Cintano 12 settembre 2010
OMELIA
L'evangelista San Luca, giustamente chiamato "il cantore della misericordia di Dio", nel brano evangelico che abbiamo proclamato ci ha ricordato le tre bellissime parabole che ci permettono di comprendere sempre più e sempre meglio e la nostra misaeria e l'amore misericordioso di Dio verso di noi.
Le suddette parabole iniziano con questa costatazione di fatto: il peccatore si trova in uno stato di disagio e di tristezza come la pecorella smarrita che, sola, vaga per i monti, e che a un certo momento resta prigioniera tra le spine dei rovi che la fanno sanguinare e che la costringono ad emettere belati di dolore e di invocazione di aiuto; il peccatore si trova in uno stato di disagio e di tristezza come il figliolo prodigo che allontanatosi dalla casa paterna, sperpera tutti i suoi soldi, si riduce ad un'estrema miseria, soffre i morsi della fame e rimpiange amaramente il benessere perduto.
Dalla suddetta costazione di fatto, le tre parabole passano a descrivere l'atteggiamento di Dio. Dio è in grande pena per la misera condizione del peccatore e si pone alla sua ricerca per salvarlo. Per questo motivo le parabole paragonano Dio alla donna che ha perduto una moneta: essa accende la lampada, spazza la casa e cerca accuratamente la moneta finchè non la trova. Dio è paragonato anche al buon pastore che non teme di affrontare le difficoltà della montagna per ritrovare e riportare all'ovile la pecorella smarrita. Infine Dio è paragonato al padre del figliolo prodigo che, con il cuore spezzato, resta sul terrazzo della casa, e punta continuamente lontano i suoi occhi, nella speranza, mai spenta, di rivedere e di riabbracciare il suo figliolo traviato.
A questo punto è bene che riascoltiamo le parole che San Paolo ci ha detto nella seconda lettura: "Cristo Gesù venne nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io; io che ero un bestemmiatore, un persecutore, un violento".
Alle premure di Dio, noi peccatori dobbiamo rispondere con la conversione. Il primo passo per convertirci, è riconoscerci peccatori. E qquesto, purtroppo, non è tanto facile: unfatti noi siamo portati ad esagerare le nostre virtù, a scusare i nostri peccati, a crederci dei giusti. E ciò, tate volte, non avviene per cattiveria, ma perchè siamo nel buio, e nel buio la sporcizia non si vede. Da ciò la necessità che con umiltà rivolgiamo a Gesù la medesima supplica che un giorno gli rivolse un cieco: "Signore, fa' che io veda". Come il cieco vedremo, e con San Paolo faremo l'umile confessione: "Il primo dei peccatori sono io".
Per convertirci, però, non basta che ci riconosciamo peccatori. E' necessario anche che mutiamo vita come San Paolo, il quale potè testimoniare di se stesso quanto segue: " Mi è stata usata misericordia, e la grazia del Signore in me non è stata inutile: per Gesù, infatti viaggio continuamente e accetto con gioia le persecuzioni, la fame e la sete; per Gesù predico anche se sono incatenato poichè la parola di Dio non può essere incatenata; per Gesù mi sono lasciato flagellare e lapidare; per Gesù sono ricercato a morte come se fossi un malfattore".
Certo, non posiamo pretendere che la nostra vita sia modellata alla lettera su quella di San Paolo. Tutti noi, però, dobbiamo poter dire con San Paolo: "Mi è stata usata misericordia, e la grazia del Signore in me non è stata inutile", Tutti noi dobbiamo poter affermare con il Salmista: "O Signore, l'osservanza dei tuoi comandamenti costituisce la delizia del mio cuore".
Sac. Salvatore Paparo
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18 set 2010
XXIV DOMENICA per annum C
L’Opera Cenacolo Familiare nasce in “embrione” nel maggio del 1946 in un seminario del Piemonte in seguito all’esperienza spirituale vissuta da don Salvatore Paparo, sacerdote cattolico nato a Cesarò (Messina) il 14 Agosto 1929 e morto a Cintano (To) l'1 febbraio 2015. Entrato nel Piccolo Seminario di Bronte (Catania) all’età di 10 anni, Salvatore matura la sua vocazione sacerdotale. Dopo la scuola media si trasferisce al Seminario Maggiore di Catania, dove rimane per due anni. Desiderando dedicarsi alla missione, l’8 Dicembre del 1945 entra nello studentato dei Padri Maristi a Cavagnolo (Torino). Nel maggio del 1946 si ammala gravemente e i medici disperano di salvarlo. Don Salvatore, invece, guarisce improvvisamente e, mentre si sente “immerso in Dio, luce-calore estasiante”, riceve questo messaggio: “L’umanità va incontro all’Età Aurea del Cristianesimo. Allora il mondo riconoscerà Gesù come unico suo Salvatore e vivrà in modo straordinario un’era di pace e di benessere. Tu sarai l’umile nostro strumento”.
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