23 set 2013
XXV DOMENICA PER ANNUM C
22 settembre 2013
OMELIA
Oggi Gesù e il profeta Amos ci parlano dei pericoli della ricchezza.
Nell’ottavo secolo prima della nascita di Gesù, la Palestina viveva una vita agricola ed era travagliata da una grave disuguaglianza sociale ed economica:
da una parte c’erano i ricchi che diventavano sempre più ricchi sfruttando i poveri; e dall’altra parte c’erano i poveri che diventavano sempre più poveri perchè sfruttati dai ricchi.
Il profeta Amos, in nome di Dio, rimproverò severamente i ricchi, ed in modo particolare i commercianti disonesti. Denunziò anche la loro falsa religiosità e disse loro: “Sì, è vero che in giorno di festa non aprite il negozio per osservare il riposo sabatico prescritto dalla Legge di Mosè; sì, è vero, voi la festa andate a pregare nella sinagoga; ma Dio non può gradire questa vostra religiosità perché, trascorsa la festa, vendete il grano scadente, aumentate i prezzi ingiustamente,
falsificate le bilance. Non solo, ma la vostra ingordigia arriva al punto da prendere in pegno i poveri che non possono pagare quanto hanno acquistato e poi non vi vergognate di venderli come schiavi”.
La parabola di Gesù che San Luca ci ha ricordato nel brano evangelico, abitualmente viene denominata “La parabola dell’amministratore disonesto. Ma più precisamente dovrebbe chiamarsi “La parabola dell’amministratore furbo”. Gesù, infatti, pone in rilievo l’abilità con cui l’amministratore ha saputo liberarsi dai suoi guai; e il padrone loda l’amministratore perchè aveva agito con scaltrezza. In verità, l’operato dell’amministratore fu molto scaltro: diminuendo i debiti di grano e di olio, si fece degli amici tra i debitori del suo padrone, i quali, una volta licenziato, lo accolsero nella loro casa e così si salvò dalla miseria.
La parabola sulla quale stiamo riflettendo, ci impartisce una grande lezione:
ci ricorda che noi non siamo i proprietari di quanto possediamo ma solo gli amministratori. Il padrone è Dio e a Lui un giorno dovremo rendere conto della nostra amministrazione. Per quanto riguarda il denaro che abbiamo, la volontà di Dio è che tratteniamo per noi solo la quantità di cui necessitiamo per vivere una vita dignitosa. Tutto il resto non appartiene a noi, ma ai poveri. Ad essi dobbiamo ditribuirlo perché siano sempre più meno poveri e, possibilmente, vincano del tutto la loro povertà.
Sac. Salvatore Paparo
L’Opera Cenacolo Familiare nasce in “embrione” nel maggio del 1946 in un seminario del Piemonte in seguito all’esperienza spirituale vissuta da don Salvatore Paparo, sacerdote cattolico nato a Cesarò (Messina) il 14 Agosto 1929 e morto a Cintano (To) l'1 febbraio 2015. Entrato nel Piccolo Seminario di Bronte (Catania) all’età di 10 anni, Salvatore matura la sua vocazione sacerdotale. Dopo la scuola media si trasferisce al Seminario Maggiore di Catania, dove rimane per due anni. Desiderando dedicarsi alla missione, l’8 Dicembre del 1945 entra nello studentato dei Padri Maristi a Cavagnolo (Torino). Nel maggio del 1946 si ammala gravemente e i medici disperano di salvarlo. Don Salvatore, invece, guarisce improvvisamente e, mentre si sente “immerso in Dio, luce-calore estasiante”, riceve questo messaggio: “L’umanità va incontro all’Età Aurea del Cristianesimo. Allora il mondo riconoscerà Gesù come unico suo Salvatore e vivrà in modo straordinario un’era di pace e di benessere. Tu sarai l’umile nostro strumento”.
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