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22 ott 2012

FRATELLO PAPA BENEDETTO XVI,

LA CHIESA AFRICANA INVOCA IL CONCILIO

ECUMENICO VATICANO III


Lo fa tramite un articolo scritto dall’Africano AGBONKHIANMEGHE

OROBATOR, pubblicato dalla RIVISTA “ CONCILIUM “ nell’ultimo numero

3/2012, intitolato: “ A CINQUANT’ANNI DAGLI INIZI DEL VATICANO II

(1962-2012). Glielo trascrivo:


  RETROSPETTIVE SUL FUTURO

    Impulsi di trasformazione del Vaticano II

    per il cattolicesimo in Africa

Un resoconto di quanto è successo al concilio Vaticano II riporta alla memoria il termine AGGIORNAMENTO come espressione caratterizzante

“per descrivere quello che il concilio stava facendo”. Rare sono le lingue africane che traducono AGGIORNAMENTO o ne rendono il vario significato nel loro vocabolario. Questa osservazione convalida il parere che il Vaticano II ha scavalcato l’Africa. A giudicare dall’esiguo numero di vescovi indigeni, “la presenza dell’Africa al  Vaticano II è stata marginale e per procura”; così

“l’Africa ha avuto poco effetto sul Vaticano II in sè”. Comprensibilmente, rispetto all’ottimismo  avutosi in Occidente, i cristiani in Africa “non avvertirono la stessa affinità con il concilio”. Paradossalmente, però, gli anni successivi sono stati testimoni di una crescita fenomenale del cattolicesimo africano secondo modalità che “sono diventate possibili solo per i mutamenti iniziati dal concilio”. Il Vaticano II ha generato impulsi  di grande rilievo non per l’aggiornamento o il rinnovamento – dato che la chiesa in Africa era ancora “una comunità neonata che cercava di trovare il suo posto in un continemte in rapida evoluzione” - , ma per la crescita del cattolicesimo in Africa.


                          I/   CONTESTO STORICO

Al momento della storica convocazione del Vaticano II da parte di Giovanni XXIII, l’Africa era trasportata in un vortice di turbolenza storica, rivoluzione politica e trasformazione religiosa. Tre eventi illustrano l’impeto di questo mulinello. In primo luogo, in reazione al colonialismo oppressivo europeo che “si era spartito ampie fette di Africa” al servizio degli interessi economici e politici occidentali, l’Africa sta esperimentando un’effervescenza di nazionalismo e di emancipazione politica. Non diversamente dalle chiese africane, nuove nazioni stavano emergendo dalle brace morenti del colonialismo. In secondo luogo, allo stesso modo, la teologia africana stava tracciando e definendo i contorni della propria identità, anche se di un ordine diverso, nel contesto delle culture e delle religioni indigene. In terzo luogo, direttamente correlato al secondo fattore, le chiese in Africa stavano interrogando i loro “progenitori” in vista di acquisire autonomia, individualità e fiducia in se stesse. Questi eventi storici definiscono il contesto in cui si collocano gli impulsi generati dal Vaticano II per la missione e la natura della chiesa in Africa, la crescita del cattolicesimo africano, lo sviluppo della teologia africana e l’inculturazione del cattolicesimo in Africa.

 

                            II/   ECCLESIOLOGIA, TEOLOGIA, INCULTURAZIONE E

                                   CATTOLICESIMO IN AFRICA A PARTIRE DAL

                                   VATICANO II

 

Laurenti Magesa ha osservato che “forse la conseguenza più importante del Vaticano II per il cattlicesimo africano è stata la convocazione nel 1994 dell’assemblea speciale del sinodo dei vescovi per l’Africa, o sinodo africano, quasi tre decenni dopo la chiusura del concilio”. Poco meno di cinquant’anni dopo, un secondo sinodo africano avrebbe avuto luogo a Roma. Un tale  combinarsi di assemblee sinodali conferma la maturazione e la fiducia in se stesso acquisite del cattolicesimo africano. E’ caratteristico vedere questo sviluppo rappresentato da dati demografici e statistici che indicano una crescita esponenziale del cattolicesimo africano da poco più del 9% della popolazione nel 1910, fino al 63% nel 2010. La vitalità del cattolicesimo in Africa a partire dal Vaticano II è quantificabile non solo dal punto di vista numerico, ma molto di più nei termini della sua posizione di controparte critica nella Terza chiesa e di principale attore nella formazione della cristianità del futuro. Le questione che il cattolicesimo africano pone sul tavolo sollecitano le categorie tradizionali e aprono nuove direzioni dell’AGGIORNAMENTO del Vaticano II.

Dopo il Vaticano II la chiesa in Africa ha scoperto il suo ruolo pubblico, la sua vocazione e missione nel campo socio-economico e politico. Questa consapevolezza si mostra nei risultati del secondo sinodo africano (2009), che ha identificato la chiesa in Africa come agente di riconciliazione, giustizia e pace. Un processo simile si è verificato nell’autocomprensione teologica della chiesa. Il primo sinodo africano contestualizzò l’ecclesiologia conciliare del “popolo di Dio” in termini di “famiglia di Dio”, intesa come il nuovo modo di essere chiesa in Africa. Va detto che “per la chiesa africana l’idea di “popolo di Dio” non fu realmente nuova. Le persone non avevano mai conosciuto altro nella loro esperienza”. Piuttosto, uno degli impulsi del Vaticano II rimasto inadempiuto è la possibilità per la chiesa africana di perdere la propria dipendenza dalla chiesa occidentale per quel che riguarda il sostentamento materiale e finaziario. La mancanza di progressi compiuti in questi settori indica che “la chiesa cattolica in Africa è chiaramente sotto amminisrazione coloniale”.

La teologia africana è emersa in circostanze difficili. Il dibattito in merito al principio, alla necessità e alla validità di “una teologia di tinta africana (une theologie de couleur africaine) “ è antecedente al concilio, ma i decreti del Vaticano II stessi, aperti all’esterno, naturalmente diedero un nuovo impulso a questo movimento… “. Alla vigilia del concilio, i teologi eurocentrici negarono che la teologia africana fosse una branca legittima del sapere teologico. Le cose sarebbe cambiate quando, in primo luogo, sulla scia “AD GENTES”, Paolo VI lanciò alla chiesa africana un appello, un sonoro invito. “POTETE E DOVETE AVERE UN CRISTIANESIMO AFRICANO”, e, in secondo luogo,, Giovanni Paolo II ha usato pubblicamente l’espressione “teologia africana” il9 aprile1985.

L’emergere e lo sviluppo della teologia africana è avvenuto nel contesto della religione africana. Anche se il Vaticano II non la cita per nome, in virtù della dichiarazione sulle relazioni della chiesa con le religioni non cristiane, NOSTRA AETATE, il concilio “aprì uno spiraglio alla possibilità di considerare la religione africana come interlocutrice”. Ciò implicava il riconoscimento di tradizioni religiose africane come contesto valido per l’attività salvifica del Cristo risorto e come terreno fertile per l’impianto della chiesa di Cristo (NA 2s;

AG 6; LG 16). In questo senso “l’apertura del Vaticano II e la tolleranza verso diverse culture e religioni può essere il suo contributo più importante alla chiesa in Africa”.

Alla luce di quanto detto, l’inculturazione rappresenta uno degli IMPUT del Vaticano II per la crescita del cattolicesimo e lo sviluppo della teologia in Africa.

Sebbene SACROSANCTUM CONCILUM inizialmente sia stata interpretata e confinata all’adeguamento dei simboli e delle pratiche liturgiche, con il tempo ha finito per essere intesa come una trasformazione radicale dell’intera vita della chiesa alla luce del vangelo. Il concilio ha sollecitato la creatività e le sperimentazioni liturgiche vicino “alle qualità e alle doti d’animo” delle culture africane (SC 37). Abbondiamo di riti liturgici che impiegano ricchi simbolismi delle culture e delle tradizioni religiose africane. Nondimeno, ci sono tentativi di imporre dei limiti alla portata dell’idea di Paolo VI di un cristianesimo africano e, quindi, di invertire il movimento della creatività liturgica e del rinnovamento stimolato dal Vaticano II. Il controllo ecclesiastico e burocratico significa che, nel tabellone segnapunti, il punteggio dell’inculturazione liturgica “rimane insignificante”. Secondo Magesa, “oggi, a causa della sistematica centralizzazione romana dopo il fenomeno centrifugo guidato dal Vaticano II, anche solo il presentare a Roma una iniziativa di questo tipo sta diventando sempre più difficile: molti vescovi hanno paura o vergogna di farlo”.  

 

              III/  VATICANO  III :”GUARDARE INTREPIDAMENTE

                                                       AL FUTURO”

 

Sul Vaticano II la memoria teologica d’Africa è scarsa, concisa e priva di avvenimenti importanti. Nonostante il giudizio appassionato di Rhaner, che ha definito il concilio Vaticano II come “primo raduno dell’episcopato mondiale”, la storia mostra che in questo “concilio della chiesa mondiale”, “solo sporadiche voci si sono fatte sentire dall’Africa”. In gran parte espatriato, l’episcopato africano ha trattato “solo questioni interne alle proprie chiese, liturgiche e soprattutto canonico-disciplinari”. Negli anni successivi, quando la fusione fino ad allora indiscussa fra cristianesimo e occidente è collassata, nuove voci vibranti e dinamiche sono emerse al di fuori delle ENCLAVE storiche tradizionali del cristianesimo.

Lo spostarsi a sud del cattolicesimo mondiale significa che “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce”(GS 1) del cattolicesimo africano non sono più periferiche rispetto al cattolicesimo mondiale. Il primo delinea un nuovo contesto ecclesiale che genera una coscienza acuta di nuove preoccupazioni e sfide, come per esempio la partecipazione delle donne al ministero e alla guida ecclesiale; il luogo delle “gioie e delle speranze… dei poveri e di tutti coloro che soffrono” nell’ambito missiologico della chiesa globale; la crescente minaccia dell’islam militante; la globalizzazione e le conseguenze che ne derivano di natura culturale, economica e politica; la ricerca di autonomia ecclesiale; le rivalità etniche, la corruzione sistemica e i flussi multidirezionali dei migranti e dei rifugiati. Per rispondere a tali sfide e offrire delle risposte credibili a queste domande, la chiesa africana non ha solo bisogno di “volgersi al comcilio per cercare una guida” ma - cosa più importante – guarda a un terzo concilio Vaticano futuro, guidato dalla terza Chiesa, per generare “una nuova Pentecoste” di rinnovamento e di aggiornamento della chiesa mondiale”

 
NEL SIGNORE GESU’   R I S O R T O,

UNICO SALVATORE DEL MONDO.

 

Sac. Salvatore Paparo

 

 

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