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27 ago 2010

XXI DOMENICA per annum C Cintano 22 agosto 2010

OMELIA

Gesù nella sua qualità di Maestro veniva spesso interrogato sui principali problemi riguardanti noi uomini. Tanti, ad esempio, gli domandavano: " Maestro, che cosa debbo fare per ottenere la vita eterna?" "Maestro, qual è il principale comandamento di Dio?". 
Il vangelo di oggi ci parla di un tale che domandò a Gesù: "Signore, sono pochi coloro che si salvano?".
In questo caso Gesù non rispose direttamente alla domanda dell'interrogante, ma rivolgendosi a tutti i presenti, li mise in guardia a non entrare per la porta della perdizione che è larga e quindi facile; e li invitò ad entrare piuttosto per la porta della salvezza, anche se è stretta e quindi difficile. Come vedete, Gesù ci dice apertamente che in questa terra non ci sono riservate solo rose, ossia solo gioie; ma anche spine pungenti e dolorose come quelle che incoronarono il suo sacrosanto capo durante la passione.
E' un prezzo che dobbiamo saper pagare se vogliamo raggiungere il Paradiso.
I cristiani che per assecondare le loro passioni, rifiutano il sacrificio e non osservano i comandamenti di Dio, non potranno essere cittadini del Cielo. Questi cristiani, ci dice Gesù, dopo la morte troveranno chiusa la porta del Cielo. Invano busseranno alla porta, supplicando: "Signore, Signore, aprici". Dio risponderà loro: "Non vi conosco". Ancora invano essi replicheranno: "Ma sì, Signore, che ci conosci. Noi siamo cristiani, siamo stati battezzati nella tale parrocchia, abbiamo pregato insieme, abbiamo partecipato al banchetto eucaristico".
Allora Dio sentenzierà: "Vi ripeto, non vi conosco: voi siete operatori di iniquità. Allontanatevi da me, e andate nel luogo tenebroso dove c'è pianto e stridor di denti".

L'insegnamento di Gesù è, quindi, molto chiaro: per salvarsi, non basta essere cristiani, ma bisogna vivere da cristiani.

A questo punto siamo in grado di comprendere l'atteggiamento di Dio nei nostri confronti se, disgraziatamente, seguiamo la via del peccato. Nella seconda lettura abbiamo letto: "Figlio mio, non disprezzare la correzione del Signore, e non ti perdere d'animo quando sei ripreso da Lui, perchè il Signore corregge colui che Egli ama, e sferza chiunque riconosce come figlio. E' per la vostra correzione che voi soffrite. Dio vi tratta come figli; e qual è il figlio che non è corretto dal padre? Ogni correzione, sul momento, non sembra causa di gioia ma di tristezza; dopo, però, arreca un frutto di pace e di giustizia a quelli che si sono esercitati in essa".

Se vogliamo essere saggi, petanto, dobbiamo convincerci che se Dio Padre qualche volta ci visita con il dolore, non lo fa per castigarci, ma perchè ci vuole bene, e desidera che ci convertiamo dal peccato per raggiungere la meta del Paradiso.

Sac. Salvatore Paparo

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