Nel tuo articolo comparso nel blog Rai Vaticano il 21 marzo 2011, intitolato "Ottaviani, un difensore della Chiesa", fra l'altro leggo:
"Nel 1947 Pio XII lo volle pro Prefetto del Sant'Uffizio dove, prima della riforma voluta da Paolo VI nel 1965, era prefetto lo stesso Papa. Spesso si dice che il Concilio aperto da Giovanni XXIII in realtà era stato voluto dallo stesso Pio XII che nessuno certo poteva accusare di modernismo.
In realtà le cose non stanno proprio così. E' vero che Papa Pacelli voleva indire un Concilio: infatti, il 4 marzo del 1948, chiamò in gran segreto il cardinale Ottaviani per costituire una Commissione preparatoria per un eventuale prossimo Concilio ecumenico. Non " per aprirsi al mondo", come poi fu deciso da Giovanni XXIII, ma, al contrario, per ridefinire i vari punti della dottrina cristiana minacciati dalla "Nouvelle Theologie".
Purtroppo, man mano che i lavori proseguivano, cominciarono a nasecre le prime divergenze che ben presto diventarono insanabili, anche a livello personale. Erano i prodromi di ciò che sarebbe successo di lì a qualche anno, con le assise del vaticano II. Davanti a questo spettacolo inammissibile, lo stesso Pacelli, sotto consiglio dello stesso Ottaviani, decise di chiudere questa esperienza preparatoria per il Concilio, comprendendo il pericolo che si poteva innescare. Passeranno pochissimi anni e i timori di Ottaviani si manifestarono nel 1958, quando Giovanni XXIII volle indire il Concilio Vaticano II. Momenti vissuti dal nostro cardinale con grande apprensione e assai lontano dall'ottimismo di papa Giovanni XXIII "Il Concilio che inizia sorge nella Chiesa come un giorno fulgente di luce splendidissima - dichiarò nel discorso d'apertura papa Roncalli - E' appena l'aurora: ma come già toccano soavemente i nostri animi i primi raggi del sole sorgente! Tutto qui spira santità, suscita esultanza".
Uomo schietto e concreto, Ottaviani definì il Concilio più che "una nuova aurora per l'umanità, una lunga notte per la Chiesa". Nel suo diario, il cardinale scriveva, nell'estate del 1965, pochi mesi prima della chiusura dei lavori conciliari con grande amarezza: " Prego Dio di farmi morire prima della fine di questo Concilio, così almeno muoio cattolico". Parole dure che disegna la visione che egli aveva dell'avventura del Concilio. Oggi, a quasi cinquant'anni da quegli eventi, ognuno, dal suo punto di vista, può serenamente valutarne i frutti senza inutili barriere ideologiche. Per descrivere gli anni di quel Concilio e l'opera di Ottaviani e dei cardinali a lui fedeli contro le fughe in avanti dei cattolici progressisti, non basterebbe un libro".
Fratello Antonello, lungi da me giudicare il cardinale Ottaviani "Colui che giudica è solo il Signore" , ma non posso condividere i suoi giudizi negativi sul grande Papa Giovanni XXIII e sul Concilio Ecumenico Vaticano II. Io sono con il Papa Giovanni e con il Concilio da lui voluto. Ti confermo la mia convinzione facendo mio quanto ha detto l'arcivescovo Loris Francesco Capovilla nella Basilica di Sant'Eufemia, il 27 ottobre 2009, nella sua conversazione intitolata: "TANTUM AURORA EST":
" Padre Rouquette, dopo un'ampia disamina di dati biografici e estermazioni variamente modulate, sigillava il suo lungo e e ben strutturato saggio con alcune pennellate che vogliono attenta riflessione:
"Tale era l'uomo semplice e complesso allo stesso tempo, tradizionale INNOVATORE suo malgrado. Sin dal suo primo apparire, la sua figura divenne leggendaria e dopo la sua morte s'è creato un mito che abbiamo tentato di decifrare. Dopo tutto il mito non è ingannevole. Esso traduce la verità in immagini d'Epinal piene e forti, senza mezze tinte. Crediamo che Giovanni XXIII era un uomo di Dio, umile, buono, semplice, unicamente desideroso di servire Cristo, la Chiesa e l'umanità. Nonostante la pompa barocca del vaticano, egli ha trovato spontaneamente, senza averla cercata, la strada del cuore degli uomini di oggi. La sua morte ha provocato dolore in tutto il mondo e una venerazione straordinaria. Per valutarla basta citare l'elogio che gli ha riservato il giornale anglicano Church Times all'indomani della morte:
"Le bandiere al vento, dappertutto, a metà mattina di martedi 4 giugno erano il segno di qualcosa di molto più profondo del lutto convenzionale per la dipartita di un capo di stato sovrano e amico. La morte di Angelo Giuseppe Roncalli, Giovanni XXIII, papa di Roma, è stata l'occasione di dolore autentico, ben al di là delle frontiere della comunione ecclesiale da lui presieduta con tanto successo. Certo l'età avanzata comporta che non ci sarebbe posto adesso per le lacrime, ma piuttosto per una profonda gratitudine, a motivo dell'azione senza pari da lui svolta nella lunga storia del papato. Il solo dispiacere è che quest'uomo buono non abbia potuto vedere il pieno compimento del suo servizio incomparabile non solo per Roma, ma per tutta la cristianità. Poichè la storia ricorderà certamente il breve regno di papa Giovanni (egli accettò coraggiosamente l'elezione nell'età in cui la maggior parte degli uomni è in pensione da lungo tempo) per il suo contributo all'incremento di carità tra fratelli cristiani separati. Ci sono altre grandi opere a suo credito. Egli ha dimostrato che un pontefice può interessarsi, in maniera calda e personale, agli uomni comuni e alle loro sofferenze. Si deve a lui il rimarcabile tentativo di forare le barriere che hanno separato la Chiesa romana dai paesi dell'Est Europa. Ma la sua opera suprema, nel corso del grande concilio che egli ha riunito e grazie all'accoglienza fatta ai laeders cristiani di altre chiese e comunità venuti a visitarlo, è stato il suo incoraggiamento sincero, pieno di amore per gli sforzi finalizzati a guarire le divisioni secolari del Corpo di Cristo. Il popolo ha ben motivo di essere grato a questo vero e fedele servitore dei servi del Signore. Milioni di innumerevoli uomini questa mattina uniscono le loro preghiere a quelle dei fratelli cattolici romani, perchè Papa Giovanni, uomo di Dio, che era uomo del popolo, possa riposare nella pace di Cristo, che è suo e loro Signore".
Sac. Salvatore Paparo
29 mar 2011
INVITO A RIFLETTERE RIVOLTO AL FRATELLO ANTONELLO CANNAROZZO
L’Opera Cenacolo Familiare nasce in “embrione” nel maggio del 1946 in un seminario del Piemonte in seguito all’esperienza spirituale vissuta da don Salvatore Paparo, sacerdote cattolico nato a Cesarò (Messina) il 14 Agosto 1929 e morto a Cintano (To) l'1 febbraio 2015. Entrato nel Piccolo Seminario di Bronte (Catania) all’età di 10 anni, Salvatore matura la sua vocazione sacerdotale. Dopo la scuola media si trasferisce al Seminario Maggiore di Catania, dove rimane per due anni. Desiderando dedicarsi alla missione, l’8 Dicembre del 1945 entra nello studentato dei Padri Maristi a Cavagnolo (Torino). Nel maggio del 1946 si ammala gravemente e i medici disperano di salvarlo. Don Salvatore, invece, guarisce improvvisamente e, mentre si sente “immerso in Dio, luce-calore estasiante”, riceve questo messaggio: “L’umanità va incontro all’Età Aurea del Cristianesimo. Allora il mondo riconoscerà Gesù come unico suo Salvatore e vivrà in modo straordinario un’era di pace e di benessere. Tu sarai l’umile nostro strumento”.
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