Carissima M. ,
é veramente bello e gioioso avere degli amici come lei, con i quali condividere serenamente anche i momenti difficili.
Cerco di esporle i fatti di questi ultimi giorni.
Don A. B., amministratore della parrocchia di Cintano da diciotto mesi, durante questo lungo periodo di tempo, non mi ha fatto neppure una visita per dirmi come intendeva esercitare il suo ufficio. Giovedi scorso, 5 agosto, festa del Santuario, me lo vedo arrivare in sacrestia, con aspetto da arrabbiato e senza salutarmi. Concelebriamo in tre: don S., don A. e io. Ho trascorso il tempo della messa con una enorme sofferenza interiore. Immediatamente prima di arrivare al momento dello scambio di un segno di pace, la voce interiore, la guida sicura di tutta la mia vita, mi ha ordinato di lasciare il Santuario e di rincasare. Ho ubbidito subito e mi è tornata una profonda pace nel cuore.
Domenica scorsa, 8 agosto, ancora festa del Santuario, mentre in sacrestia mi vestivo per la celebrazione della messa, arriva di nuovo don A. B. Arrabbiato mi dice: "Il parroco sono io, la messa la celebro io, e farò io la predica". Con una sicurezza e con una forza particolari, ho reagito deciso: " Io me ne vado". E lui: " Se te ne vai, sarà per l'ultima volta. Non entrerai più in questo Santuario".
Sono andato a casa. Mi hanno telefonato i Cintanesi: evidentemente erano tutti dalla mia parte. Mi hanno anche invitato a tornare al Santuario. Sempre seguendo la mia voce interiore ho dato loro ragione. E' venuto a prendermi in macchina Tonino di Franchina. Sono rientrato nel Santuario dalla porta d'ingresso. Ho chiesto ai cantori una sedia e mi sono seduto presso l'affresco della Madonna, deciso a rimanere lì fino alla fine della messa. Don A. , visibilmente scosso, leggeva le letture bibliche. Si è voltato verso di me e mi ha fatto un gesto con la mano per dirmi: "Vatti a vestire". Ho ubbidito. Al mio rientro don A. mi ha detto: "Fa' la predica e il resto". Conclusa la predica, tutta l'assemblea mi ha applauidito. Ha applaudito anche don A.
Dopo la processione c'è stato un rinfresco, offerto dalle priore della festa. Si è fermato anche don A. e ha parlato con la gente. Io, prima di andarmene, l'ho salutato, stringendogli la mano. Ci siamo scambiati un sorriso.
Carissima M., io non so quale sarà il mio immediato futuro. Sono, però, certo di una cosa: LA MADONNA STA PREPARANDO GRANDI COSE PER ME E PER L'OPERA CENACOLO FAMILIARE.
Carissima M., le buone notizie sulla vostra salute, mi rallegrano.
Un forte abbraccio a lei, ad A. e alle vostre splendide figliole.
Don Paparo.
11 ago 2010
Carissima M.
L’Opera Cenacolo Familiare nasce in “embrione” nel maggio del 1946 in un seminario del Piemonte in seguito all’esperienza spirituale vissuta da don Salvatore Paparo, sacerdote cattolico nato a Cesarò (Messina) il 14 Agosto 1929 e morto a Cintano (To) l'1 febbraio 2015. Entrato nel Piccolo Seminario di Bronte (Catania) all’età di 10 anni, Salvatore matura la sua vocazione sacerdotale. Dopo la scuola media si trasferisce al Seminario Maggiore di Catania, dove rimane per due anni. Desiderando dedicarsi alla missione, l’8 Dicembre del 1945 entra nello studentato dei Padri Maristi a Cavagnolo (Torino). Nel maggio del 1946 si ammala gravemente e i medici disperano di salvarlo. Don Salvatore, invece, guarisce improvvisamente e, mentre si sente “immerso in Dio, luce-calore estasiante”, riceve questo messaggio: “L’umanità va incontro all’Età Aurea del Cristianesimo. Allora il mondo riconoscerà Gesù come unico suo Salvatore e vivrà in modo straordinario un’era di pace e di benessere. Tu sarai l’umile nostro strumento”.
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