OMELIA
Gesù iniziò l'Ultima Cena con un gesto che, in un primo momento, suscitò sconcerto nel cuore degli Apostoli. Come l'ultimo dei servi, Lui, il Maestro e il Signore, si inginocchiò e lavò i piedi ai suoi discepoli. Era un gesto simbolico che esprimeva il comportamento pratico tenuto in tutta la sua vita da Gesù, e da Lui varie volte messo in rilievo con queste parole: "IO NON SONO VENUTO IN QUESTO MONDO PER ESSERE SERVITO, MA PER SERVIRE E DARE LA MIA VITA PER TUTTI". Servire significa dare qualcosa di sè agli altri. Il massimo servizio che si può fare è offrire la propria vita a vantaggio degli altri. E' quanto Gesù si accingeva a fare: Egli stava per affrontare la sua Passione e la sua Morte per noi; Passione e Morte che avrebbero fruttificato la sua e la nostra GLORIOSA RISURREZIONE. Questo mistero di passione, di morte e di RISURREZIONE, Gesù lo volle perpetuare istituendo la Santa Messa durante l'Ultima Cena:
"PRENDETE E MANGIATE: QUESTO E' IL MIO CORPO OFFERTO PER VOI". "PRENDETE E BEVETE: QUESTO E' IL MIO SANGUE SPARSO PER VOI". "FATE QUESTO IN MEMORIA DI ME".
Ricevere l'Eucarestia significa amare Gesù; dire grazie a Gesù per il suo eroico gesto compiuto per noi: significa, infine, imparare da Gesù a servire gli altri. Il Giovedi Santo ci deve fare riflettere seriamente perchè, purtroppo, anzichè vivere per gli altri, spesso viviamo solo per noi, o tutt'al più, anche per la nostra famiglia. Pertanto, Gesù giustamente ci ripete: "SE IO IL MAESTRO E IL SIGNORE HO AGITO COSI'; ANCHE VOI MIEI DISCEPOLI DOVETE AGIRE COME HO AGITO IO" VOI COME ME NON SIETE VENUTI IN QUESTO MONDO PER ESSERE SERVITI, MA PER SERVIRE E DARE LA VOSTRA VITA PER GLI ALTRI".
Nessuno di noi può esimersi dal servire gli altri, dal mettersi a disposizione degli altri, dall'andare incontro ai bisogni degli altri. Dobbiamo notare, però, che non siamo chiamati a servire gli altri tutti allo stesso modo: ciascuno di noi, infatti, ha i suoi doni ricevuti da Dio, ed è con questi nostri doni ricevuti da Dio, che dobbiamo servire gli altri,; non con i doni che gli altri hanno ricevuto da Dio; così come, ad esempio, la mano non può pretendere di servire l'intero corpo come lo serve l'occhio: e. viceversa, l'occhio non può pretendere di servire l'intero corpo come lo serve la mano. Se non teniamo presente questo, corriamo il rischio di misurare gli altri con noi stessi, e se essi non fanno il bene che facciamo noi, facilmente li critichiamo e li disprezziamo. In altre parole, facilmente cadiamo nel fariseismo. Il fariseo agisce con superbia: ha lenti di ingrandimento per esagerare la portata del bene che fa; ed ha occhiali oscuri per non vedere il bene che fanno gli altri. Il nostro servizio, invece, deve essere UMILE: "QUANDO FAI IL BENE, ci ammonisce Gesù, LA TUA DESTRA NON SAPPIA QUELLO CHE FA LA TUA SINISTRA; QUANDO FAI IL BENE, NON SUONARE LA TROMBA PER ATTIRARE SU DI TE LA LODE UMANA, MA AGISCI PER LA GLORIA DEL PADRE CELESTE, DATORE DI OGNI BENE".
A questo punto sottolineamo la necessità che abbiamo di partecipare alla Santa Messa e al Banchetto Eucaristico. Sant'Agostino si rivolgeva così a Gesù: "QUANDO IO MANGIO IL PANE E BEVO IL VINO MATERIALI, MUTO IL PANE E IL VINO NELLA MIA CARNE E NEL MIO SANGUE; INVECE, QUANDO IO MANGIO LA TUA CARNE E BEVO IL TUO SANGUE, NON SONO IO CHE MUTO TE IN ME, MA SEI TU CHE MUTI ME IN TE".
Proprio così: facendo la Comunione Eucaristica, Gesù ci trasforma, ci rende sempre più simili a SE'. E poichè Gesù è amore che si dona agli altri per togliere le loro sofferenze e per comunicare loro la sua felicità; anche noi, facendo la Comunione Eucaristica, diventiamo sempre più amore e sempre più ci doniamo agli altri per togliere le loro sofferenze e comunicare loro la felicità.
21 apr 2011
GIOVEDI SANTO 2011
L’Opera Cenacolo Familiare nasce in “embrione” nel maggio del 1946 in un seminario del Piemonte in seguito all’esperienza spirituale vissuta da don Salvatore Paparo, sacerdote cattolico nato a Cesarò (Messina) il 14 Agosto 1929 e morto a Cintano (To) l'1 febbraio 2015. Entrato nel Piccolo Seminario di Bronte (Catania) all’età di 10 anni, Salvatore matura la sua vocazione sacerdotale. Dopo la scuola media si trasferisce al Seminario Maggiore di Catania, dove rimane per due anni. Desiderando dedicarsi alla missione, l’8 Dicembre del 1945 entra nello studentato dei Padri Maristi a Cavagnolo (Torino). Nel maggio del 1946 si ammala gravemente e i medici disperano di salvarlo. Don Salvatore, invece, guarisce improvvisamente e, mentre si sente “immerso in Dio, luce-calore estasiante”, riceve questo messaggio: “L’umanità va incontro all’Età Aurea del Cristianesimo. Allora il mondo riconoscerà Gesù come unico suo Salvatore e vivrà in modo straordinario un’era di pace e di benessere. Tu sarai l’umile nostro strumento”.
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