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2 dic 2010

UNO SPAZIO SENZA DOMINAZIONE MASCHILE

Dal libro " GESU' " ( Un approccio storico ) di
Josè Antonio Pagola

La sua esperienza di Dio Padre, difensore degli ultimi, e la fede nella venuta del suo regno portano Gesù a comportarsi in maniera tale che il suo operato mette in crisi costumi, tradizioni e pratiche che opprimevano la donna. Gesù non può sopprimere l'opprimente carattere patriarcale di quella società. E' semplicemente impossibile. Tuttavia, egli introduce delle basi nuove e un attteggiamento in grado di "depatriarcalizzare" la società: nessuno può, in nome di Dio, difendere o giustificare nè la prepotenza degli uomini nè l'assoggettamento delle donne al loro potere patriarcale.. Gesù sovverte tutto promuovendo dei rapporti fondati sul fatto che tutte le persone, donne e uomini, sono create e amate da Dio: egli le accoglie nel suo regno come figli e figlie di uguale dignità. Gesù vede tutti come persone ugualmente responsabili davanti a Dio. Non parla mai a nessuno partendo dalla sua funzione di uomo o di donna; in lui non è possibile trovare esortazioni che concretizzino i doveri degli uomini da un lato e i doveri delle donne dall'altro, come è normale tra i rabbini giudei e come avverrà anche nelle prime comunità cristiane, quando verranno regolamentati i doveri domestici dell'uomo e soprattutto della donna. Gesù chiama tutti, donne e uomini, a vivere come figli e figlie del Padre, senza proporre una sorta di "seconda morale" più specifica ed esclusiva per donne  e per uomini.
A far soffrire le donne, probabilmente, non è tanto il fatto di vivere al servizio del marito e dei figli, ma soprattutto quello di sapere che, in qualunque momento, il marito può ripudiarle abbandonandole alla loro sorte. Questo diritto dell'uomo si basa niente di meno che sulla legge: "Se risulta che la donna non trova grazia ai suoi occhi, perchè scopre in lei qualcosa che non le piace, redigerà per lei un atto di ripudio, glielo metterà in mano e la scaccerà da casa" (Deuteronomio 24,1). Già prima della nascita di Gesù, gli esperti della legge discutevano vivacemente sul modo di interpretare queste parole. Secondo i seguaci di Shammai, si poteva ripudiare la moglie soltanto in caso di adulterio; secondo la scuola di Hillel, era sufficiente trovare nella moglie "qualcosa di sgradito", per esempio che aveva lasciato bruciare il pasto. A quanto sembra, ai tempi di Gesù era questa la tendenza che si andava affermando. Più tardi, Rabbi Aqiba avrebbe fatto un passo ulteriore: per ripudiare la moglie è sufficiente che al marito piaccia di più un'altra donna. Mentre gli uomini dotti discutevano, le donne non potevano alzare la voce per difendere i loro diritti.
In un qualche momento, la questione arrivò fino a Gesù: "Può il marito ripudiare la moglie?". La domanda è totalmente maschilista, in quanto la donna non aveva alcuna possibilità di ripudiare il marito. Con la sua risposta, Gesù sorprende tutti. Le donne che lo ascoltano non riecono a crederci. Secondo lui, se nella legge vi è il ripudio, ciò si deve "alla durezza di cuore" degli uomini e al loro atteggiamento maschilista, ma il progetto originario di Dio non era quello di un matrimono patriarcale. Dio ha creato l'uomo e la donna perchè siano "una sola carne", come persone chiamate a condividere il loro amore, la loro intimità e la loro intera vita in comunione totale. Per questo "quel che Dio ha unito l'uomo non lo separi". Ancora una volta Gesù prende posizione in favore delle vittime, mettendo fine al privilegio degli uomini di ripudiare le moglie a loro capriccio ed esigendo per le donne una vita più sicura, degna e stabile. Dio non vuole strutture che generino la superiorità dell'uomo e la soggezione della donna; nel regno di Dio esse dovranno scomparire. Questo è appunto quanto Gesù promuove all'interno di quella "nuova famiglia" che sta formando con i suoi seguaci a servizio del regno di Dio. Una famiglia non patriarcale, dove tutti sono fratelli e sorelle; una comunità senza dominazione maschile e senza gerarchie stabilite dall'uomo. Un movimento di seguaci in cui non vi è "padre". Soltanto quello del cielo. Non sappiamo dove nè quando sia avvenuto; le fonti cristiane hanno conservato un episodio significativo della vita di Gesù. Dopo aver rotto con la sua famiglia, Gesù si trova circondato da un gruppo di seguaci seduti in cerchio intorno a lui. , formando con lui un gruppo ben definito: donne e umini seduti, senza alcuna superiorità degli uni sugli altri, tutti all'ascolto della sua parola, e tutti ricercando insieme la volntà di Dio. Improvvisamente, Gesù viene avvertito che sua madre e i suoi fratelli sono arrivati con l'intenzione di portarselo via, perchè pensano che sia pazzo. Rimangono "fuori" forse per non mescolarsi con quello strano gruppo che circonda il loro parente. Guardando intorno a sè, com'era forse sua abitudine, e contemplando coloro che ormai considera la sua nuova famiglia, Gesù reagisce così: "Ecco mia madre e i miei fartelli. Chi compie la volontà di Dio, quello è mio fratello, mia sorella e mia madre". In questa nuova famiglia dei suoi seguaci non vi sono padri. Soltanto quello del cielo; nessuno deve stare "al suo posto"; nel regno di Dio non è possibile riprodurre i rapporti patriarcali. Tutti devono sedersi in cerchio intorno a Gesù, rinunciando al potere e al dominio sugli altri per vivere al servizio dei più deboli e indifesi. Gesù ripete le stesse cose iu un'altra occasione. I discepoli hanno lasciato la loro casa, e hanno lasciato anche fratelli, sorelle, padri, madri e figli, hanno abbandonato le terre, che erano la loro fonte di sussistenza, il lavoro e la sicurezza. Sono rimasti senza nessuno e senza nulla. Cosa riceveranno? Ecco la preoccupazione di Pietro, ed ecco la risposta di Gesù: "Nessuno rimarrà senza ricevere il cento per uno: ora, al presente, case, fratelli, sorelle, madri, figli e campi... e nel mondo futuro vita eterna".
I seguaci di Gesù troveranno un nuovo focolare e una nuova famiglia. Cento fratelli e sorelle, cento madri! Però non troveranno "padri". Nessuno eserciterà su di loro un'autorità dominante. Deve scomparire il "padre" inteso in maniera patriarcale: uomo dominatore, padrone che si impone dal di sopra, signore che tiene soggetti la moglie e i figli. Nella nuova famiglia di Gesù tutti condividono vita e amore fraterno. Gli uomini perdono potere, le donne acquistano dignità. Per accogliere il regno del Padre bisogna andar creando uno spazio di vita fraterna, senza dominazione maschile.
Un'altra fonte cristiana ci ha fornito anche delle parole con cui Gesù offre una giustificazione di questa "assenza di padre" nel suo movimento. E' un testo fortemente anti-gerarchico, in cui chiede ai suoi seguaci di non diventare un gruppo diretto da sapienti "rabbini", da "padri" autoritari, o da "dirigenti" innalzati al di sopra degli altri: "Voi non lasciatevi chiamare rabbì, perchè uno solo è il vostro Maestro, e voi siete fratelli. E non chiamate nessuno "padre"  vostro sulla terra, perchè uno solo è vostro Padre: quello del cielo. Non lasciatevi neppure chiamare "direttori" perchè uno solo è il vostro Direttore: il Cristo". Nessuno può chiamarsi nè essere "padre" nella comunità di Gesù. Soltanto Dio. Gesù lo chiama "Padre" non per legittimare strutture patriarcali di potere sulla terra, ma appunto per impedire che, fra i suoi, qualcuno pretenda di rivendicare "autorità di padre", riservata esclusivamente a Dio. Quando il potere patriarcale scompare, fanno la loro comparsa i bambini. Insieme con le donne, essi sono i più deboli e piccoli della famiglia, i meno potenti e i più bisognosi di amore. Secondo Gesù, essi devono stare al centro nel regno di Dio.Nella società giudaica, i bambini erano segno della benedizione di Dio, ma diventavano importanti soltanto quando raggiungevano l'età per adempiere la legge e prendere parte al mondo degli adulti. Le bambine non erano imprtanti mai, finchè non avevano figli, cioè potenziali uomini.
Gesù suggerirà ai suoi discepoli un mondo nuovo e diverso. Secondo un racconto ripreso da Marco, i discepoli maschi stanno discutendo sulla ripartizione di poteri e autorità.  Gesù compirà un gesto eclatante perchè si stampi bene in loro come egli intenda la sua comunità di seguaci: l'importante non è essere il primo o il più grande, bensì vivere conme l'ultimo, al servizio di tutti:"Se qualcuno vuole essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti". Poi Gesù prende un bambino e lo mette nel mezzo del gruppo come segno di utorità. Lo stringe con affetto fra le braccia, come se volesse regalargli la sua autorità stessa. I discepoli non sanno cosa pensare di tutto ciò. Gesù lo spiega con poche parole: " Chi riceve un bambino come questo in mio nome, riceve me; e chi riceve me, non riceve me, bensì colui che mi ha mandato". Nel movimento di Gesù ad avere autorità sono i bambini, nella loro piccolezza; sono i più importanti e devono occupare il centro, perchè sono i più bisognosi di cura e di amore. Gli altri, i grandi e i potenti, cominciano a diventare importanti quando si mettono al servizio dei piccoli e dei deboli.
Il pensiero di Gesù appare con maggiore chiarezza anche in un'altra scena. Vengono presentati a Gesù alcuni bambini e bambine: se è un uomo di Dio contagerà loro qualcosa della sua forza e del suo spirito. I discepoli, che vogliono comandare e imporre la loro autorità, cercano di impedire che essi si accostino a Gesù. La sua reazione è immediata; irritato respinge l'operato  dei suoi discepoli: "Lasciate che i bambini vengano da me, non glielo impedite, perchè di chi è come loro è il regno di Dio. Vi assicuro che chi non riceverà il regno di Dio come un bambino, non vi entrerà". In seguito ripete un suo gesto molto particolare. Abbraccia bambini e bambine con affetto, comunicando loro la sua vita e ricevendo da loro tenerrezza e gioia. Impone su di loro le mani affinchè crescano e vivano sani: li benedice come il Creatore benediceva tutto all'inizio della vita. Il movimento di Gesù, che prepara e anticipa il regno di Dio, non deve essere un gruppo diretto da uomini forti che si impongono agli altri dal di sopra; deve essere piuttosto una comunità di "bambini" che non s'impongono a nessuno, entrano nel regno soltanto perchè hanno bisogno di cura e di amore. Una comunità dove vi sono uomini e donne che, sullo stile di Gesù, sanno abbraciare, benedire e curare i più deboli e piccoli. Nel regno di Dio, la vita non si diffonde in base all'imposizione dei grandi, benzì partendo dall'accoglienza dei piccoli. Dove essi diventano il centro della vita, là sta giungendo il regno di Dio. Fu questa, probabilmente, una delle grandi intuizioni di Gesù.

Josè Antonio Pagola

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