GIOVEDI SANTO
28 MARZO 2013
OMELIA
Gesù iniziò l’Ultima Cena con un gesto che, in un primo momento, suscitò meraviglia nel cuore degli Apostoli. Come l’ultimo dei servi, Gesù, il Maestro e il Signore, si inginocchiò e lavò i piedi ai suoi discepoli. Era un gesto simbolico che esprimeva il comportamento pratico tenuto in tutta la sua vita da Gesù, e da Lui varie volte messo in rilievo con queste parole: “ IO NON SONO VENUTO IN QUESTO MONDO PER ESSERE SERVITO, MA PER SERVIRE E DARE LA MIA VITA PER TUTTI“. Servire significa dare qualcosa di sé agli altri. Il massimo servizio che si può fare è il dono di tutto se stesso, il dono della propria vita a vantaggio degli altri. Era quanto Gesù si accingeva a fare: Egli, infatti, stava per affrontare la sua passione e la sua morte per noi; passione e morte che avrebbero fruttificato la sua e la nostra gloriosa RISURREZIONE. Questo mistero di Passione, Morte e RISURREZIONE, Gesù lo volle perpetuare nella Santa Messa che istituì proprio NELL’ULTIMA CENA:
“ PRENDETE E MANGIATE: QUESTO E’ IL MIO CORPO OFFERTO
PER VOI “ “ PRENDETE E BEVETE: QUESTO E’ IL MIO SANGUE
SPARSO PER VOI “ “ FATE QUESTO IN MEMORIA DI ME “.
Ricevere l’Eucarestia significa amare Gesù; significa dire grazie a Gesù per il suo eroico gesto d’amore compiuto per noi; significa, infine, imparare da Gesù a servire gli altri. Pertanto Gesù giustamente ci ripete adesso quanto ha detto agli Apostoli subito dopo la lavanda dei piedi: “ SE IO, IL MAESTRO E IL SIGNORE, HO AGITO COSI’; ANCHE VOI, MIEI DISCEPOLI, DOVETE AGIRE COMO HO AGITO IO “ VOI COME ME NON SIETE VENUTI IN QUESTO MONDO PER ESSERE SERVITI MA PER SERVIRE E DARE LA VITA PER LA SALVEZZA DI TUTTI”. Nessuno di noi può esimersi dal servire gli altri, dal mettersi a disposizione degli altri, dall’andare incontro ai bisogni degli altri. Dobbiamo notare, però, che non siamo chiamati a servire gli altri tutti allo stesso modo: ciascuno di noi, infatti, ha ricevuto dei doni particolari da Dio; ed è con questi nostri doni che dobbiamo servire gli altri, e non con i doni che hanno ricevuto gli altri; così come ad esempio la mano non può pretendere di servire il corpo intero come lo serve l’occhio; e viceversa, l’occhio non può pretendere di servire tutto il corpo come lo serve la mano. Se non teniamo presente questo, corriamo il rischio di misurare gli altri con noi stessi; e se essi non fanno il bene che facciamo noi facilmente li critichiamo e li condanniamo. In altre parole corriamo il rischio di diventare farisei. Il fariseo ha lenti di ingrandimento per esagerare la portata del bene che fa; ed ha occhiali oscuri per non vedere il bene che fanno gli altri. Il nostro servizio invece deve essere UMILE : “QUANDO FAI IL BENE – ci ammonisce Gesù – LA TUA DESTRA NON SAPPIA CIO’ CHE FA LA TUA SINISTRA; QUANDO FAI IL BENE- continua Gesù – NON SUONARE LA TROMBA PER ATTIRARE SU DI TE LA LODE UMANA, MA AGISCI PER DARE GLORIA AL PADRE CELESTE, DATORE DI OGNI BENE”. Sottolineiamo, infine, la necessità che noi partecipiamo alla Santa Messa e al Banchetto Eucaristico. Sant’Agostino si rivolgeva così a Gesù: “Gesù, quando io mangio il pane e bevo il vino materiali, muto il pane e il vino nella mia carne e nel mio sangue; invece, quando io mangio il tuo corpo e bevo il tuo sangue, non sono io che muto te in me, ma sei Tu che muti me in Te”.
Proprio così: facendo la Comunione Eucaristica Gesù ci rende sempre più simili a Sé; e noi riusciamo ad imitare sempre più la sua vita fino a raggiungere l’alta vetta raggiunta dall’Apostolo Paolo e ad affermare come lui:
“LA MIA VITA E’ CRISTO. NON SONO PIU’ IO CHE VIVO, MA E’ CRISTO CHE VIVE IN ME”.
Sac. Salvatore Paparo
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