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20 mag 2014

QUARTA DOMENICA DI PASQUA A

11 maggio 2014

OMELIA

Iniziamo l’omelia di oggi con una breve riflessione sulla prima lettura biblica.
Nel giorno della Pentecoste San Pietro e gli altri Apostoli predicarono con grande ardore ad un’immensa folla; gli uditori “si sentirono trafiggere il cuore” perché compresero che alcuni giorni prima avevano commesso un grande misfatto chiedendo a Ponzio Pilato la crocifissione di Gesù, Il Messia da tanto tempo atteso. Confusi si posero in un atteggiamento di disponibilità:
“FRATELLI, CHE COSA DOBBIAMO FARE?”. La risposta di Pietro non si fece attendere:
“PENTITEVI DEI VOSTRI PECCATI, FATEVI BATTEZZARE NEL NOME DI GESU’ CRISTO PER IL PERDONO DEI VOSTRI PECCATI, E RICEVERETE LO SPIRITO SANTO”.

Noi abbiamo già ricevuto il Battesimo, abbiamo ricevuto la pienezza dello Spirito Santo al momento della Cresima: nello stesso giorno, da Dio ci è stata affidata la missione di testimoniare Gesù Risorto con il nostro modo di parlare e di agire. Come Gesù diceva “CHI VEDE ME, VEDE IL PADRE”; ciascuno di noi dovrebbe poter dire: “CHI VEDE ME, VEDE GESU’”. Ma un serio esame di coscienza ci lascia confusi perché ci scorgiamo peccatori, per cui dobbiamo far risuonare nel nostro cuore la voce di San Pietro che ci ripete: “PENTITEVI DEI VOSTRI PECCATI”.
Dobbiamo pentirci non solo del male commesso, ma anche del bene omesso: noi, infatti, spesso non facciamo il bene che pur potremmo e dovremmo fare.

Nella seconda lettura bblica San Pietro ci suggerisce la pratica di una grande virtù. Ci esorta, cioè, a non scoraggiarci se facendo del bene incontriamo la sofferenza perché gli altri non ci capiscono e ci criticano. In ciò Gesù ci lasciò un grande esempio e noi dobbiamo seguire le sue orme: Egli non commise peccato, nella sua bocca non si trovò inganno. Malgrado ciò Gesù fu oltraggiato. Ma quando era oltraggiato Gesù non rispondeva con oltraggi; quando lo facevano soffrire non minacciava vendetta. Egli affidò la sua causa a Dio Padre che giudica con giustuzia; e Dio Padre lo glorificò RISUSCITANDOLO DAI MORTI. Come Gesù, dunque, dobbiamo saper soffrire in silenzio gli oltraggi che riceviamo, non dobbiamo meditare vendetta, ma con umiltà e fiducia dobbiamo affidare la nostra causa a Dio sommamente giusto, e Dio, a suo tempo, ci glorificherà.

Passiamo al brano evangelico dedicato A GESU’ BUON PASTORE.
Ogni sera i pasrori della Palestina raccoglievano i loro greggi in un grande ovile comune, sorvegliato, durante la notte, da custodi, per impedire che i ladri o le bestie feroci approfittassero delle tenebre per compiere furti o stragi. La mattina, molto per tempo, i pastori si presentavano alla porta dell’ovile che veniva aperta. Ogni pastore faceva sentire distintamente la sua voce: i greggi, allora, uscivano e si portavano là dove la voce del pastore li chiamava. Le pecore obbedivano solo alla voce del proprio pastore, e non solo non seguivano la voce di un estraneo, ma anche fuggivano da lui. Applicando a Sè e a noi il paragone, Gesù ci dice: “IO SONO IL BUON PASTORE E VOI LE MIE PECORELLE. PER VOI DONO LA MIA VITA”.
Nel mondo turbinoso e sconvolto di oggi dobbiamo riuscire a percepire e a seguire la voce di GESU’ NOSTRO BUON PASTORE; e non dobbiamo segure la voce di coloro che si oppongono a Gesù e ci insegnano cose contrarie al vangelo. Non è difficile riconoscere la voce di Gesù perché Gesù ci parla sempre di amore, di pace, di concordia; mentre i nemici di Gesù, da Lui paragonati a ladri e a lupi rapaci ci vogliono infondere solo odio, guerra, discordia.
Concludiamo l’omelia riascoltando le parole di Gesù: “IO SONO IL BUON PASTORE, CONOSCO LE MIE PECORE E LE MIE PECORE CONOSCONO ME”.
Conoscere nel linguaggio biblico significa amare. Gesù ci ama e ha dedicato la sua vita per noi fino a sacrificarla sulla croce. Noi dobbiamo amare Gesù e lo amiamo se come Lui dedichiamo la nostra vita per il bene dei nostri fratelli fino a sacrificarla per loro, se ciò è necessario.


Sac. Salvatore Paparo         

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