OMELIA
Un giorno Gesù fu invitato ad un pramzo. Entrato nella sala, notò immediatamente due stonature di grande rilievo: la prima riguardava gli invitati, la seconda il capo dei Fraisei che aveva organizzato il convito. Notò cioè che gli invitati gareggiavano per occupare i primi posti; e notò che il padrone di casa aveva esteso l'invito solo a persone ricche. Gesù rimproverò sia gli invitati sia il padrone di casa. Agli invitati disse di non cercare i primi posti perchè chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato. Al padrone di casa rivolse questo severo rimprovero: "Hai fatto molto male ad invitare solo i ricchi per ottenere lode e contraccambio. In seguito invita soprattutto i poveri: essi, è vero, non potranno contraccambiarti, ma riveverai una grande ricompensa alla risurrezione dei giusti".
Gesù, dunque, condanna severamente la superbia, la vanagloria e l'agire interessato; raccomanda l'umiltà, la retta intenzione e l'agire disinteressato.
La superbia è odiosa sia dinanzi agli occhi di Dio, sia dinanzi agli occhi degli uomini. Eppure tutti, chi più chi meno, siamo dominati da essa. San Bernardo si esprime così:
Siamo dominati dalla superbia della mente e del cuore per cui pensiamo soddisfatti solo a moi e alle nostre virtù vere o presunte tali.
Siamo dominati dalla superbia della bocca per cui parliamo bene solo di noi e delle nostre cose, mentre degli altri e delle loro cose sappiamo solo criticare.
Siamo dominati dalla superbia dell'azione per cui cerchiamo il primo posto e faciamo ik bene per essere lodati.
La conseguenzza della superbia ce la indica Gesù: "Dio umilia i superbi". Ciò forse l'abbiamo sperimentato nel nostro piccolo. L'umiliazione dei superbi, però, è costatata, soprattutto, in persone che hanno avuto un grande influsso nella storia umana. Basta citare due casi clamorosi:
Alessandro Magno e Napoleone Bonaparte.
Alessandro Magno si faceva chiamare IMMORTALE. Colpito, però, da una freccia nemica, mentre moriva dissanguato, capì finalmente la stoltezza della sua superbia, ed esclamò: "Tutti mi chiamano immortale; ma questa ferita e questo sangue gridano altamente che anch'io sono mortale".
Napoleone Bonaparte si credeva un dio dominatore del mondo e onnipotente. Non temette neppure la scomunica del papa; anzi ridicolizzò lo stesso papa: "La tua scomunica, gli disse, non farà cadere le armi dalle mani dei miei soldati". Il Signore lo prese in parola: nel 1812, durante la disastrosa ritira dalla Russia, per l'intenso freddo, le armi caddero realmente dalle mani dei suoi soldati. E lui finì, ingloriosamente, esiliato nell'isola di Sant'Elena.
Dio, dunque, umilia i superbi, umilia coloro che si credono qualcosa, mentre siamo tutti nulla.
Vediamo, adesso, come Dio tratta coloro che agiscono per vanagloria; ossia coloro che fanno il bene per farsi lodare dagli altri. Dio considera il bene da loro fatto come se non l'avessero fatto; e non dona loro alcuna ricompensa nè in questo, nè nell'altro mondo. Dice, infatti Gesù: "Guardate dal fare il bene per essere ammirati dagli uomini, altrimenti non riceverete alcuna ricompensa dal Padre vostro che è nei Cieli. Coloro che agiscono per essere onorati dagli uomini hanno già ricevuto la loro ricompensa".
Dobbiamo aggiungere che la ricompensa degli uomini è una misera cosa: lì per lì ci lodano; ma ben presto mutano la lode in disprezzo. E ciò solo perchè hanno notato in noi un piccolo difetto vero o presunto tale; oppure perchè altri hanno parlato male di noi, magari calunniandoci.
Siamo, dunque, saggi: certo, il bene dobbiamo farlo, dobbiamo aiutare il nostro prosimo bisognoso del nostro aiuto, scorgendo in lui lo stesso Gesù sofferente. Il bene che facciamo, però, non dobbiamo sbandierarlo ai quattro venti. Dobbiamo, invece, tenerlo nascosto, il più possibile.
E il Padre nostro celeste che vede nel segreto, ce ne darà la ricompensa.
Sac. Salvatore Paparo
27 ago 2010
XXII DOMENICA per annum C Cintano 29 agosto 2010
L’Opera Cenacolo Familiare nasce in “embrione” nel maggio del 1946 in un seminario del Piemonte in seguito all’esperienza spirituale vissuta da don Salvatore Paparo, sacerdote cattolico nato a Cesarò (Messina) il 14 Agosto 1929 e morto a Cintano (To) l'1 febbraio 2015. Entrato nel Piccolo Seminario di Bronte (Catania) all’età di 10 anni, Salvatore matura la sua vocazione sacerdotale. Dopo la scuola media si trasferisce al Seminario Maggiore di Catania, dove rimane per due anni. Desiderando dedicarsi alla missione, l’8 Dicembre del 1945 entra nello studentato dei Padri Maristi a Cavagnolo (Torino). Nel maggio del 1946 si ammala gravemente e i medici disperano di salvarlo. Don Salvatore, invece, guarisce improvvisamente e, mentre si sente “immerso in Dio, luce-calore estasiante”, riceve questo messaggio: “L’umanità va incontro all’Età Aurea del Cristianesimo. Allora il mondo riconoscerà Gesù come unico suo Salvatore e vivrà in modo straordinario un’era di pace e di benessere. Tu sarai l’umile nostro strumento”.
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