SOLENNITA’ DELLA PENTECOSTE
19 MAGGIO 2013
OMELIA
Anticamente gli uomini credevano che il mondo fosse piatto, pensavano che il cielo fosse una calotta solida sostenuta all’orizzonte dalla terra, infine erano convinti che Dio abitasse al di là della calotta celeste.
E’ necessario tenere presenti queste concezioni degli antichi per capire il racconto biblico della “Torre di Babele” che, a sua volta, ci offre la comprensione della Solennità odierna della Pentecoste.
Gli uomini, ci dice l’autore sacro della Genesi, vivevano tutti insieme, parlavano una sola lingua ed erano uniti. Un giorno, però, decisero di dare la scalata al cielo fabbricando, con mattoni, una larghisima e altissima torre. Così, pensavano, sarebbero stati potenti come Dio e nello stesso luogo di Dio. Ma, mentre si affaticavano per portare a termine la pazzesca impresa, Dio confuse le loro lingue sicchè, non comprendendosi più, furono costretti ad interrompere il lavoro, si divisero e si dispersero in tutto il mondo.
L’insegnamento che l’autore sacro ci vuole impartire è evidente. In primo luogo ci dice che il peccatore è un orgoglioso perché si vuole sostituire a Dio: si sente tanto autosufficiente che nella costruzione della sua vita pensa di poter fare a meno di Dio e decide di non osservare i suoi comandamenti. Anche se non lo dice esplicitamente, almeno implicitamente, afferma: “Tu, o Dio, non ti devi impicciare della mia vita; so io ciò che devo fare; so io ciò che mi è utile e ciò che mi è dannoso”. Oltre che essere un orgoglioso perché si vuole sostituire a Dio, il peccatore è anche un egoista che cerca solo il suo benessere senza badare, anzi calpestando spesso i diritti altrui. Pensiamo, ad esempio, ai ladri, agli omicidi, ai ricchi epuloni che lasciano morire di fame tanti poveri lazzari.
Da quanto abbiamo detto deduciamo che il peccatore usa un linguaggio di divisione: si divide da Dio e dagli altri uomini, creando così un mondo di guerra, un mondo di uomini che si dilaniano gli uni gli altri.
Questa era la situazione di duemila anni fa, al momento in cui Gesù, il Figlio di Dio fattosi uomo, venne per abitare in mezzo a noi. La Pentecoste ci diede un messaggio di salvezza da questo disastro. Ma seguiamo i fatti: gli Apostoli, secondo il comando di Gesù, dopo l’Ascensione, si ritirarono nel Cenacolo per pregare con Maria, la Madre di Gesù. Dopo dieci giorni di intensa preghiera, verso le nove del mattino, il Cenacolo fu scosso come da un vento di tempesta, e su ciascuna testa dei presenti comparve una lingua di fuoco. Era lo Spirito Santo che prendeva possesso degli Apostoli. Gli Apostoli, allora, infiammati di amore, dominati da una forza insopprimibile, uscirono dal Cenacolo, andarono nella piazza di Gerusalemme e, con ardore, annunziaromo le meraviglie di Dio. Fra
l’altro, dissero: “Fratelli, Cristo Gesù che voi avete crocifisso, Dio lo ha risuscitato. Se volete essere salvi, convertitevi e fatevi battezzare nel nome di Gesù”.
Duemila anni fa, la mattina della Pentecoste si verificò un sorprendente miracolo: in quel periodo, in Gerusalemme si trovavano numerose persone provenienti da ogni nazione per le solennità pasquali. Ebbene, GLI APOSTOLI PARLAVANO SOLO IN ARAMAICO, MA TUTTI I PRESENTI ASCOLTAVANO LE LORO PAROLE NELLA PROPRIA LINGUA NATIA.
Lo Spirito Santo fece questo miracolo per dirci che da quel momento s’iniziava un’ inversione di marcia: ai tempi della Torre di Babele gli uomini prima parlavano una sola lingua ed erano uniti. Dopo il peccato di orgoglio incominciarono a parlare diverse lingue e si divisero. Lo Spirito Santo, invece, nel giorno della Pentecoste trovò gli uomini divisi, ma si fece capire da tutti parlando una sola lingua per mezzo degli Apostoli. Questa sola lingua è la lingua dell’amore; il linguaggio dell’amore è capito da tutti, distrugge le divisioni ed unisce i cuori.
Se diamo uno sguardo al mondo di oggi tanto diviso, dominato da tante guerre fratricide e da tante sofferenze che ci causiamo reciprocamente, corriamo il rischio di guardare al futuro con pessimismo. Noi cristiani, però, non possiamo essere pessimisti; noi cristiani dobbiamo essere uomini e donne di speranza.
Certo, con realtà e con tristezza, dobbiamo costatare l’esistenza di tanto male nel mondo; ma nello stesso tempo, con l’occhio della fede, dobbiamo saper scoprire l’immenso bene che esiste e che prepara un mondo migliore. I tanti dolori da cui siamo afflitti non dobbiamo considerarli come dolori di agonia che ci condannano alla morte, ma come dolori che generano vita, come dolori che presto partoriranno LA PACE MONDIALE MESSIANICA PROFETIZZATA DAGLI ANGELI SULLA GROTTA DI BETLEM:
“PACE IN TERRA AGLI UOMINI CHE DIO AMA”.
Sac. Salvatore Paparo
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