28 ott 2013
XXX DOMENICA PER ANNUM C
“ CHIUNQUE SI ESALTA SARA’ UMILIATO,
CHI INVECE SI UMILIA SARA’ ESALTATO “
XXX DOMENICA PER ANNUM C
27 OTTOBRE 2013
OMELIA
Lo scopo che Gesù si è prefisso nel raccontarci la parabola del fariseo e del pubblicano, ce lo indica san Luca: la parabola, ci dice l’evangelista, è diretta a coloro che si credono giusti e disprezzano gli altri.
Un fariseo e un pubblicano vanno al tempio per pregare ossia per intavolare una conversazione con Dio. Innediatamente emerge il diverso comportamento dei due protagonisti: il fariseo vede la sua vita cosparsa solo di virtù e di opere buone; al contrario vede la vita degli altri, compresa quella del pubblicano presente , cosparsa solo di vizi e di opere malvage per cui, logicamente, si rivolge così a Dio: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini ladri, ingiusti, adulteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte la settimana e pago le decime di tutto quello che posseggo”.
L’atteggiamento del pubblicano è molto diverso da quello del fariseo: egli riconosce i suoi peccati, se ne pente e invoca il perdono di Dio.
La nostra riflessione deve partire da questa costatazione: il fariseo e il pubblicano sono tutti e due peccatori: se il fariseo si ritiene giusto e il pubblicano riconosce di essere peccatore è perché il fariseo è superbo ed il pubblicano è umile. Il superbo vive nelle tenebre e non riesce a vedere i propri peccati, mentre negli altri scorge solo peccati; negli altri arriva, addirittura, a vedere il male dove c’è il bene. Per esempio arriva ad accusare di vanagloria chi generosamente si sacrifica per aiutare il prossimo bisognoso. Di lui afferma: “Fa del bene non per aiutare i bisognosi, ma per procurarsi stima e lode”.
L’umile agisce in modo radicalmente diverso dal modo di agire dell’orgoglioso: scorge la gravità del suo peccato e si affida alla misericordia di Dio: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Dobbiamo aggiungere che l’umile scusa i peccati degli altri, e se qualche volta è tentato di giudicare duramente l’operato del prossimo, immediatamente torna nel giusto binario, ricordandosi delle severe parole della Sacra Scrittura: “O uomo, chi ti ha eletto a giudice del tuo fratello? Colui che giudica è solo il Signore! Tu vedi solo le apparenze, Dio scruta i cuori”.
Gesù conclude così la parabola: “Il pubblicano a differenza del fariseo, tornò a casa sua giustificato” In altre parole: il pubblicano andò al tempio da peccatore e tornò a casa sua purificato; il fariseo andò al tempio da peccatore, e tornò a casa sua ancora peccatore”. Tenendo presente ciò, lasciamo docilmente cadere nel nostro cuore il monito conclusivo di Gesù: “CHIUNQUE SI ESALTA SARA’ UMILIATO, CHI INVECE SI UMILIA SARA’ ESALTATO”.
Sac. Salvatore Paparo
L’Opera Cenacolo Familiare nasce in “embrione” nel maggio del 1946 in un seminario del Piemonte in seguito all’esperienza spirituale vissuta da don Salvatore Paparo, sacerdote cattolico nato a Cesarò (Messina) il 14 Agosto 1929 e morto a Cintano (To) l'1 febbraio 2015. Entrato nel Piccolo Seminario di Bronte (Catania) all’età di 10 anni, Salvatore matura la sua vocazione sacerdotale. Dopo la scuola media si trasferisce al Seminario Maggiore di Catania, dove rimane per due anni. Desiderando dedicarsi alla missione, l’8 Dicembre del 1945 entra nello studentato dei Padri Maristi a Cavagnolo (Torino). Nel maggio del 1946 si ammala gravemente e i medici disperano di salvarlo. Don Salvatore, invece, guarisce improvvisamente e, mentre si sente “immerso in Dio, luce-calore estasiante”, riceve questo messaggio: “L’umanità va incontro all’Età Aurea del Cristianesimo. Allora il mondo riconoscerà Gesù come unico suo Salvatore e vivrà in modo straordinario un’era di pace e di benessere. Tu sarai l’umile nostro strumento”.
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