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9 lug 2010

QUINDICESIMA DOMENICA DURANTE L'ANNO C

QUINDICESIMA DOMENICA DURANTE L'ANNO C

Cintano 11 luglio 2010

La parabola del Buon Samaritano è un continuo susseguirsi di scene che suscitano in noi diversi sentimenti e reazioni.

Dapprima ci rattristiamo nel costatare la crudeltà dei briganti che, senza pietà, si avventano contro il malcapitato passante, lo caricano di botte, lo fanno insanguinare, lo derubano e lo lasciano mezzo morto sul ciglio della strada. Poi ci sdegniamo contro quel sacerdote e quel levita che giunti presso il ferito boccheggiante, anzichè fermarsi per soccorrerlo, accelerano il passo e si allontanano frettolosi. Infine, dinanzi all'atteggiamento pietoso del samaritano, tiriamo un sospiro di sollievo.


Per comprendere il comportamento del sacerdote, del levita e del Samaritano, dobbiamo indagare nel loro intimo, nella pianta del loro cuore.

Il sacerdote e il levita non si fermarono per soccorrere il ferito perchè erano dominati da sentimenti egoistici che nella circostanza particolare assunsero il volto della paura e dell'interesse. Ciascuno di loro pensò: "Forse i briganti sono ancora nascosti nelle vicinanze e se mi fermo corro il rischio di fare la stessa fine dello sconosciuto ferito". E ancora: "Se mi fermo per soccorrere il ferito, dovrò faticare molto, dovrò spendere il mio denaro per curarlo e guarirlo. E' meglio che io proceda oltre".

Il Buon Samaritano, invece, si lasciò vincere dalla compassione e, conseguentemente, sostituì l'egoismo pauroso e interessato del sacerdote e del levita, con l'amore fraterno coraggioso e disinteressato. Senza la minima esitazione, balzò da cavallo, prestò al malcapitato le prime cure con vino, olio e bende, delicatamente caricò il ferito sul suo giumento; con parole premurose lo affidò all'albergatore e pagò tutte le spese necessarie per curarlo e guarirlo.

A questo punto siamo in grado di capire l’insegnamento di Gesù: per ereditare la vita eterna dobbiamo amare Dio con tutte le nostre forze; dobbiamo amare il prossimo come noi stessi.


E chi è il nostro prossimo? E' colui con il quale, quotidianamente, entriamo in contatto e che ha bisogno del nostro aiuto. E’ necessario, pertanto, ubbidire a Gesù che come al dottore della Legge, ordina a ciascuno di noi: “VA’, E ANCHE TU FA’ COSI’ “.

Sono tre le regole che dobbiamo tenere presenti nell'esercizio del nostro amore verso il prossimo:


Prima Regola: "AMA IL PROSSIMO TUO COME TE STESSO" Il che significa: "Non fare agli altri quello che non vuoi che gli altri facciano a te" " Fa' agli altri quello che vuoi che gli altri facciano a te" "FA' AGLI ALTRI QUELLO CHE FAI A TE STESSO".

Seconda Regola: " AMA IL TUO PROSSIMO PERCHE’ IL TUO PROSIMO E’ GESU’ “. E’ LA MIRABILE REALTA’ DEL CORPO MISTICO DI GESU’. Gesù ne è IL CAPO, noi LE MEMBRA, Il capo e le membra costituiscono un unico corpo. NOI E GESU’ SIAMO UN UNICO CORPO, SIAMO UN UNICO GESU’, UN UNICO FIGLIO DEL PADRE CELESTE. Sotto questa luce capiamo le parole di Gesù: “QUALUNQUE COSA FATE AL PIU’ PICCOLO DEI MIEI FRATELLIO. LA FATE A ME”. “SAULO, SAULO, PERCHE’ MI PERSEGUITI? “.

Terza regola: "AMATEVI, COME' IO HO AMATO VOI". Dobbiamo amare il prossimo come Gesù ha amato noi; cioè senza misura, fino, se è necessario, ad offrire la nostra vita per lui. Giustamente San Giovanni Evengelista afferma: “In questo abbiamo conosciuto l’amore, nel fatto che Gesù ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i nostri fratelli”. CONCLUDIAMO CITANDO ANCORA SAN GIOVANNI EVANGELISTA:” FRATELLI, NON AMIAMO A PAROLE, NE’ CON LA LINGUA, MA CON I FATTI E NELLA VERITA’ “.


Sac. Salvatore Paparo

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