammassato, di chi saranno?".
Le parole di Gesù ci fanno riflettere: non dobbiamo cercare di ammassare denaro. Per convincerci di ciò, desidero affrontare un solo spinoso problema: ogni anno , milioni e milioni di bambini muoiono di fame. Certo, questo problema di capitale importamza, lo debbono risolvere soprattutto quelli che governano il mondo. Ma non solo loro. I tanti ricchi non possono stare tranquilli facendo marcire i loro soldi nelle banche. Tenendo ciò che è necessario per una loro dignitosa vita, non possono dimenticare che il resto appartiene ai poveri, nel nostro caso, ai bambini che altrimenti muoriranno di fame con atroce sofferenza.
Non solo i richi debbono pensare ai bambini che muoiono di fame. Ma anche noi, gente comune, nei limiti delle nostre possibilità. In ciò lasciamoci guidare anche dal fatto che chi aiuta i bambini affamati, aiuta Gesù: "Avevo fame, e mi avete dato da mangiare" "Ma quamdo, Signore, ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare?". "Ogni qualvolta che avete fatto ciò ai bambini che soffrivano la fame, l'avete fatto a me".

 Sac. Salvatore Paparo.

21 lug 2010

UN BEL SOGNO

Cintano 20 luglio 2010

Ho fatto questo sogno. Insieme ad un gruppo di amici mi sono ritrovato nel Salone Parrocchiale. C'era quasi buio e le due porte del salone erano spalancate. Dalla porta laterale entra, maestoso e sorridente,  Mons. Luigi Bettazzi. Gli vado incontro con gioia, ci stringiamo sorridenti le mani destre e ci sediamo, l'uno accanto all'altro, su di una panca posta contro la parete di fondo del salone.
Si ode il canto di un gallo. Uno dei presenti dice ad alta voce: "Canta il gallo!". Io, preso da una grande gioia, grido: "SI', IL GALLO DEVE CANTARE. E' GIUNTA L'ORA". E intendevo dire: "E' GIUNTA L'ORA DELL'ETA' AUREA DELLA REDENZIONE, FONDATA SULLA SANTITA' DELLA FAMIGLIA, CREATA AD IMMAGINE E SOMIGLIANZA DELLA FAMIGLIA TRINITARIA DI DIO PADRE, DI DIO FIGLIO, DI DIO SPIRITO SANTO".
Mons.. Luigi interviene con evidenti segni di approvazione: rivolgendosi a me, con la testa e le mani palesemente gioiose, ha manifestato con un sorriso il suo assenso che può essere espresso con queste parole: " SI', E' GIUNTA L'ORA DELL'ETA' AUREA DELLA REDENZIONE, FONDATA SULLA SANTITA' DELLA FAMIGLIA".
Subito dopo, Mons. Luigi si è alzato e, sempre con il sorriso sulle labbra, è uscito dalla porta laterale del Salone Parrocchiale.
A questo punto, mi sono svegliato. Erano le cinque del mattino. Come sempre, ho fatto la mia preghiera che si è protratta fino alle sei.
Quindi, mi sono alzato ed ho iniziato la mia nuova giornata con la luce interiore e la gioia dello Spirito Santo,
mio intimo amico.

                                                  Sac. Salvatore Paparo

19 lug 2010

DIO E' SEMPRE AMORE MISERICORDIOSO

Domenica XVII durante l’anno C

La domenica odierna ci propone alla riflessione una delle più toccanti pagine del Vecchio Testamento.
Sodoma e Gomorra sono due città peccatrici e meritevoli di sterminio. In loro aiuto intervengono da una parte la preghiera semplice, umile e fiduciosa di Abramo, uomo giusto; dall'altra parte l'immensa misericordia di Dio, disposto sempre al perdono e alla longanimità.

Ma nè la fiduciosa richiesta di Abramo, nè l'infinita misericordia di Dio, poterono salvare Sodoma e Gomorra dal fuoco divoratore. Come mai? Dio che è infinitamente misericordioso non è anche onnipotente? E la preghiera non è anch’essa onnipotente? Sì, è vero, la preghiera e Dio sono onnipotenti; ma tra l'onnipotenza della preghiera e l'onnipotenza di Dio si pone un ostacolo insormontabile, al quale dobbiamo attribuire il potere di fermare lo stesso Dio: questo ostacolo insormontabile è il peccatore impenitente. Dio perdona ogni peccatore anche se carico di numerosissimi ed orribili misfatti. Ad una condizione però: che il peccatore si converta. E la conversione è sempre possibile perchè Dio non priva mai del suo aiuto il peccatore che sinceramente vuole tornare nella retta via.

Ma se il peccatore resta ostinato nel suo peccato, Dio è impotente: Dio non può salvare il peccatore ostinato nel suo male, così come il medico non può guarire l'ammalato che rifiuta la sua assistenza.

Sul Golgata risplende un esempio che ci dimostra ciò che può l'infinita misericordia di Dio; e ci dimostra anche quanto è ostacolante l'ostinatezza del peccatore. Solo al ladro che, pentito, si rivolge a Lui fiducioso, Gesù può promettere il Paradiso. All'altro ladro che continua ad imprecare e a bestemmiare, Gesù non può promettere nulla di buono. Anzi a quest'ultimo Gesù non rivolge neppure la Parola. Quel silenzio di Gesù, però, è tanto eloquente. E' un silenzio che esprime un profondissimo dolore. Gesù, infatti, si è lasciato inchiodare sulla croce; Gesù spasima di dolore, sospeso tra cielo e terra, anche per salvare quel ladro disperato e bestemmiatore, ma, purtroppo, il ladro rifiuta la salvezza di Gesù, Unico Salvatore del mondo.

A questo punto mi rivolgo a voi e a me: ci sentiamo giusti? Ringraziamo Dio. Essere giusti, però, non è nostro merito. Se siamo giusti è solo perchè Dio ci ha aiutati, e non perchè siamo stati capaci di essere tali. Dobbiamo tenere presente l'affermazione di Gesù: "Senza di me non potete fare nulla di buono". Ma dobbiamo tenere presente anche l'esperienza del grande Apostolo San Paolo: "TUTTO POSSO IN GESU' CHE MI AIUTA".

Ci sentiamo forse peccatori? In questo caso non dobbiamo imitare il ladro che non accettò la sua meritata condanna e bestemmiò contro Dio; dobbiamo, invece, imitare il buon ladrone che riconobbe i suoi peccati; che credette che Gesù è morto sulla croce per perdonarci i peccati e ridonarci il Paradiso. Con lui rivolgiamo a Gesù questa preghiera: "Ricordati di me quando entrerai nel tuo Regno". Gesù, al momento della nostra morte, ci dirà: "OGGI SARAI CON ME IN PARADISO".



Sac. Salvatore Paparo





9 lug 2010

QUINDICESIMA DOMENICA DURANTE L'ANNO C

QUINDICESIMA DOMENICA DURANTE L'ANNO C

Cintano 11 luglio 2010

La parabola del Buon Samaritano è un continuo susseguirsi di scene che suscitano in noi diversi sentimenti e reazioni.

Dapprima ci rattristiamo nel costatare la crudeltà dei briganti che, senza pietà, si avventano contro il malcapitato passante, lo caricano di botte, lo fanno insanguinare, lo derubano e lo lasciano mezzo morto sul ciglio della strada. Poi ci sdegniamo contro quel sacerdote e quel levita che giunti presso il ferito boccheggiante, anzichè fermarsi per soccorrerlo, accelerano il passo e si allontanano frettolosi. Infine, dinanzi all'atteggiamento pietoso del samaritano, tiriamo un sospiro di sollievo.


Per comprendere il comportamento del sacerdote, del levita e del Samaritano, dobbiamo indagare nel loro intimo, nella pianta del loro cuore.

Il sacerdote e il levita non si fermarono per soccorrere il ferito perchè erano dominati da sentimenti egoistici che nella circostanza particolare assunsero il volto della paura e dell'interesse. Ciascuno di loro pensò: "Forse i briganti sono ancora nascosti nelle vicinanze e se mi fermo corro il rischio di fare la stessa fine dello sconosciuto ferito". E ancora: "Se mi fermo per soccorrere il ferito, dovrò faticare molto, dovrò spendere il mio denaro per curarlo e guarirlo. E' meglio che io proceda oltre".

Il Buon Samaritano, invece, si lasciò vincere dalla compassione e, conseguentemente, sostituì l'egoismo pauroso e interessato del sacerdote e del levita, con l'amore fraterno coraggioso e disinteressato. Senza la minima esitazione, balzò da cavallo, prestò al malcapitato le prime cure con vino, olio e bende, delicatamente caricò il ferito sul suo giumento; con parole premurose lo affidò all'albergatore e pagò tutte le spese necessarie per curarlo e guarirlo.

A questo punto siamo in grado di capire l’insegnamento di Gesù: per ereditare la vita eterna dobbiamo amare Dio con tutte le nostre forze; dobbiamo amare il prossimo come noi stessi.


E chi è il nostro prossimo? E' colui con il quale, quotidianamente, entriamo in contatto e che ha bisogno del nostro aiuto. E’ necessario, pertanto, ubbidire a Gesù che come al dottore della Legge, ordina a ciascuno di noi: “VA’, E ANCHE TU FA’ COSI’ “.

Sono tre le regole che dobbiamo tenere presenti nell'esercizio del nostro amore verso il prossimo:


Prima Regola: "AMA IL PROSSIMO TUO COME TE STESSO" Il che significa: "Non fare agli altri quello che non vuoi che gli altri facciano a te" " Fa' agli altri quello che vuoi che gli altri facciano a te" "FA' AGLI ALTRI QUELLO CHE FAI A TE STESSO".

Seconda Regola: " AMA IL TUO PROSSIMO PERCHE’ IL TUO PROSIMO E’ GESU’ “. E’ LA MIRABILE REALTA’ DEL CORPO MISTICO DI GESU’. Gesù ne è IL CAPO, noi LE MEMBRA, Il capo e le membra costituiscono un unico corpo. NOI E GESU’ SIAMO UN UNICO CORPO, SIAMO UN UNICO GESU’, UN UNICO FIGLIO DEL PADRE CELESTE. Sotto questa luce capiamo le parole di Gesù: “QUALUNQUE COSA FATE AL PIU’ PICCOLO DEI MIEI FRATELLIO. LA FATE A ME”. “SAULO, SAULO, PERCHE’ MI PERSEGUITI? “.

Terza regola: "AMATEVI, COME' IO HO AMATO VOI". Dobbiamo amare il prossimo come Gesù ha amato noi; cioè senza misura, fino, se è necessario, ad offrire la nostra vita per lui. Giustamente San Giovanni Evengelista afferma: “In questo abbiamo conosciuto l’amore, nel fatto che Gesù ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i nostri fratelli”. CONCLUDIAMO CITANDO ANCORA SAN GIOVANNI EVANGELISTA:” FRATELLI, NON AMIAMO A PAROLE, NE’ CON LA LINGUA, MA CON I FATTI E NELLA VERITA’ “.


Sac. Salvatore Paparo

6 lug 2010

"IO VI MANDO COME AGNELLI IN MEZZO A LUPI"



CINTANO 4 LUGLIO 2010
Quattordicecisma Domenica durante l'anno   C

La pagina evangelica di oggi ci parla dei settandue discepoli scelti e iniviati da Gesù per annunziare il Regno di Dio. I settandue discepoli rappresentano la Chiesa cioè tutti i battezzati: noi cristiani, infatti, innestati, mediante il battesimo, nel Corpo Mistico di Gesù, siamo stati investiti della stessa missione salvifica di Gesù, Capo del Corpo Mistico.
La nostra missione di cristiani certo non è facile. Ce lo fa intendere Gesù stesso dicendoci: "IO VI MANDO COME AGNELLI IN MEZZO A LUPI".
Essere come agnelli significa essere MITI: l'agnello, infatti, non sbrana ma si lascia sbranare; è dolce, non violento. Ebbene, Gesù, che è l'Agnello per eccellenza, è anche il Mite per eccellenza: si lasciò condurre alla crocifissione, senza aprire bocca.
Dobbiamo precisare che la mitezza evangelica è in contrasto con il comportamento dei nemici di Gesù: i nemici di Gesù hanno per legge la furbizia, l'inganno, la violenza, la vendetta; il mite evangelico ha per legge l'amore per cui benefica gli altri, e se viene offeso, non si vendica, pazienta, e cerca di vincere il male con il bene.
Dobbiamo, però, evitare un errore: essere mite non significa essere sciocco. Tutt'altro: il vero mite ha in sè anche la virtù della fortezza, per cui difende con coraggio la verità e il bene.
Gesù che è il mite per eccellenza, è anche il forte per eccellenza: i suoi nemici lo crocifissero appunto perchè Lui rimase fedele alla sua missione di instaurare in questa terra IL REGNO DI DIO da essi mortalmente osteggiato.
Se, pertanto vogliamo essere miti, e dobbiamo esserlo, dobbiamo essere anche forti, non dobbiamo scendere a compromessi con la nostra coscienza, dobbiamo denunziare il male con amore e bontà; e, poi, saper sopportare le sofferenze che ci provengono da parte di coloro che rifiutano il nostro modo di parlare e di agire secondo il messaggio evangelico.
Facciamo un'ultima riflessione: i settandue discepoli, finita la loro missione di pace, tornarono a Gesù, ricolmi di gioia perchè, nel suo Nome, erano riusciti a scacciare i demoni. Gesù si unì alla gioia dei discepoli, ma precisò: "RALLEGRATEVI SOPRATTUTTO PERCHE' I VOSTRI NOMI SONO SCRITTI NEI CIELI". L'insegnamento di Gesù è da sottolineare: i successi di questa terra non contano nulla se non sono accompagnati da una vita santa. Gesù afferma addirittura che alcuni che hanno ricevuto il dono di fare miracoli, vivono da peccatori. Essi, al Giudizio Universale, inutilmente reclameranno il Paradiso come premio dei loro miracoli operati nel nome di Gesù. Gesù risponderà loro: "Non vi conosco. Andate lontano da me, voi che siete operatori di iniquità".
Per andare in Paradiso, quindi, non serve fare miracoli, ma essere operatori di bene. Dobbiamo cioè vivere da veri figli nei confronti di Dio, da veri fratelli nelle nostre relazioni.

                                         Sac. Salvatore Paparo

1 lug 2010

VENTIDUESIMA LETTERA A GESU' UNICO SALVATORE DEL MONDO

Gesù, noto con gioia che il Papa Benedetto XVI è impegnatissimo per la indispensabile e improcrastinabile purificazione della Chiesa.
Attraversiamo un momento delicatissimo per il futuro della tua Chiesa. Tu vuoi una Chiesa SERVA, una Chiesa POVERA E AMICA DEI POVERI. Purtroppo, però, la Gerarchia Cattolica ha cercato ed ottenuto IL POTERE TEMPORALE E UN'IMMENSA RICCHEZZA, due perniciosi ostacoli per l'Evangelizzazione.
La giustizia umana, guidata dalla Provvidenza Divina, nel 1870 ha distrutto il potere temporale della Chiesa. Oggi, la giustizia umana lotta per distruggere l'immensa ricchezza della Chiesa. Papa Benedetto XVI che sta dimostrando di essere docile alla voce dello Spirito Santo, faccia un gesto molto coraggioso: venda le immense ricchezze della Chiesa. Con il ricavato risarcisca i danni subiti dalle vittime dei preti pedofili, e il resto lo distribuisca ai poveri. Così avremo la tua Chiesa, oltre che libera dal potere temporale per cui spadroneggiava sulle persone, anche UNA CHIESA POVERA E AMICA DEI POVERI. Tutto ciò è necessario che avvenga perchè si verifichi presto questa tua profezia:

                   " HO ALTRE PECORE CHE NON SONO 
                      DI QUESTO GREGGE. ANCHE DI ESSE
                      DEVO DIVENTARE PASTORE. UDRANNO
                      LA MIA VOCE E CI SARA' UN SOLO GREGGE
                      E UN SOLO PASTORE".


                                                  Sac. Salvatore Paparo
                                                  Cintano 1 luglio 2010