13 set 2013
XXIV domenica per annum
15 settembre 2013 C
OMELIA
L’evangelista San Luca, giustamente riconosciuto come il cantore della Misericordia di Dio, nel brano evangelico che abbiamo proclamato ci ha ricordato le tre bellissime parabole che ci permettono di comprendere sempre meglio l’amore misericordioso di Dio verso di noi.
Le suddette parabole iniziano con questa costatazione di fatto: il peccatore si trova in uno stato di disagio e di tristezza come la pecorella smarrita che, sola, vaga per i monti e che ad un certo punto resta impigliata tra le spine dei rovi che la fanno sanguinare e la costringono ad emettere dei belati di dolore e di invocazione di aiuto; il peccatore si trova in uno stato di disagio e di tristezza come il figliolo prodigo che, allontanatosi dalla casa paterna, sperpera tutti i suoi soldi, si riduce ad una estrema miseria, soffre i morsi della fame e rimpiange amaramente il benessere perduto.
Dalla suddetta costatazione di fatto le tre parabole passano a descrivere l’amore misericordioso di Dio che tutto mette in azione per distruggere il nostro peccato e la nostra tristezza: scorgiamo Gesù alla nostra ricerca come quella donna che non va a prendere sonno fino a quando non ritrova la sua dramma perduta; scorgiamo Gesù, Buon Pastore, che non teme le fatiche della montagna pur di riportare all’ovile la pecorella smarrita; scorgiamo Gesù nel padre che spesso sale sulla terrazza della sua casa e punta lontano i suoi occhi nella speranza mai spenta di rivedere e di riabbracciare il suo figliolo traviato.
Dinanzi a Gesù che ci cerca per ritrovarci dobbiamo assumere l’atteggiamento dell’Apostolo Paolo che scrisse così al vescovo Timoteo: “Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io, io che ero un bestemmiatore, un persecutore, un violento”. Per poterci dire veramente convertiti, però, non è sufficiente riconoscerci peccatori; è necessario anche mutare vita come San Paolo che potè testimoniare di sé quanto segue: “ Mi è stata usata misericordia e la grazia del Signore nostro in me non è stata inutile: per Gesù, infatti, viaggio continuamente, accetto con gioia le persecuzioni, la
la fame e la sete; per Gesù predico anche se sono incatenato perché la parola di Dio non può essere incatenata; per Gesù mi sono lasciato flagellare e lapidare; per Gesù sono ricercato a morte come se fossi un malfattore”. La nostra conversione, dunque, deve portare i suoi frutti pratici. Certo, non possiamo pretendere che la nostra vita sia modellata su quella di San Paolo. Infatti, le situazioni di vita in cui noi viviamo sono molto differenti da quelle in cui visse San Paolo. Tutti, però, dobbiamo agire in modo da poter affermare come lui: “Mi è stata usata misericordia, e la grazia de Signore in me non è stata inutile: non è stata inutile perché sento bisogno di pregare e durante la giornata parlo spesso con il Signore; non è stata inutile perché sono un convinto praticante;
perché dinanzi ai poveri, ai bisognosi e ai sofferenti sento viva compassione per loro e cerco, secondo le mie possibilità, di sollevare le loro sofferenze; non è stata inutile perché stimo tutte le persone e non mi permetto di giudicarle e di condannarle; non è stata inutile perché quando sono offeso o danneggiato non cerco la vendetta, ma imito Gesù che perdonò i suoi stessi crocifissori, scusandoli: “Padre, perdona loro pechè non sanno quello che fanno”.
Concludo ripetendo quanto San Paolo ci ha detto nella seconda lettura sulla sua conversione: “Mi è stata usata misericordia perché agivo per ignoranza, lontano dalla fede, e così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù”.
Sac. Salvatore Paparo
L’Opera Cenacolo Familiare nasce in “embrione” nel maggio del 1946 in un seminario del Piemonte in seguito all’esperienza spirituale vissuta da don Salvatore Paparo, sacerdote cattolico nato a Cesarò (Messina) il 14 Agosto 1929 e morto a Cintano (To) l'1 febbraio 2015. Entrato nel Piccolo Seminario di Bronte (Catania) all’età di 10 anni, Salvatore matura la sua vocazione sacerdotale. Dopo la scuola media si trasferisce al Seminario Maggiore di Catania, dove rimane per due anni. Desiderando dedicarsi alla missione, l’8 Dicembre del 1945 entra nello studentato dei Padri Maristi a Cavagnolo (Torino). Nel maggio del 1946 si ammala gravemente e i medici disperano di salvarlo. Don Salvatore, invece, guarisce improvvisamente e, mentre si sente “immerso in Dio, luce-calore estasiante”, riceve questo messaggio: “L’umanità va incontro all’Età Aurea del Cristianesimo. Allora il mondo riconoscerà Gesù come unico suo Salvatore e vivrà in modo straordinario un’era di pace e di benessere. Tu sarai l’umile nostro strumento”.
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