11 maggio 2014
OMELIA
Iniziamo l’omelia di oggi con una
breve riflessione sulla prima lettura biblica.
Nel giorno della Pentecoste San Pietro
e gli altri Apostoli predicarono con grande ardore ad un’immensa
folla; gli uditori “si sentirono trafiggere il cuore” perché
compresero che alcuni giorni prima avevano commesso un grande
misfatto chiedendo a Ponzio Pilato la crocifissione di Gesù, Il
Messia da tanto tempo atteso. Confusi si posero in un atteggiamento
di disponibilità:
“FRATELLI, CHE COSA DOBBIAMO FARE?”.
La risposta di Pietro non si fece attendere:
“PENTITEVI DEI VOSTRI PECCATI, FATEVI
BATTEZZARE NEL NOME DI GESU’ CRISTO PER IL PERDONO DEI VOSTRI
PECCATI, E RICEVERETE LO SPIRITO SANTO”.
Noi abbiamo già ricevuto il Battesimo,
abbiamo ricevuto la pienezza dello Spirito Santo al momento della
Cresima: nello stesso giorno, da Dio ci è stata affidata la missione
di testimoniare Gesù Risorto con il nostro modo di parlare e di
agire. Come Gesù diceva “CHI VEDE ME, VEDE IL PADRE”; ciascuno
di noi dovrebbe poter dire: “CHI VEDE ME, VEDE GESU’”. Ma un
serio esame di coscienza ci lascia confusi perché ci scorgiamo
peccatori, per cui dobbiamo far risuonare nel nostro cuore la voce di
San Pietro che ci ripete: “PENTITEVI DEI VOSTRI PECCATI”.
Dobbiamo pentirci non solo del male
commesso, ma anche del bene omesso: noi, infatti, spesso non
facciamo il bene che pur potremmo e dovremmo fare.
Nella seconda lettura bblica San Pietro
ci suggerisce la pratica di una grande virtù. Ci esorta, cioè, a
non scoraggiarci se facendo del bene incontriamo la sofferenza perché
gli altri non ci capiscono e ci criticano. In ciò Gesù ci lasciò
un grande esempio e noi dobbiamo seguire le sue orme: Egli non
commise peccato, nella sua bocca non si trovò inganno. Malgrado ciò
Gesù fu oltraggiato. Ma quando era oltraggiato Gesù non rispondeva
con oltraggi; quando lo facevano soffrire non minacciava vendetta.
Egli affidò la sua causa a Dio Padre che giudica con giustuzia; e
Dio Padre lo glorificò RISUSCITANDOLO DAI MORTI. Come Gesù,
dunque, dobbiamo saper soffrire in silenzio gli oltraggi che
riceviamo, non dobbiamo meditare vendetta, ma con umiltà e fiducia
dobbiamo affidare la nostra causa a Dio sommamente giusto, e Dio, a
suo tempo, ci glorificherà.
Passiamo al brano evangelico dedicato A
GESU’ BUON PASTORE.
Ogni sera i pasrori della Palestina
raccoglievano i loro greggi in un grande ovile comune, sorvegliato,
durante la notte, da custodi, per impedire che i ladri o le bestie
feroci approfittassero delle tenebre per compiere furti o stragi. La
mattina, molto per tempo, i pastori si presentavano alla porta
dell’ovile che veniva aperta. Ogni pastore faceva sentire
distintamente la sua voce: i greggi, allora, uscivano e si portavano
là dove la voce del pastore li chiamava. Le pecore obbedivano solo
alla voce del proprio pastore, e non solo non seguivano la voce di un
estraneo, ma anche fuggivano da lui. Applicando a Sè e a noi il
paragone, Gesù ci dice: “IO SONO IL BUON PASTORE E VOI LE MIE
PECORELLE. PER VOI DONO LA MIA VITA”.
Nel mondo turbinoso e sconvolto di oggi
dobbiamo riuscire a percepire e a seguire la voce di GESU’ NOSTRO
BUON PASTORE; e non dobbiamo segure la voce di coloro che si
oppongono a Gesù e ci insegnano cose contrarie al vangelo. Non è
difficile riconoscere la voce di Gesù perché Gesù ci parla sempre
di amore, di pace, di concordia; mentre i nemici di Gesù, da Lui
paragonati a ladri e a lupi rapaci ci vogliono infondere solo odio,
guerra, discordia.
Concludiamo l’omelia riascoltando le
parole di Gesù: “IO SONO IL BUON PASTORE, CONOSCO LE MIE PECORE E
LE MIE PECORE CONOSCONO ME”.
Conoscere nel linguaggio biblico
significa amare. Gesù ci ama e ha dedicato la sua vita per noi fino
a sacrificarla sulla croce. Noi dobbiamo amare Gesù e lo amiamo se
come Lui dedichiamo la nostra vita per il bene dei nostri fratelli
fino a sacrificarla per loro, se ciò è necessario.
Sac. Salvatore Paparo
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