Cintano 21 febbraio 2010
Cinquantaseiesimo anniversario della mia ORDINAZIONE SACERDOTALE.
Amatissima Comunità Cristiana Cintanese,
ti consegno una splendida conferenza del sacerdote Alberto Maggi, insigne biblista cattolico vivente, mandato da Dio per far comprendere alle persone semplici che cosa è “IL REGNO DI DIO IN QUESTA TERRA”, scopo per cui Gesù, IL FIGLIO UNIGENITO DI DIO, si è fatto UOMO.
La conferenza ha per titolo: “ ESISTE LA PACE SENZA LA GIUSTIZIA? “
T’invito non a leggerla semplicemente, ma a leggerla spesso con attenzione, meglio A MEDITARLA. Lo Spirito Santo che conduce la CHIESA ( la Chiesa è costituita DA TUTTI I BATTEZZATI ) A TUTTA LA VERITA’, ti farà capire cose sublimi, ti cambierà la vita e sarai UN TESTIMONE EFFICACE PER L’AVVENTO DELL’ETA’ AUREA DELLA REDENZIONE, FONDATA SULLA SANTITA’ DELLA FAMIGLIA.
Con vivo affetto,
il tuo Pastore sac. Salvatore Paparo
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p. Alberto Maggi OSM
“ESISTE LA PACE SENZA GIUSTIZIA?”
Macerata – Città della pace
Sala conferenze Asilo Ricci
13 gennaio 2010
trasposizione da audioregistrazione non rivista dall'autore
Nota: la trasposizione è alla lettera, gli errori di composizione sono dovuti alla differenza fra la lingua scritta e la lingua parlata e la punteggiatura è posizionata a orecchio.
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Introduzione: questa serata è dedicata al rapporto tra la pace e la giustizia. Questo perché? Perché a volte qua Macerata troviamo i cartelli con l‟indicazione “Macerata, città della pace”, e abbiamo quindi chiamato proprio P. Alberto proprio per verificare come sia possibile realizzare gli impegni che pone alla cittadinanza, e in particolare all‟amministrazione, questa vocazione che la città si è data.
Sarebbe impossibile elencare tutte le attività di P. Alberto Maggi, che è uno studioso e biblista di fama nazionale e internazionale. E‟ direttore del Centro Studi Biblici G. Vannucci di Montefano, cura la divulgazione e la ricerca scientifica nel settore biblico, a livello popolare, attraverso scritti, trasmissioni radiofoniche e televisive. Molti di voi, infatti, già avranno avuto il piacere di sentire i suoi interventi sia in radio che in televisione, oppure attraverso internet.
Ogni mese tiene due incontri domenicali a Montefano, che vedono la presenza di centinaia di persone, e negli altri fine settimana tiene incontri seguitissimi in giro per l‟Italia. Inoltre, per favorire la partecipazione anche di chi è lontano, questi incontri sono visibili sia in diretta, sia sono registrati nel sito internet del Centro Studi Biblici.
Inoltre ha condotto per la Radio Vaticana la trasmissione “La Buona Notizia è per tutti” e il suo importante contributo in campo etico, sociale e religioso è spesso richiesto da Rai News24. Ultimamente l‟abbiamo potuto seguire agli inizi di gennaio, sempre su Rai News24, dove ha tenuto un incontro sul tema dei rapporti fra le diverse religioni.
Quindi Alberto ora farà il suo intervento che durerà 45 minuti, poi daremo spazio ai vostri interventi e alle eventuali richieste di chiarimenti. Lascio la parola ad Alberto.
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Buonasera a tutti. Grazie, ringrazio gli amici di Macerata per questo invito e da quando Filippo mi chiese tempo fa di tenere questo incontro su questo tema della Pace e della Giustizia, cominciai a pensare a quali brani del Vangelo – è quello il mio campo specifico di lavoro – potevano essere adatti.
Lì per lì la prima cosa che viene in mente sono le Beatitudini, almeno le due che recitano “Beati i costruttori di pace” e l‟altra “Beati gli affamati della giustizia”, ma ho pensato che, oltre ad essere un tema che già abbiamo trattato varie volte e quindi abbastanza conosciuto, quelle Beatitudini sono un punto d‟arrivo per la comunità.
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E ho pensato che forse era bene, invece, andare a trovare nei Vangeli quale fosse il punto di partenza, per quale motivo non c‟è giustizia e quindi non c‟è la pace.
Quindi tratteremo, dal punto di vista dei Vangeli – in particolare faremo il Vangelo di Marco – le ragioni della mancanza della giustizia, ma non nella società, perché il rischio è sempre quello di vedere l‟ingiustizia che c‟è al di fuori e non accorgersi dell‟ingiustizia che c‟è al di dentro.
Ebbene, l‟ottica degli evangelisti, invece, non è tanto di denunciare l‟ingiustizia che c‟è nella società, ma quanto un severo monito verso la possibile ingiustizia che c‟è all‟interno della comunità. Voi sapete che una delle immagini che Gesù ha adoperato per la comunità dei credenti è quella di essere „il lievito‟ che fa lievitare la massa.
Ma, se in questo lievito c‟è l‟impurità del‟ingiustizia, e quindi non c‟è la pace, ecco che la trasmissione positiva che doveva essere di questa comunità, sarà inefficace.
Allora andiamo a vedere, secondo i Vangeli, e scegliamo il Vangelo più antico che è il Vangelo di Marco, quali sono le radici della mancanza di giustizia all‟interno della comunità cristiana, all‟interno delle persone, e l‟invito di Gesù, lo vedremo alla fine di questo brano, a vivere in pace.
Allora se qualcuno vuol seguire, prendiamo il Vangelo di Marco, capitolo 9, dal versetto 30, dove c‟è il secondo annunzio della passione. Voi sapete che Gesù per tre volte annunzia ai suoi discepoli, con parole chiare, non con parole enigmatiche o con parabole, che va a Gerusalemme per essere am-maz-za-to. Più chiaro di così Gesù non potrebbe essere.
E‟ addirittura brutale. Ebbene, tutte e tre le volte, succede un incidente, perché i discepoli non vogliono accettare questo messaggio. Non è che non lo capiscano, non lo accettano. Perché? Perché c‟è un equivoco, loro seguono il Messia della tradizione, quello che doveva essere vittorioso, l‟uomo che, con la potenza della forza di Dio, avrebbe conquistato Gerusalemme, cacciato i romani, e di lì avrebbe inaugurato il regno di Israele, dominando tutte le altre nazioni.
Ed era allora un‟immagine di grande successo, di grande potere e di grande ricchezza. Se andate a vedere la finale del libro del profeta Isaia, capitolo 60, vedrete che è un delirio di grandezza. L‟uomo, il profeta che ha scritto questa ultima parte, che non è di Isaia naturalmente, l‟autore di quest‟ultima parte, in un delirio di grandezza dice – ed è un testo che in tempo natalizio si è sentito diverse volte – “Vedo già carovane di dromedari e di cammelli che portano oro a Gerusalemme”.
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Cioè spogliamo le nazioni pagane per rendere Gerusalemme ricca, ricchissima. Questa è la mentalità dei discepoli. Quindi seguono Gesù perché pensano che con lui vanno a conquistare il potere e, tra di loro, incomincia una sorda rivalità per sapere chi avrà più potere con Gesù oppure dopo Gesù.
Allora vediamo stasera questo capitolo 9 dove ci sono importantissime indicazioni. Ricordando che gli evangelisti non vogliono fare tanto una cronaca, ma una teologia; e le indicazioni che ci dà l‟evangelista non sono un resoconto di una comunità di2000 anni fa, che ci può più o meno interessare, ma un monito per la comunità cristiana di tutti i tempi.
Quindi sono parole che vanno prese seriamente e parole che denunciano l‟attualità di un fenomeno, di una fenomenologia che c‟è in ogni uomo e in ogni comunità.
Ebbene Gesù allora, per la seconda volta, fa questo annunzio, dice ai suoi discepoli “Il Figlio dell‟Uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma una volta ucciso, dopo tre giorni, risusciterà”.
Quindi Gesù parla chiaramente. Ebbene, la stranezza, annota l‟evangelista “ma essi però non comprendevano la parola” e questo si può capire, ma quello che è grave “e avevano paura di interrogarlo”. Quindi, non capiscono quello che Gesù dice, e adesso vedremo il motivo per cui non capiscono quello che Gesù dice, ma poi hanno paura di interrogarlo.
Come mai hanno paura di interrogarlo? Perché non è vero che non hanno capito. Hanno capito benissimo; hanno paura che Gesù confermi quello che loro hanno capito, che a Gerusalemme Gesù non va a conquistare il potere, ma a essere ucciso. Quindi non comprendono la parola e non lo interrogano.
Continua l‟evangelista, “Giunsero intanto a Cafarnao, e quando fu in casa”, Gesù aveva casa a Cafarnao, “li interrogò”. Visto che i discepoli hanno timore di interrogare Gesù, è Gesù che interroga i discepoli e dice “di che cosa discorrevate lungo la strada?”
Quando leggiamo i Vangeli, sono gli stessi evangelisti che ci pongono delle chiavi di lettura, dei termini classici, delle indicazioni, per farci comprendere il significato di quello che ci stanno esponendo. Ebbene, una chiave di lettura è questo termine „lungo la strada‟. Ogniqualvolta nel Vangelo troviamo l‟espressione „lungo la strada‟ è sempre in riferimento alla parabola dei quattro terreni, la conosciamo tutti, che inizia con un seminatore che getta il seme lungo la strada e arrivano gli uccelli e portano via il seme.
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E‟ Gesù stesso che, spiegando e commentando questa parabola, dice “il seminatore getta la parola, gli uccelli sono il Satana; la parola fa appena in tempo ad essere pronunciata, viene e la toglie”.
Chi è il Satana nel Vangelo di Marco? Il Satana è il potere e tutto quello che riguarda l‟ambito del potere. L‟accusa dell‟evangelista è molto chiara, molto dettagliata e anche molto molto attuale: tutti quelli risiedono in varia misura nella sfera del potere, sono completamente refrattari alla parola di Gesù.
L‟abbiamo visto. Gesù parla e quelli non capiscono. Non perché Gesù non avesse parlato chiaramente, ma perché? Perché quelli che appartengono in vario modo, adesso lo vedremo, alla sfera del potere, sono refrattari alla parola di Gesù. La possono ascoltare, forse la possono anche predicare, ma ascoltano una parola che comprendono e predicano una parola che non capiscono.
Chi sono quelli della sfera del potere, refrattari alla parola di Gesù? Sono quelli che detengono il potere, perché quanti detengono il potere non possono accogliere un messaggio dove si parla di amore che si fa servizio degli altri. Sono quelli – ed è il caso dei discepoli - quelli che ambiscono al potere, perché vedono nel messaggio di Gesù una minaccia alle loro ambizioni.
Ma poi, e la categoria più tragica è di quelli che sono sottomessi al potere, perché vedono nell‟annuncio di Gesù un attentato alla sicurezza che il potere dà. Vedete, il potere toglie la libertà, però ti dà sicurezza, perché quando entri nell‟ambito di un potere, specialmente religioso, il potere più diabolico che ci possa essere, la persona non è più libera, però è sicura. Perché basta che obbedisca.
E voi sapete non c‟è categoria criminale al mondo come le persone che obbediscono. Perché le persone che obbediscono non consultano la propria coscienza, ma eseguono degli ordini. E quindi non si mettono in discussione. Ecco, allora, l‟evangelista ci fa capire il perché non hanno capito la parola di Gesù, perché loro sono nella sfera del potere.
Allora Gesù in casa li interroga “Di che cosa discorrevate lungo la strada? Ma essi tacevano.” Il verbo „tacere‟ nel Vangelo di Marco è sempre negativo, indica una cattiva coscienza ed è l‟evangelista che ci svela il motivo, “per la strada infatti avevano discusso fra di loro chi fosse il più grande”.
E‟ la vanità che porta all‟ambizione, la causa della rivalità del gruppo dei discepoli. Ripeto: se l‟evangelista ci descrive in maniera dettagliata questi episodi, non è tanto per farci la
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cronaca di qualcosa di 2000 anni fa, ma perché sa che è un dinamica normale nella comunità cristiana ed è un monito per le comunità di credenti di tutti i tempi. Non capiscono la parola di Gesù perché fra di loro c‟è la rivalità di chi è il più grande. E questa sarà una costante di tutto il Vangelo. Qui siamo al secondo annunzio, al terzo annunzi sarà ancora peggio.
Siamo ormai alle porte di Gerusalemme e Gesù, visto che con i discepoli ogni volta scoppia l‟incidente, quando annunzia il suo obiettivo a Gerusalemme allora Gesù, alle porte di Gerusalemme dice “avete capito? Andiamo a Gerusalemme e lì sarò am-maz-zato, chiaro?” “Chiaro, sor messia!”
Poi due dei discepoli, di nascosto dagli altri, lo prendono in disparte – sono Giacomo e Giovanni – e gli dicono “Senti, quando siamo a Gerusalemme, mi raccomando, dacci i posti più importanti, uno a destra e uno a sinistra”. Santo cielo, Gesù ha appena detto che sarà ammazzato, niente, l‟ideologia, l‟ambizione, la vanità rendono sordi e rendono ciechi.
Ed è quella volta che Gesù farà quell‟importante insegnamento e dirà che il Figlio dell‟Uomo non è venuto per essere servito, ma per servire. Questa è la novità portata da Gesù, un Dio a servizio degli uomini. Pertanto, e lo vedremo, già Gesù lo dirà in questo episodio, “Quanti vogliono identificarsi con il Signore, quanti vogliono esser vicini, devono fuggire come tentazione diabolica, ogni aspetto di potere e di comando e mettersi soltanto nella sfera del servizio”.
E‟ nella sfera del servizio che si garantisce la comunione con Dio e non nel potere. Il potere non viene mai da un dio che si mette a servizio degli uomini e sarà quella volta che Gesù dirà “Guardate, la dinamica all‟interno della mia comunità non deve assomigliare per niente a quelle che ci sono nella società, dove c‟è chi comanda e chi obbedisce”. E, per tre volte - nella simbologia ebraica il numero tre indica quello che è definitivo – Gesù ammonisce: “Tra voi non sia così”.
Nella comunità cristiana sono tutti fratelli, “tra voi non ci deve essere uno che comanda e uno che obbedisce”. Questo è inammissibile e contrario al volere di Gesù, “tra voi siate tutti fratelli, gli uni al servizio degli altri”.
In una comunità di credenti non c‟è una figura che esprime l‟autorità che comanda, questa figura è assente. Sarà proprio nel Vangelo di Marco, clamorosamente, quando Gesù dirà che per entrare a far parte della sua comunità si può lasciare un ostacolo, anche importante, anche prezioso, che però ti impedisce libertà di movimento, e quindi libertà di crescita.
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Conosciamo il detto di Gesù “chi avrà lasciato il padre o la madre o la sorella o il fratello o i campi, a causa mia, riceverà cento volte” - il numero cento indica una benedizione - “in case, fratelli, sorelle, madri” … e il padre?
Il padre non c‟è. Il padre si lascia per entrare nella comunità e all‟interno della comunità non si ritrova il padre. Perché i padre significa il comando, il padre significa il potere e all‟interno della comunità cristiana non c‟è nessun padre; c‟è soltanto un Padre che è quello dei cieli, ma quello dei cieli non governa gli uomini emanando leggi che questi devono osservare, ma effondendo loro il suo Spirito, la sua stessa capacità d‟amore.
E l‟insegnamento di Gesù, inascoltato! La tragedia forse della nostra chiesa, di noi cristiani, è che certe parole di Gesù sono state assolutizzate, altre come acqua fresca, come se Gesù non avesse detto niente! Gesù dirà chiaramente nel Vangelo di Matteo: “E non chiamate nessuno padre, perché uno solo è il padre vostro”. Il padre significa l‟autorità, colui che comanda.
E quindi “uno solo è il Padre vostro”. Poi dice “non chiamate nessuno maestro”, sapete che nel mondo religioso il formatore dei novizi sapete come si chiama? Padre maestro, pazzesco!
Non chiamate nessuno padre e non chiamate nessuno maestro: padre maestro! Quindi vedete proprio come quelle parole di Gesù sembrino addirittura inascoltate. Quindi Gesù è stato molto molto chiaro, la sua comunità non deve avere in nessun modo delle assomiglianze, degli aspetti che in quale maniera ricordino la società civile dove c‟è chi comanda e chi obbedisce, dove ci sono dei superiori e ci sono degli inferiori.
“Sì Madre Superiora, Sì Padre Superiore!”
Tutto quello che Gesù non voleva nella vita religiosa l‟abbiamo preso di pari passo. Ma Gesù non vuole questo.
Lo dice, “Tra voi non sia così!”
Ed ecco allora il motivo che suscita la rivalità, suscita l‟inimicizia: l‟ambizione di essere più degli altri. Sapete che Gesù è venuto a inaugurare il Regno di Dio. Che cosa significa il Regno di Dio? Non è l‟aldilà. Il Regno di Dio è qua, è una società basata su criteri differenti: mentre la società attuale è basata sui tre verbi maledetti „avere, salire, comandare‟, la società che Gesù ci vuole proporre è basata, anziché sull‟avere, cioè
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accumulare, sul condividere, anziché sul salire, sullo scendere, mettersi al livello degli ultimi, e anziché il comandare, il servire.
Questo è il Regno di Dio. Ma, se ci sono le persone che sono animate dall‟ambizione di essere più degli altri, questi non hanno nulla a che fare con il suo messaggi. Quindi per strada, avevano discusso fra di loro per sapere chi fosse il più importante.
Allora, ricordate, siamo in casa. Una casa palestinese; qui in un salone come questo ce n‟entrano una decina di case palestinesi. Sono case molto piccole, una stanza. Gesù entra in casa e qui l‟evangelista dice “Allora, sedutosi”. E‟ entrato con i discepoli, Gesù si siede e c‟è un verbo che non ci saremmo aspettati: “li chiamò”.
Perché Gesù deve chiamare i discepoli? Si chiama una persona che è lontana. Per rivolgersi ai discepoli che sono con lui nella casa, l‟evangelista avrebbe usato il verbo che poi dopo userà, il verbo „dire‟, avremmo dovuto leggere “allora, sedutosi, disse ai discepoli…”. Invece Gesù li deve chiamare. Perché? Perché sono lontani. Sì sono vicini fisicamente, sono vicini, ma sono lontani, perché loro lo accompagnano, ma non lo seguono.
Non hanno fatto propri gli ideali di Gesù di amore che si fa servizio per gli altri. Allora Gesù si siede, li deve chiamare, “chiamò i Dodici”, i dodici rappresentano questo Israele abituato a immagini di gerarchia e di potere, e disse loro “Ed ecco”, sono le parole di Gesù, parole che l‟evangelista ci mette al verbo presente, non dice „e disse‟ a passato, quindi qualcosa che riguarda quei tempi, ma l‟evangelista quando adopera il verbo presente significa che la situazione è ancora attuale nella sua comunità e quindi è qualcosa che sarà sempre attuale.
“E dice loro: «Se uno vuole essere il primo»”, Gesù non accetta che nella comunità ci sia qualcuno che vuole essere il più grande, ricordate, tra di loro discutono per sapere chi è il più grande, Gesù non lo accetta, ma dice “«Se uno vuole essere il primo»”, il primo significa quello più vicino a lui, quindi nella comunità di Gesù non c‟è nessuno che possa ritenersi il più grande degli altri, al di sopra degli altri, uno che voglia differenziarsi dagli altri, per abiti, titoli, o distintivi, per far vedere che lui ha un rapporto con dio diverso dagli altri. Tutto questo non c‟è.
Ma, nella comunità di Gesù, ci può essere la persona che è più vicina a lui. E Gesù lo ammette, “«Se uno vuol essere il primo»” ed ecco la doccia fredda “«sia l‟ultimo di tutti e il servitore di tutti»”. Il greco distingue tra servo e servitore. Il servo è colui che è comandato di servire, il servitore, che traduce il termine greco diacono, che conosciamo
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tutti quanti, indica uno che liberamente e volontariamente, per amore, si mette a servizio degli altri. Allora Gesù ammette che nella comunità ci possa essere qualcuno che possa essere il primo, chi è il pi ù vicino a Gesù nella comunità? Quello che per amore, liberamente, si fa ultimo di tutti e serve tutti. Allora se questo è vero chi è l‟ultimo nella comunità? Quello che pretende comandare gli altri, quello che pretende di mettersi al di sopra degli altri, quello che pretende essere ammirato, riverito, ossequiato.
Queste persone possono avere tutti i titoli che vogliono, possono indossare tutti gli abiti e i paramenti che vogliono e i distintivi che vogliono, sono lontani da Gesù, perché accanto a Gesù ci sono soltanto persone che, liberamente e volontariamente, per amore, si mettono a servizio degli altri.
Quindi le parole di Gesù sono molto molto chiare.
Abbiamo visto che Gesù i Dodici li ha dovuti chiamare perché sono lontani, e invece adesso, scrive l‟evangelista che “ preso…” , preso significa che Gesù è seduto, non si è dovuto neanche alzare, ma è bastato che allungasse la mano e ha preso la persona che gli era più vicina. E chi è questa persona che gli è vicina?
Vedete è importante la traduzione del testo dei Vangeli perché a volte su certe espressioni di Gesù sono fioriti certi romanticismi, certi spiritualismi, che hanno annacquato il significato. Il termine greco adoperato dall‟evangelista, in greco è paidion, un ragazzino che, per età e per ruolo sociale, è l‟ultimo di tutti. Quindi non si tratta di un bambino, ma si tratta di un ragazzino, immagine con la quale l‟evangelista indica i veri seguaci di Gesù.
Quindi Gesù, mentre ai Dodici li ha dovuti chiamare, prende colui che più gli assomiglia, colui che si mette a servizio degli altri, prende questo ragazzino, “lo mette in mezzo” – in mezzo era il posto di Gesù – e, “abbracciandolo” – abbracciandolo significa che si identifica con lui – disse “chi accoglie uno di questi ragazzini nel mio nome”, uno di questi, sono particolari, non un ragazzino, un bambino qualunque, “come se fossi io, accoglie me”.
Gesù si identifica con gli ultimi della società. Quindi è un colpo mortale che Gesù dà alle ambizioni di questi discepoli; loro vogliono essere i primi, vogliono essere i più importanti, vogliono mettersi al di sopra degli altri. Gesù non è d‟accordo, Gesù si identifica con il ragazzino – ripeto è uno che, per età, potremmo tradurre in italiano in maniera comprensibile con un garzone.
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Chi è il garzone, è un ragazzetto che, per età e per importanza, è l‟ultimo nella società civile. Ebbene Gesù si identifica con quelli che non hanno nessuna importanza, con quelli che, liberamente, volontariamente, per amore, si mettono a servizio degli altri.
Allora Gesù dice, “chi accoglie uno di questi, accoglie me”. Allora, quando si accoglie la persona pomposa, fiera e contenta e tronfia dei suoi titoli, dei suoi paramenti, ecc, che indicano uno speciale rapporto con il Signore, No! E‟ un inganno!
Ma quando sia accoglie una persona che, liberamente e volontariamente, per amore , si mette a servizio degli altri, lì c‟è il Signore, lì c‟è Gesù. E non solo, “E chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato”, Dio stesso. Il Dio di Gesù no né lontano dagli uomini, il Dio di Gesù è loro intimo, e, per scoprirlo, bisogna mettersi dalla parte degli ultimi.
Quindi la lezione di Gesù è molto chiara, ma è un classico, ogniqualvolta nel Vangelo, Gesù parla ai suoi discepoli e sta dando loro insegnamenti importanti per la vita della comunità, insegnamenti che non sono graditi ai discepoli, Gesù viene sistematicamente interrotto. Quindi Gesù non ha finito il suo discorso, non ha finito il suo insegnamento, eppure viene interrotto in maniera brutale da uno dei discepoli con un argomento che, di per sé, sembra che non c‟entri niente.
“Giovanni gli disse «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava i demoni nel tuo nome e glielo abbiamo impedito perché non seguiva noi»”. Cosa c‟entra con quello che Gesù sta dicendo? Gesù sta lasciando un insegnamento importante, decisivo per la vita e la pace della comunità, perché da questa forma di ingiustizia, di ambizione di persone che vogliono stare sopra gli altri, schiacciandoli, questa è la base dell‟ingiustizia e non ci può essere pace, come tra poco vedremo.
Ebbene, uno dei discepoli lo interrompe con questa questione, dice “abbiamo visto uno che cacciava i demoni nel tuo nome” … Piccolo retroscena, Gesù aveva chiamato i discepoli perché stessero con lui e poi andassero a scacciare i demoni, scacciare i demoni significa liberare le persone dalle ideologie che sono opposte a Dio, da ideologie negative; ebbene i discepoli non ci riescono, non riescono a liberare perché loro per primi non sono liberi.
Una persona che non è libera non può liberare gli altri, quindi loro non ci sono riusciti, vedono uno che ci riesce e cosa fanno? “Glielo abbiamo impedito”. Perché? Avete sentito la motivazione, vedete qui c‟è il peccato originale della comunità cristiana che pretendeva già di avere il monopolio di Gesù e del suo insegnamento; infatti non dice “perché non ti
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seguiva”, non possono dirlo, perché se caccia i demoni, si vede che in qualche maniera segue Gesù, “perché”, ecco la pretesa, l‟arroganza fin dall‟origine della comunità cristiana, “non seguiva noi”.
C‟è già un gruppo che si è impossessato di Gesù, si è impossessato del suo insegnamento e della sua dottrina e non tollera che ci siano persone al di fuori che non appartengono o non si identificano con il loro gruppo e che possano svolgere un‟attività che loro non riescono a fare. E, non riuscendo a contrastarla, cercano di impedirla.
Quindi, vedete che, fin dall‟inizio nella comunità cristiana, c‟è stata questa arroganza. Ma ecco il respiro universale del messaggio di Gesù, parole sorprendenti, “Non impediteglielo, non c‟è nessuno che agisca con forza come se fossi io e possa poi maledirmi. Chi infatti non è contro di noi è per noi.”
La lezione di Marco, le parole di Gesù hanno una portata universale. Gesù sta dicendo che si può appartenere a lui, seguirlo e agire come lui anche senza identificarsi in quelle istituzioni che pretendono avere il monopolio del suo insegnamento e della sua persona. Vedete che questo è clamoroso! E‟ un‟apertura universale, tutti quelli che nella società lavorano per il bene dell‟uomo, Gesù li vede come suoi alleati perché Gesù è il Dio che ha a cuore il bene dell‟uomo e tutto fa per il bene dell‟uomo.
Per cui, chiunque lavori per il bene dell‟uomo, Gesù lo vede come alleato, dalla parte sua. E Gesù, nonostante questa interruzione, riprende il discorso. E‟ stato interrotto da Giovani – ricordiamo che Giovanni e Giacomo sono i due discepoli ai quali Gesù ha dato un soprannome negativo che indica la loro arroganza, la loro attitudine al potere, li ha chiamati, e il nome è onomatopeico, li ha chiamati “boanerghes”, sentite “boanerghes” dà l‟idea del boato, cioè “figli del tuono”, per la loro arroganza, il loro impeto.
Tra l‟altro sono quelli che, in un altro Vangelo, nel Vangelo di Luca, li conoscete, quando vanno a preparare la strada a Gesù in u villaggio dei samaritani, non vengono accolti, offesi tornano da Gesù dicono “non ci hanno accolto, non ti ricevono. Che li colga un fulmine da cielo a tutti quanti”, questa è le mentalità di questi discepoli.
Allora Gesù ecco che riprende le fila del discorso; sono le parole più serie, più severe e drammatiche pronunciate mai da Gesù. E‟ strano, ma le parole più severe Gesù non le rivolge mai ai peccatori, Gesù non rivolge mai alle persone al di fuori della legge, ma le parole più serie, più severe Gesù le rivolge alla sua comunità. E sono parole che vanno prese sul serio, non possono essere prese in maniera superficiale.
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Dice Gesù “E chiunque scandalizza uno di questi piccoli”, dicevo che in passato l‟inesattezza delle traduzioni e delle interpretazioni hanno fatto dello scandalo dei piccoli lo scandalo dei bambini, con tutto lo stupidario religioso che poi si può suscitare. Non si tratta di bambini, il termine adoperato dall‟evangelista è micron, da cui microbo, che era un termine dispregiativo usato dai rabbini per le persone che vivevano al di fuori della legge, o che non riuscivano ad osservare o praticare tutta la legge.
Allora Gesù adesso sta parlando alla sua comunità, una comunità che è rosa dall‟ambizione, è rosa dalla vanità di membri che volevano essere gli uni più importanti degli altri, e Gesù sta facendo un discorso molto serio. Sta dicendo “se uno di voi, per la sua ambizione, per il desiderio di avere le cariche, per la sua vanità, mi scandalizza – scandalizza significa fa inciampare – “uno di questi piccoli che credono in me” quindi sono persone che hanno dato adesione a Gesù, “sarebbe meglio per lui se gli fosse messa attorno al collo una macina da asino, e fosse gettato nel mare”.
Chi sono questi piccoli che credono in Gesù? Si è sparsa la voce della comunità di Gesù. Si sa di questo Gesù che parla d‟amore, parla di rapporti di fratellanza, parla di un Dio a servizio degli uomini che chi gli vuole assomigliare si mette a servizio degli uomini, un Gesù che parla di condivisione generosa dei beni, dove ogni fratello è interessato al bene e al benessere dell‟altro.
Allora quelle persone che hanno vissuto lontano dalla religione, quelle persone che hanno vissuto al di fuori della legge, quelle persone che sono state emarginate in nome di Dio, in nome della religione, perché considerate peccatori, ebbene, sentono in questo messaggio forse una risposta ai loro bisogni ed entrano a far parte della comunità cristiana.
E di cosa s‟accorgono? S‟accorgono che non c‟è nulla diverso da fuori, dal resto del mondo. Trovano che in questa tanto strombazzata comunità di Gesù c‟è la rivalità, c‟è l‟invidia, c‟è la gelosia, c‟è il rancore e c‟è l‟accaparramento. Allora inciampano, perdono le speranze, avevamo creduto che… avevamo sperato che… Avevano sentito dire che nella comunità di Gesù erano fratelli, ma quali fratelli?
Guarda come si fanno le scarpe l‟un l‟altro per sapere chi è il più importante, guarda che ambizione, guarda che vanità. E quindi sono persone che cadono, che inciampano. Allora le parole di Gesù sono severe “se qualcuno di voi”, a causa della sua ambizione, della sua vanità, “mi fa inciampare anche uno solo di questi che credono in me”, le parole di Gesù - sempre parco di particolari, invece qui ricco di dettagli - sono severe “sarebbe meglio per
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lui che gli fosse messa attorno al collo una macina” e Gesù specifica, non è contento di aver detto macina, “una macina da asino”, perché c‟è questa distinzione?
Perché c‟erano due tipi di macine, una quella domestica, girata dall‟asino di casa, cioè la donna, che serviva per fare la farina, si metteva dentro il foro il grano e la donna lo girava, ma era già abbastanza pesante, dopo c‟era un‟altra macina, molto più pesante, inamovibile, che doveva essere girata dall‟asino, era quella che serviva per il frantoio. Ebbene Gesù dice che questa bisogna prendere!
Quindi già potrebbe bastare come punizione. Se qualcuno mi fa inciampare, mi scandalizza, con la sua vanità, con la sua ambizione, uno di questi, sarebbe bello che gli fosse messa a collo una macina da asino e potrebbe già bastare; a Gesù no “e fosse gettato nel mare”. Perché gettato nel mare, non gli basta la morte di questa persona? No, gettato nel mare con una macina da asino significa che scende nel fondo del mare e non può tornare a galla.
Perché questo particolare? Gli ebrei avevano l‟orrore di morire affogati. Non soltanto per la morte di per sé orribile, ma perché se si muore affogati, non c‟è possibilità di risuscitare, perché risuscitano soltanto le persone seppellite in terra di Israele. Allora Gesù dice “se qualcuno li scandalizza gli venga messa una macina al collo e gettato in mare” perché?
Perché no voglio il caso che il cadavere galleggi, arrivi a riva e magari possa essere seppellito. Le parole di Gesù sono tremende e sono rivolte ai suoi discepoli. “Se voi mi scandalizzate, con la vostra arroganza, ambizione, uno di questi, io”, ed è questo il significato nell‟immagine, “non voglio più avere nulla a che fare con voi né qui, né nella vita futura. Dovete scomparire.”
Sono scomparse a quanto pare le macine da asino, sequestrate da qualche parte. E Gesù ora, ed ecco che qui arriviamo al motivo dell‟ingiustizia e della pace, ora propone la cura. Prima le parole severe, ora Gesù propone la cura.
“Se ti scandalizza la tua mano, tagliala”, il verbo adoperato da Gesù è imperativo. “E‟ meglio per te entrare monco nella vita, che con due mani andare nella Geenna, nel fuoco inestinguibile”. Gesù, adesso farà tre esempi, presi da tre componenti del corpo umano, la mano, che indica l‟azione, l‟attività, l‟occhio, che indica il criterio, e il piede, che indica il cammino, la condotta.
Allora Gesù, per prima cosa, passa a esaminare la tua attività, se la tua attività ti fa inciampare, cioè se l‟attività che stai facendo ti fomenta l‟ambizione di avere di più, di
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essere di più, se lo stile di vita che tu hai scelto, questa tua attività che ti mette sempre in tentazione di vanità, di successo, tagliala. Gesù è molto radicale, naturalmente sono immagini che vanno prese come immagini figurate, non mi sembra di vedere in giro persone monche … certe parole sono prese figurativamente e altre no.
Tagliala! “E‟ meglio per te entrare monco nella vita”, si tratta di pienezza di vita. Non è una mutilazione, ma è una vivificazione. Hai tolto quell‟elemento che ti impediva di crescere. Tu credevi di crescere attraverso quest‟attività, in realtà era quella che te lo impediva. E, anche se può essere doloroso, perché ormai fa parte di te questa tua attività, questo tuo modo di vivere, fa parte della tua esistenza e del tuo modo di pesare, anche se può essere doloroso – ed è dolorosa la mutilazione di una mano – Taglia! Non sarà una perdita, ma sarà un guadagno, perché così crescerai nella pienezza della vita.
“Che con due mani andare nella Geenna, nel fuoco inestinguibile”. Gesù si riferisce alla Geenna, la Geenna c‟è tuttora a Gerusalemme, a sud del Tempio, c‟è un profondo burrone che, all‟epoca di Gesù, veniva usato come discarica. Era l‟inceneritore, l‟immondezzaio di Gerusalemme. Gerusalemme era una città abbastanza grande, durante le tre feste annuali, triplicava la popolazione e i rifiuti della città venivano gettati in questo burrone.
E poi, per consumerli, veniva dato fuoco. Per cui era un luogo dove il fuoco ardeva perennemente. Allora Gesù qui sta dicendo qualcosa di terribile: “E‟ meglio che ti tagli quello che ti impedisce di avere la vita piuttosto che finire nella Geenna, cioè nell‟immondezzaio, nel fuoco inestinguibile”. Il fuoco inestinguibile indica quello che brucia tutto, cioè finire completamente.
Gesù qui, con altre parole, sta annunziando quello che nel libro dell‟Apocalisse, si descriverò come la morte seconda. Cosa significa la morte seconda, non basta una morte? No, c‟è una morte biologica ed è la prima morte, quella alla quale tutti quanti andiamo incontro, ma c‟è il rischio che quando arriva la morte biologica, trovi un‟esistenza svuotata della vita. Allora è la morte seconda, è il fallimento della vita.
Allora Gesù dice “se la tua ambizione, se l‟attività che fai ti è di pericolo, tagliala, perché così entri nella vita, altrimenti quest‟attività distrugge te stesso, soffoca la vita che hai e finisci nell‟immondezzaio, finisci nel niente”.
E Gesù continua con il piede, “se ti scandalizza o e d‟inciampo, taglialo. E‟ meglio entrare zoppo nella vita che con due piedi essere gettato nella Geenna”. Il piede, abbiamo visto, è il cammino. E infine il terzo “E se il tuo occhio ti scandalizza, cavalo. E‟ meglio per te entrare
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con un solo occhio” e qui non c‟è vita, qui c‟è Regno di Dio, quindi significa che il Regno di Dio coincide con la pienezza di vita, “che con due occhi essere gettato nella Geenna”. Quindi Gesù sta facendo un monito che va preso seriamente, va preso in maniera veramente seria, alla comunità e ai credenti.
Abbiamo visto che tra di loro c‟è la rivalità. Questa rivalità provoca gelosie, provoca ingiustizie perché c‟è chi vuole comandare e chi non accetta di essere comandato, c‟è chi vuol essere al di sopra degli altri e c‟è chi non accetta di essere sottomesso. Allora Gesù vuole che nella sua comunità non ci sia nessuna forma di ingiustizia.
Ecco perché Gesù – come dicevo prima – dirà per tre volte “tra voi non sia così”. Tra voi non ci sia come le persone del mondo, della società, che amano i titoli, amano questi titoli altisonanti, amano queste vesti, per distinguersi dagli altri, amano essere ossequiati, amano i primi posti nei banchetti e nelle sinagoghe, tra voi nulla di tutto questo!
Ma tra voi una comunità di fratelli che, avendo rinunciato all‟ambizione, vivono nella pace gli uni con gli altri. Perché è l‟ambizione quello che genera rivalità tra le persone ed è la causa di ogni ingiustizia. Fino a che non ci sono persone che rinunciano – rinunciare all‟ambizione, sia chiaro, non significa rinunciare a sviluppare se stessi, o a dare il meglio di sé stessi, no, per ambizione si intende scavalcare gli altri, salire sopra gli altri per dominarli, per avere ed essere di più.
Quindi le parole di Gesù sono molto molto chiare. Ed ecco allora il consiglio finale, “ciascuno infatti sarà salato con un fuoco”. Il sale, in quella cultura, indicava quello che dava validità a un patto. Era immagine di fedeltà. Conoscete le parole di Gesù sul sale, che si rifanno a immagini dell‟Antico Testamento. Nell‟Antico Testamento si trova l‟espressione “un patto salato”. Cosa significava? Un patto duraturo. Il contratto veniva cosparso di sale e questo dava continuità, dava segno di essere un contratto per sempre.
Quindi il sale era immagine di fedeltà. Allora Gesù dice “ciascuno infatti sarà salato con un fuoco”, non ci sono elementi o agenti esterni che devono indicarci una disciplina. All‟interno della comunità cristiana c‟è libertà; ognuno di noi sa qual è l‟atteggiamento che rischia di metterlo in pericolo, ognuno di noi sa qual è quel germe di giustizia che può alimentare la sua esistenza e allora ognuno, con la fedeltà al messaggio di Gesù, si auto-disciplina.
Quindi non c‟è una disciplina esterna, ma ognuno si deve disciplinare, rinunciando, estirpando dalla propria esistenza ogni forma di ingiustizia. Ed ecco la conclusione, “Buono il sale, ma se il sale diventa insipido”, e il sale significa la fedeltà al Vangelo, ma se questa
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fedeltà viene meno, ecco quindi il richiamo al Vangelo che sappiamo significa orientare la propria vita per il bene degli altri, questo è il richiamo al Vangelo.
Quando si orienta la propria vita per il bene degli altri uno non si interessa più di sé stesso, ma si interessa dell‟altro; ecco che allora rinuncia alla ambizione, quando io vivo per il bene degli altri, ma che mi importa del mio nome, che mi importa di quello che posso essere o di quello che posso apparire? A me interessa il bene che posso fare all‟altro. E più io sarò sincero e più sarò schietto e più potrò trasmettere questo bene all‟altro.
Allora dice Gesù “buono il sale, la fedeltà”, “ma se il sale diventa insipido”, cioè se perdete la fedeltà al Vangelo, per voi non c‟è speranza. Nel Vangelo di Matteo, che è successivo a Marco, i problemi comunitari si erano acuiti, Gesù avrà parole ancora più tremende; dirà “voi siete il sale della terra”, cioè la vostra fedeltà al messaggio deve dare attualità alle beatitudini; “ma se il sale perde sapore, meritate di essere calpestati dagli uomini”.
Gli uomini, la società aspettavano da questa comunità questa linfa vitale, questo lievito d‟amore e invece non vede una comunicazione d‟amore, ma non vede altro che una riproduzione dei propri difetti, dei propri errori, dei propri limiti, ancora più grave. Perché? Perché i difetti, errori, limiti e ingiustizie all‟interno della comunità cristiana, vengono esercitati in nome di Dio.
Allora Gesù ha parole tremende, “non meritate altro che essere calpestati dagli uomini”, cioè disprezzati da quel mondo che da voi aspettava questo messaggio di pienezza di vita. Quindi “buono il sale, ma se il sale diventa insipido, con che cosa lo salerete?”
Se quotidianamente non rinnovate la fedeltà alla buona notizia, ripeto buona no tizia significa orientare la propria vita per il bene degli altri, per voi non c‟è speranza. Allora ecco la conclusione di Gesù, la conclusione di Marco, e anche mia, “abbiate sale in voi”. Cioè siate fedeli al messaggio di Gesù.
La fedeltà al messaggio di Gesù cosa porterà? “E state in pace gli uni con gli altri”.
Ecco, qui appare il termine pace che è il tema di questa sera e siamo arrivati finalmente all‟origine. “Abbiate sale in voi”, cioè siate fedeli al messaggio di Gesù, siate fedeli alla buona notizia e questo porterà a stare in pace gli uni con gli altri.
Quando si rinuncia a ogni forma di ingiustizia, quando si rinuncia ad ogni forma di ambizione e di vanità, ecco che allora comincia a fiorire la pace. Allora, come dicevamo all‟inizio, nel Vangelo non c‟è tanto una denuncia dell‟ingiustizia esterna, una denuncia dell‟ingiustizia della
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società, si trova raramente, quasi mai nei Vangeli, ma, con parole – come abbiamo visto molto severe - la denuncia dell‟ingiustizia all‟interno della comunità.
Altrimenti rischiamo di essere come i discepoli di Gesù, protestano perché c‟è uno che libera le persone, e loro sono incapaci di liberarle. Non si può pensare di essere portatori, annunziatori di giustizia e di pace quando, proprio all‟interno della comunità cristiana, non c‟è né giustizia né pace. Ma la giustizia e la pace è possibile farle fiorire, come?
Con una rinnovata, radicale fedeltà al messaggio di Gesù, alla buona notizia che significa, lo ripeto, orientare liberamente e volontariamente la propria vita per il bene degli altri. Ma da che cosa viene questa ambizione che causa l‟ingiustizia? Viene dall‟insicurezza, dalla paura di non avere, dal bisogno di assicurarsi.
Io penso che più titoli avrò e più sarò sicuro, io penso che più beni avrò e più sarò sicuro. Ebbene Gesù, come dirà altre volte nei Vangeli, lascia perdere queste sciocche sicurezza perché, per quanti titoli avrai ci sarà sempre uno che avrà un titolo più di te, per quanta carriera farai, ci sarà sempre uno al di sopra di te. Per quanti beni potrai accumulare ci sarà sempre qualcuno che avrò qualcosa più di te, e allora?
E allora sarai perennemente un infelice, alla rincorsa di beni e di titoli, sospettoso di tutti quelli che ti circondano, come i discepoli, sospettosi gli uni verso gli altri, e invece metti la tua fiducia, la tua sicurezza nel Signore. Mettere la fiducia e la sicurezza nel Signore significa vivere per il bene degli altri.
Questa è la garanzia del fiorire di una pace nuova e della giustizia, nella vita della comunità e come lievito nella società.
Bene, il tema è tanto vasto, come dicevo all‟inizio, che addirittura pensavo di trattare le Beatitudini, con la beatitudine dei costruttori di pace, gli affamati di giustizia, ma spero di aver fatto bene, ho scelto invece di andare alle radici dell‟ingiustizia e della mancanza di pace, ma il tema è molto vasto. E quindi forse c‟è qualche altro elemento che volete che venga trattato, allora adesso, se non avete sonno – e prima che venga a me il sonno – a voi le domande e gli interventi, proposte ….
Domanda: il concetto di obbedienza, perché costruire la pace con l‟obbedienza … è un bel concetto … Lei prima ha accennato a questa …
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Risposta: Dunque, il mio campo specifico di interesse sono i Vangeli. E quindi un campo molto ristretto. L‟obbedienza noi sappiamo è stata fatta una virtù spirituale, è un‟arma nelle mani di chi comanda e, a volte, viene vista in maniera ascetica, spirituale, da chi obbedisce.
Il Concilio Vaticano II, il santo, benedetto, ispirato Concilio Vaticano esorta a che tutta la predicazione, la spiritualità si abbeverino al Vangelo, perché in passato non è stato così. Ritorni al Vangelo, ebbene dal Vangelo c‟è una sorpresa, non si parla mai di obbedienza, mai! Pensate che il termine “obbedire” o “obbedienza” nei 4 Vangeli compare 5 volte, in tutti e 4, ma mai rivolto alle persone.
Sempre a elementi estranei, nocivi o ostili all‟uomo: il mare in tempesta, il vento, il gelso, la montagna, mai si attribuisce l‟obbedienza a una persona. Come mai l‟assenza dell‟obbedienza nei Vangeli? Perché Gesù è venuto a inaugurare un rapporto con Dio completamente diverso, sconosciuto ai suoi contemporanei.
Noi sappiamo che Mosè ha imposto una legge, una legge di Dio, una legge basata sulla obbedienza. Chi era il credente? Colui che obbedisce a Dio osservandole sue leggi. Questo è molto chiaro. Ebbene, Gesù viene a proporre un rapporto con Dio completamente diverso, un rapporto non tra dei servi e il loro signore, come aveva fatto Mosè, ma tra dei figli e il loro padre, un rapporto che non più basato sull‟obbedienza, ma sulla somiglianza.
Non sull‟osservanza della legge, ma sull‟accoglienza del suo amore, per cui chi era il credente, in Gesù? Il credente non è colui che obbedisce a Dio osservando le sue leggi, ma colui che assomiglia al Padre praticando un amore simile al suo.
Ecco perché in bocca a Gesù non si trova mai l‟invito a obbedire a Dio. Mai! Perché Dio non chiede obbedienza, Gesù invece più volte dirà “siate come il Padre vostro”, cioè assomigliate al Padre vostro. Mentre l‟obbedienza presuppone una distanza tra chi comanda e chi obbedisce, la somiglianza, nella misura in cui si alimenta e cresce, elimina questa distanza fino a fondere le due persone in un‟unica cosa, ed è quello che vuole il Signore.
Per cui Gesù non chiede di obbedire a Dio, mai chiede obbedienza a se stesso, figuriamoci se chiede di obbedire a una persona, a un discepolo! Quindi, nei Vangeli l‟obbedienza non c‟è. Che poi dopo, storicamente, invece, come forma di potere, come forma di sottomissione, sia venuta fuori l‟obbedienza, questo è un fatto storico. Ma nei Vangeli di obbedienza non se ne parla.
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Domanda: mi è venuto in mente di legare alla pace e alla giustizia, la parola “libertà”. E, tra l‟altro, mi riallaccio anche a un punto della sua spiegazione, che mi ha colpito tantissimo, cioè quando diceva che l‟ambizione è negativa, però questo non significa che uno non debba esprimersi, per esprimere al meglio i propri talenti, quello che può dare, per il bene, orientando la propria vita al bene dell‟altro. E io dico che questa cosa, il più delle volte, nella società attuale, non è possibile per mancanza di libertà. Una mancanza di libertà che è dovuta ad una mancanza di giustizia.
In fondo, fin dalle costituzioni (non so se si chiamassero così) si diceva che occorre agire e mettere in atto delle azioni, che chiameremo azioni positive, per favorire la giustizia in modo tale che ciascuno possa godere del proprio spazio di libertà, cioè che la libertà sia veramente un bene comune, che deve essere condivisibile da tutti.
E solo nel‟ambito di questa libertà io posso esprimermi completamente per quella che sono, per quello che può essere il bene della comunità che mi circonda, e esprimere i miei talenti. Però, appunto, lo posso fare solo se sono libera di farlo, questa cosa molto spesso non esiste, proprio per via dell‟ambizione che viene esercitata dal potere e che quindi schiaccia tutto ciò che le è opposto.
Risposta: prima abbiamo già accennato al fascino del potere che ti toglie la libertà, ma ti dà la sicurezza e non ti fa crescere. Chi entra in un ambito di potere, è sicuro, perché deve soltanto obbedire, ma rimane una persona infantile, incapace di camminare con i propri piedi e di ragionare con la propria testa e avrà sempre bisogno di un padre, di un superiore, che gli dica cosa, come e quando farlo.
E invece Gesù dona la piena libertà, perché solo dove c‟è la libertà c‟è lo Spirito e solo dove c‟è lo Spirito c‟è la libertà. Sono due realtà che si alimentano a vicenda e rendono la persona capace di ragionare con la propria testa e di camminare con le proprie gambe, cioè una persona matura.
A questo punto credo che allora forse bisogna fare una distinzione, trattando di questo argomento, perché a volte confondiamo le due cose, tra il potere e l‟autorità. Uno toglie la libertà e l‟altro, invece, la favorisce.
Cos‟è i potere? Il potere, possiamo definirlo un dominio di una persona o di un gruppo di persone su un‟altra persona o su un gruppo di persone, che è basato sulla paura, sulla ricompensa e sulla persuasione.
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Cioè il potente ti domina perché hai paura di cosa di possa fare, ti può togliere la vita, ti può togliere la libertà, però questo è il livello grezzo del potere, perché in un sussulto di coraggio la persona vi si può ribellare.
L‟altro, un po‟ più raffinato, è il dominio basato sulla ricompensa. Io ti domino perché io ti posso dare le cariche, i titoli, i beni e il benessere a cui tu aspiri. E quindi tu ti sottometti a me perché sai che poi io ti ripago con queste cose, però anche questo è imperfetto, perché in un sussulto di dignità, la persona rifiuta di vendersi
Allora, dove vuole arrivare il potere, e quando arriva qui non c‟è più possibilità di salvezza, è la persuasione, il convincere. Cioè riuscire a convincere l‟individuo che, per lui essergli servo, è la massima delle aspirazioni possibili. Quando il potere riesce a convincere, a persuadere l‟individuo che la sottomissione per lui è un bene, questo individuo vedrà ogni proposta di salvezza come un attentato alla propria sicurezza. Quindi la rifuggirà.
Allora ogni potere inizia con la paura, continua con la ricompensa, ma poi dove vuole arrivare è alla persuasione, cioè tanto per fare un esempio, il potere non sarà quello che al dissidente gli fa ingoiare l‟olio di ricino, ma quello che convince che lo deve andare a comprare e bere perché gli fa bene, perché “puliti dentro belli fuori”, vedessi come fa bene l‟olio di ricino!
E quando si convince la persona che l‟olio di ricino gli fa bene, non c‟è più nulla da fare.
Allora questo potere, quindi la paura, la ricompensa e la persuasione, è sempre diabolico, satanico. Lo detenga chi lo detenga. L‟altra invece, quella che c‟è nell‟insegnamento di Gesù è l‟autorità. L‟autorità la possiamo definire un servizio basato sulla propria competenza.
Ognuno di noi ha delle qualità, ognuno di noi ha delle capacità, ognuno di noi ha delle competenze; quando queste qualità vengono messe a servizio dell‟altro vengono potenziate dallo Spirito. Conoscete il termine tecnico “carisma”.
Cos‟è il carisma? Il carisma è una dote naturale che, quando viene messa a servizio della gente, viene potenziata dallo Spirito. Allora l‟autorità è un servizio basato sulla competenza; mentre il potere toglie la libertà, l‟autorità la favorisce; mentre il potere esige una distanza tra chi comanda e chi obbedisce, l‟autorità fa di tutto per eliminarla.
Un esempio di autorità: l‟‟insegnante, nei confronti dell‟allievo, gli trasmette il suo sapere, non perché rimanga sempre questa distanza, ma perché l‟allievo acquisendo il suo sapere, lo raggiunga, e - se è un vero insegnante – gioirà il giorno in cui il suo allievo lo supererà.
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Quindi l‟autorità rende libere le persone, capaci di camminare con i propri piedi.
Domanda: scusami volevo fare tre considerazioni. Uno, mi ha molto sorpreso il fatto che gli apostoli, dopo tre anni di frequentazione con Gesù, non riescano ancora ad afferrare il senso del messaggio che Gesù ha trasmesso in questi tre anni di impegno. Quindi dico, ma possibile che in tre anni non hanno capito? Secondo …
Risposta: questo ti fa capire quanto dall‟ideologia religiosa, nazionalista, quando permea le persone, sia difficile liberarsi.
Domanda: Secondo, dopo 2000 anni, vediamo che tutti i poteri esistenti, economico, politico e anche religioso …
Risposta: tu lo dici!
Domanda: Io lo dico … sono ancora afflitti dalle stesse malattie di sempre. Terza considerazione; per quanto riguarda la pace, per quanto riguarda la solidarietà, la fratellanza, tutto ciò che è di positivo per l‟uomo, secondo me ha una sola origine, che è quella dell‟amore. Cioè, se l‟uomo è capace di amare, tutto ciò che tu hai detto, che deriva dall‟insegnamento evangelico, viene spontaneo, perché il rapporto con gli altri, amando, riguarda l‟interesse di tutti, mai quello egoistico privato.
Risposta: pienamente d‟accordo con tutti questi tre punti e, riguardo all‟ultimo punto, dice giustamente il nostro amico “questa spinta dell‟amore”. Ma quale tipo e quale qualità d‟amore? Perché con Gesù cambia anche questo. Prima di Gesù l‟umanità religiosa era orientata verso Dio. Dio era il traguardo dell‟esistenza. Allora si pregava per Dio, anche l‟amore,la carità nei confronti del fratello, del prossimo, era in realtà rivolta a Dio.
“Io faccio del bene perché poi Dio provvede e mi ricompensa”. Con Gesù c‟è tutto un cambiamento; con Gesù cambia l‟orientamento dell‟umanità, non p più rivolta verso Dio, perché Gesù, che è Dio, cambia la direzione. Con Gesù l‟umanità è rivolta con Dio e come Dio verso l‟uomo; ecco l‟origine e la nascita dell‟amore cristiano.
Prima l‟uomo viveva per Dio, dopo, con Gesù, l‟uomo vive di Dio e con Dio e come Dio va verso gli altri. Non siamo stati noi ad amare Dio, è lui che ha preso l‟iniziativa. Ci ha comunicato, ci ha effuso il suo amore, noi siamo stati avvolti da questo amore e, se vogliamo alimentarlo, non possiamo che con lui e come lui andare verso gli altri.
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Quindi è un amore di una qualità particolare, non amo l‟altro con i miei sforzi perché poi Dio mi ricompensa, ma amo l‟altro con la stessa intensità e qualità dell‟amore di Dio, che Dio mi ha comunicato. Quindi anche l‟amore con Gesù cambia l‟orientamento, cambia qualità.
Domanda: il Dio di Gesù è un Dio di parte, cioè un Dio che sta dalla parte degli ultimi oppure no?
Risposta: Senz‟altro. Dio la scelta l‟ha fatta e s‟è messo dalla parte degli ultimi della società. Dio, avete presente la scena del capitolo 13 del Vangelo di Giovanni, dove Gesù cambia radicalmente il concetto di Dio? All‟epoca di Gesù dov‟era Dio?
La società era piramidale e Dio era al di sopra della piramide. La cima della piramide erano i potenti, il re o il sommo sacerdote, poi si scendeva, i sacerdoti, gli uomini, le donne, la base erano i servi, e al di sotto gli schiavi.
Ebbene, Gesù, che è Dio, cambia il luogo di Dio. Gesù non si fa lavare i piedi dai suoi discepoli, come era compito dei discepoli nei confronti del maestro, ma lui, il maestro, lava i piedi ai suoi discepoli, compiendo un lavoro di servo.
Allora Gesù, che è Dio, abbandona la cima della piramide. Perché Dio sta dalla parte degli ultimi? Perché Dio è amore che si fa servizio e là dove c‟è servizio, lì c‟è la presenza di Dio. Non è un‟ingiustizia, perché dalla parte dei primi non a tutti è possibile arrivare. Mentre salire in alto non è concesso a tutti, l‟ultimo posto, state tranquilli che non c‟è la coda per ottenerlo, perché quello è sempre possibile, è possibile a tutti.
Se Dio fosse stato in alto, allora forse soltanto certi monaci, certi asceti, forse soltanto certi potenti potevano avvicinarlo, perché più si saliva e più ci si avvicinava a Dio; ebbene, Dio non sta in alto, Dio sta in basso. Questo è stato il problema e il dramma del movimento farisaico e l‟incomprensione con Gesù.
Voi sapete i farisei … il termine “fariseo” significa separato. Chi sono i farisei? Sono dei laici che vogliono avvicinarsi al Signore. Come si fa ad avvicinarsi al Signore? Attraverso l‟osservanza meticolosa della sua legge. Quindi io osservo la sua legge, salgo, per incontrare questo Signore che è sempre immaginato in alto e mi separo dal resto degli altri.
Perché questi farisei non hanno riconosciuto Gesù? O addirittura l‟hanno ostacolato? Perché loro salivano per incontrare il Signore, il Signore era sceso per incontrare gli
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uomini; questi salivano, lui era sceso e non si incontravano mai. Ecco il conflitto tra Gesù e i farisei, non avevano capito che Dio si era fatto uomo per mettersi al livello degli uomini, a servizio degli uomini.
Quindi il Dio di Gesù è un Dio di parte, è un Dio che la scelta l‟ha fatta. Ma perché è una scelta possibile a tutti. Se fosse stato il Dio dei santi, il Dio dei ricchi e il Dio dei potenti, allora sì che sarebbe stato ingiusto, perché non a tutti e possibile diventare santo, né ricco, né potente. Ma, siccome è un Dio che si fa servo, a tutti è possibile diventare servi.
Domanda: io volevo chiedere una spiegazione del passaggio in cui si dice che “nell‟uomo c‟è un anelito di sicurezza”; in questo modo si accetta il potere. Perché dà sicurezza. L‟alternativa, il passaggio, qual è? Cioè in che modo sostituire questa sicurezza, diceva col servizio no? Col servizio verso gli altri?
Risposta: Sì. Chiaro. Dunque, nel potere uno rinuncia alla libertà però ha la sicurezza; deve soltanto obbedire, allora giustamente dice “ma nell‟alternativa, qual è la sicurezza?” La sicurezza è questa: che il giorno stesso in cui io decido di mettere la mia vita, orientare la mia vita al bene degli altri, nel momento preciso in cui lo faccio, permetto a Dio di prendersi cura della mia esistenza.
Conoscete tutti la prima Beatitudine? “Beati i poteri di Spirito”, cioè non quelli che la società ha reso poveri, ma quelli che, liberamente e volontariamente, per amore, scelgono di condividere con chi non ha e con chi non è … - la beatitudine della povertà non significa andarsi ad aggiungere ai tanti, troppi miseri dell‟umanità – ma significa “abbassa un po‟ il tuo livello di vita, per permettere a quelli che l‟hanno troppo basso di innalzarlo un pò”.
Gesù non ci chiede ci spogliarci, Gesù chi chiede di vestire qualcun altro. E credo che tutti noi possiamo vestire altre persone senza bisogno di farci nudi. Allora Gesù proclama questa beatitudine, ed è la prima, ed è l‟origine di tutte le altre. Quelli che, liberamente, volontariamente, per amore, si mettono a servizio degli altri, del bene degli altri, beati perché? Di questi è il Regno dei cieli, non significa che questi andranno nell‟aldilà.
Regno dei Cieli è una formula usata soltanto da Matteo, laddove gli altri evangelisti usano Regno di Dio, cioè questi hanno Dio per re. E il verbo non è al futuro, non dice “di questi sarà il Regno”, ma “di questi è”.
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Allora quale sicurezza? Il giorno stesso, il momento preciso, in cui io decido “oggi, stasera, stasera stessa, io cambio vita. Da stasera io voglio vivere sentendomi responsabile della felicità e del benessere degli altri”, nel m omento preciso in cui lo facci, permetto a Dio di prendersi cura della mia felicità, del mio benessere.
E il cambio è vantaggioso e meraviglioso. Io devo occuparmi del bene degli altri e la mia sicurezza, il mio bene? Ci pensa Dio. E Dio dà mille volte di più di ciò di cui si ha bisogno.
Domanda: giustizia e pace. La giustizia intesa come assenza di prevaricazione, di ambizione, di vanità. Stabilita la giustizia allora si riesce a vivere in pace. Domanda forse banale. Ma cosa si fa per ristabilire la giustizia quando questa è venuta meno? Cioè, di fronte a chi è vanitoso, a chi è ambizioso, a chi prevarica, a chi calpesta i piedi, quale atteggiamento, quale strategia la comunità deve assumere per ristabilire la giustizia e quindi garantire la pace?
Siccome credo che sia poco evangelica questa domanda … una possibilità è quella della non violenza, cioè di fronte all‟aggressione, di fronte a qualcuno che erode la nostra libertà, l‟atteggiamento più spontaneo è quello di rispondere in maniera netta, chiara, forte … però l‟approccio è la non-violenza. Ti chiedo: nel Vangelo è possibile rintracciare i segni di non violenza? Dire che il Vangelo è una delle fonti della non violenza è un‟affermazione che ha un senso?
Risposta: Sì, dunque. Il termine “cretino” è di origine francese, crétin, cioè cristiano. Per cui cristiano e cretino, in francese, è la stessa parola. Come è stato possibile che il cristiano sia definito un cretino? Per l‟incomprensione delle parole di Gesù. Hanno confuso la Beatitudine di Gesù “siate buoni fino in fondo”, con “siate tonti fino in fondo”.
Il credente in Gesù sarà buono fino in fondo, ma tonto neanche un pochettino. Quando Gesù, nel discorso della montagna, dice “se uno ti dà uno schiaffo su una guancia, tu porgi anche l‟altra”, attenzione, non significa “fate i tonti, i cretini nel mondo”. Ma significa “non rispondere con violenza alla violenza che ti viene fatta, perché altrimenti l‟alimenti, ma smontala”.
Di fatto l‟unica volta che Gesù ha ricevuto uno schiaffo non ha mica porto l‟altra guancia! Sapete, quando viene portato da Anna, il sommo sacerdote, e Gesù gli risponde, allora una delle guardie prende e dà uno schiaffo a Gesù. E Gesù non dice “Mi hai dato uno schiaffo
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qui, allora dammelo anche di qua”. Dice “Ahò, se ho sbagliato, dimostrami dove ho sbagliato. Se non ho sbagliato perché questa violenza?”
Quindi il cristiano non è un cretino; è buono, ma non è tonto. Ed è il primo a gridare contro ogni forma di ingiustizia,anche quando sa che, gridando contro questa forma di ingiustizia, ne va della sua reputazione, ne va del suo benessere o della sua vita. Il credente è talmente preso dal bene degli altri che è disposto a rinunciare al proprio bene.
Quando Gesù proclama “beati i costruttori di pace”, questi non sono i pacifici. I pacifici sono persone che, per la propria tranquillità e per la propria pace, evitano accuratamente ogni situazione di conflitto. Ma Gesù proclama beati i costruttori di pace, cioè quelli che, per la pace degli altri, sono disposti a perdere la propria.
Perché tanto, per dare vita agli oppressi, bisogna disturbare in qualche maniera gli oppressori.
Certo, tutto questo viene fatto, come chiedeva il nostro amico, senza alcuna violenza. Quando Gesù dirà “se avete fede e direte a questo monte „sollevati e gettati nel mare‟” non parla di un monte qualunque. Il monte era il Monte Sion, il monte dove c‟era il tempio, simbolo dell‟istituzione di Gerusalemme.
Gesù dice “se avete fede, dite a questo monte di trapianterai e di gettarsi di nuovo nel mare”; però dice Gesù “però pregando, perdonate”, cioè tutto questo deve essere fatto senza violenza, senza acredine. Quindi la liberazione di Gesù in nessuna maniera assomiglia alle liberazioni della società, fatte sulla violenza, sulla prevaricazione, ma soltanto attraverso l‟amore.
Il cammino è più lungo, però indubbiamente è più efficace.
Domanda: io ho ascoltato bene, molto bene, e credo che mi abbia messo tanti conflitti dentro. Sono praticante, però ho tre domande. Quindi, sintetiche, che riassumo subito. La prima: crede veramente cha la chiesa cattolica cristiana sia a servizio degli ultimi, oppure si serva di grandi architetti per fare le cattedrali con i campanili, fino all‟infinito come la Torre di Babele? C‟era bisogno di questo? Secondo: Paolo VI, credo di aver letto che scrisse “ho l‟impressione che il fumo di Satana stia varcando la soglia del Vaticano, che cosa voleva dire? Terzo: mi sembra che si chiami Socci, che scrive sull‟Avvenire, qualche anno fa,
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a maggio del 2006, ho letto che scrisse “la chiesa cattolica ha trasformato i seminari e le scuole di teologia in aride officine per la demolizione della chiesa”. Vuol rispondere?
Risposta: A tanta stupidità non si può rispondere perché veramente … quel Socci, vabbè. Non rientro in queste cose, è una benedizione la chiusura dei seminari … e non si sa quanto sia benedetta questa chiusura. Vedete, la chiesa - e mi riallaccio alle altre domande - si rinnova.
Ma la chiesa si rinnova dalla base. Quelli che stanno in alto, in qualunque settore, non soltanto ecclesiastico, tutti quelli che stanno ai vertici, stanno bene e non vedono nessuna necessità di cambiamento. Quelli che vogliono cambiare sono sempre quelli che stanno alla base e che soffrono. Quindi non c‟è da aspettarsi rinnovamenti dai vertici, i rinnovamenti avvengono sempre dalla base.
E, per quello che riguarda la chiesa, questo rinnovamento sarà una maggiore fedeltà evangelica così come ci chiede il Concilio Vaticano II. Allora è la base, è la comunità dei credenti che, sempre più fedele alla verità evangelica, provocherà inevitabilmente un cambiamento anche in quei vertici che spesso, con gli esempi che stavi dicendo, sembrano contraddire l‟annunzio di Gesù.
Ma, ripeto, non va fatto questo puntando il dito “ecco voi qui, voi là”. No, questo è tempo perso. Gesù dice che noi siamo luce e la luce splende nelle tenebre. La luce non combatte le tenebre, combattere significa sprecare energie preziose. La luce deve soltanto brillare, nella misura in cui la luce brilla, le tenebre svaniscono.
E, svanendo le tenebre, svanisco anch‟io perché sono arrivato ormai in riserva per la serata … Vi ringrazio.
21 feb 2010
CINTANO 21 FEBBRAIO 2010
L’Opera Cenacolo Familiare nasce in “embrione” nel maggio del 1946 in un seminario del Piemonte in seguito all’esperienza spirituale vissuta da don Salvatore Paparo, sacerdote cattolico nato a Cesarò (Messina) il 14 Agosto 1929 e morto a Cintano (To) l'1 febbraio 2015. Entrato nel Piccolo Seminario di Bronte (Catania) all’età di 10 anni, Salvatore matura la sua vocazione sacerdotale. Dopo la scuola media si trasferisce al Seminario Maggiore di Catania, dove rimane per due anni. Desiderando dedicarsi alla missione, l’8 Dicembre del 1945 entra nello studentato dei Padri Maristi a Cavagnolo (Torino). Nel maggio del 1946 si ammala gravemente e i medici disperano di salvarlo. Don Salvatore, invece, guarisce improvvisamente e, mentre si sente “immerso in Dio, luce-calore estasiante”, riceve questo messaggio: “L’umanità va incontro all’Età Aurea del Cristianesimo. Allora il mondo riconoscerà Gesù come unico suo Salvatore e vivrà in modo straordinario un’era di pace e di benessere. Tu sarai l’umile nostro strumento”.
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