OMELIA
La parabola evangelica di oggi esalta l'umiltà e condanna la superbia.
I protagonisti sono tre: Dio, un fariseo e un pubblicano.
Si svolge un vero e proprio processo giudiziario: il giudice è Dio; il fariseo e il pubblicano sono gli imputati e allo stesso tempo i difensori della propria causa.
Per capire l'autodifesa dei due imputati e la sentenza di Dio, dobbiamo tenere presente che il fariseo e il pubblicano sono due colpevoli, due peccatori.
L'autodifesa la inizia il fariseo: "ODio, io sono un uomo giusto e merito i tuoi benefici; gli altri sono tutti peccatori e meritano i tuoi castighi: gli altri, infatti, sono ladri, io rispetto la roba altrui; gli altri pagano malamente i loro operai, io dono la giusta retribuzione ai miei operai; gli altri sono adulteri, io sono fedele alla mia moglie".
L'autodifesa del pubblicano è totalmente opposta a quella del fariseo. Non dice come il fariseo: "O Dio, io sono un uomo giusto e gli altri sono tutti peccatori" ma "Io sono un povero peccatore".
Non dice come il fariseo: "O Dio, io per la mia bontà merito il tuo premio " ma "O Dio, io per i miei peccati merito solo il tuo castigo; ma poichè sei un Dio misericordioso, ti prego di avere pietà di me".
All'autodifesa dei due imputati segue la sentenza di Dio Giudice: "Tu, o fariseo, che hai pensato solo ad accusare gli altri e ad esaltare te stesso, sei colpevole e meriti di essere condannato: sei venuto al tempio peccatore, torni a casa tua peccatore". "Invece tu, o pubblicano, sei assolto perchè hai riconosciuto umilmente i tuoi peccati e perchè giustamente hai avuto fiducia nella mia misericordia che perdona anche i peccati più gravi, non sette volte, ma settanta volte sette. Sei venuto al tempio peccatore, torni a casa tua giustificato".
La parabola, dunque, ci parla molto chiaramente: non dobbiamo imitare il fariseo esaltando noi stessi e disprezzando gli altri; dobbiamo, invece, imitare il pubblicano riconoscendo umilmenmte i nostri peccati e affidandoci alla misericordia di Dio.
Fra coloro che maggiormente hanno capito lo spirito della parabola evangelica di oggi, senza dubbio dobbiamo annoverare Santa Teresa del Bambino Gesù. Nella sua stupenda autobiografia leggiamo questa bella testimonianza: "Non cerco il primo posto, ma l'ultimo; non mi faccio avanti insieme al fariseo, ma, piena di fiducia, ripeto la preghiera umile del pubblicano. Non conto sui miei meriti, non avendone alcuno, ma spero in Gesù che coprendomi dei suoi meriti infinti, mi farà santa".
Seguiamo le orme di Santa Teresa, e come lei, Gesù ci santificherà; come lei, canteremo in eterno le misericordie del Signore.
Sac. Salvatore Paparo
29 ott 2010
XXX DOMENICA durante l'anno C
L’Opera Cenacolo Familiare nasce in “embrione” nel maggio del 1946 in un seminario del Piemonte in seguito all’esperienza spirituale vissuta da don Salvatore Paparo, sacerdote cattolico nato a Cesarò (Messina) il 14 Agosto 1929 e morto a Cintano (To) l'1 febbraio 2015. Entrato nel Piccolo Seminario di Bronte (Catania) all’età di 10 anni, Salvatore matura la sua vocazione sacerdotale. Dopo la scuola media si trasferisce al Seminario Maggiore di Catania, dove rimane per due anni. Desiderando dedicarsi alla missione, l’8 Dicembre del 1945 entra nello studentato dei Padri Maristi a Cavagnolo (Torino). Nel maggio del 1946 si ammala gravemente e i medici disperano di salvarlo. Don Salvatore, invece, guarisce improvvisamente e, mentre si sente “immerso in Dio, luce-calore estasiante”, riceve questo messaggio: “L’umanità va incontro all’Età Aurea del Cristianesimo. Allora il mondo riconoscerà Gesù come unico suo Salvatore e vivrà in modo straordinario un’era di pace e di benessere. Tu sarai l’umile nostro strumento”.
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