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10 apr 2013

Ai lettori


Per i lettori e le lettrici del blog dell’Opera Cenacolo Familiare
trascrivo un articolo di Giacomo Galeazzi, pubblicato nel quotidiano
torinese la “STAMPA” lunedi 8 aprile 2013

IL PAPA: I VESCOVI ELEGGANO
PRESIDENTE E SEGRETARIO

FINORA I DUE INCARICHI ALLA CEI SONO SEMPRE STATI
DI NOMINA PONTEFICIA

Modificare lo statuto della Cei per porre fine a una storica anomalia e consentirle di eleggere il presidente e il segretario generale. Attualmente quello dei vescovi italiani è l’unico caso al mondo in cui i primi due scranni di una conferenza episcopale sono decisi direttamente dal Pontefice.
Nell’ambito di una maggiore collegialità, Francesco sta studiando la possibilità di equiparare l’episcopato italiano al resto del pianeta. Il Papa è Primate d’Italia e vescovo di Roma e per questo finora il mandato quinquennale della Conferenza episcopale italiana non è stato elettivo ma di nomina pontificia.
In genere (ma non esistono obblighi ufficiali) la designazione è preceduta da passaggi informali come le consultazioni all’interno delle sedici conferenze regionali, ma l’indicazione resta a totale discrezione del Pontefice. Un’anomalia appunto rispetto a tutte le altre conferenze nazionali del pianeta, dove i vescovi eleggono i loro rappresentanti che non necessariamente sono già cardinali o accedono alla porpora, come dimostrano, per esempio, l’attuale presidenza di Zollitsch in Germania o in passato quella di Gregori negli Usa. In due soli casi i vescovi non votano il loro leader e cioè in Belgio (in quanto “ex officio”) è presidente l’arcivescovo di Brxselles) e tra i presuli latini dei paesi arabi dove il rulo spetta sempreal patriarca latino di Gerusalemme in carica. Però anche due uniche eccezioni, l’episcopato elegge comunque “il numero due”, mentre in Italia pure il segretario generale  è scelto dal Papa. Nel piano generale di riordino delle conferenze episcopali, Francesco sta valutando una possibilità che muterebbe lo scenario: attribuire ai vescovi italiani la facoltà di indicare i loro vertici. “Sono necessari variazioni di norme e precedure, però non esistono insormontabili impedimenti canonici”, sottolineano in Curia. Le conferenze episcopali non hanno base teologica, come è invece per i singoli vescovi, ma solo una base pratica, concreta. La riforma studiata da Francesco prevede un crescente coinvolgimento degli episcopati nazionali nel governo della Chiesa universale e una maggiore collegialità nelle decisioni. In quest’ottica, il diritto papale di nomina del presidente e del segretario generale della Cei contrasta con la sua impostazione ecclesiologica.
Il mese prossimo Bergoglio parteciperà in Vaticano all’assemblea dei vescovi italiani ed esporrà linee-guida che scaturiscono dalla lunga esperienza in quegli organismi di rappresentanza dell’episcopato sudamericano nei quali peraltro ha collaborato con uno dei suoi attuali interlocutori per l’Italia: l’arcivescovo di Taranto, Filippo Santoro, fino a due anni fa presule missionario in America Latina. L’ipotesi di rendere elettiva la guida della Cei era già stata presa in considerazione, e poi accantonata, durante il pontificato di Wojtyla. Bertoglio è stato eletto presidente della conferenza argentina. Il suo predecessore Quarracino la aveva indivuato come possibile sostituto perché tra gli ausiliari di Buenos Aires era il più amato dei preti. Il supo maestro tra i gesuiti, padre Juan Carlos Scannone lo ricorda all’Osservatore Romano come “uomo d’orchestra”.
Dunque, aggiunge, “ non gli tremeranno i polsi nel fare riforme all’interno della Chiesa “, però “non lo farà di colpo, in fondo ha una discendenza italiana, vieme da piemontesi, per cui farà tutto molto diplomaticamente, saprà fare le riforme senza traumi, senza urti”. Cancellare il “diritto d’investitura” della Cei appare coorente col ”Bergoglio style”.

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