Carissimi CINTANESI,
vi distribuisco la lettera che il nostro amatissimo e stimatissimo vescovo Mons. Luigi Bettazzi ha scritto ai vescovi italiani in occasione della loro Assemblea del corrente anno 2008. Mons. Bettazzi è stato nostro GRANDE PASTORE per ben trentatreanni dal 1966 al 1999. Egli ha sempre difeso il rispetto della persona altrui; ha rispettato le convinzioni degli altri perché ciascuno di noi deve attuare la sua vita secondo le sue convinzioni. Mons. Luigi Bettazzi, ubbidendo al messaggio evangelico, si è sempre battuto perché GLI ULTIMI, COLORO CHE SOFFRONO LA FAME, COLORO CHE INGIUSTAMENTE SONO DOMINATI E SFRUTTATI DAL POTERE POLITICO E RELIGIOSO, SIANO LIBERATI. Dio vuole che tutti gli uomini stiano bene, siano felici. Dio ha fornito il mondo di enormi ricchezze perché tutti siano felici e possano usufruirne secondo le loro necessità. Quindi è contro la volontà di Dio che alcuni siano ricchi in modo sproporzionato, e gli altri siano poveri, soffrano la fame, muoiano di stenti e di fame. Il nostro Vescovo Mons. Luigi Bettazzi che, ripeto, è stato NOSTRO GRANDE PASTORE PER BEN TRENTATRE ANNI DAL 1966 AL 1999, si è sempre battuto perché la Chiesa, secondo il volere di Gesù, si interessi degli ultimi, di coloro che soffrono, e perché tutti gli uomini e donne vivano una vita terrena dignitosa: Dio, infatti, ci ha creati per la felicità e non per il dolore. Il dolore è sopravvenuto nella nostra vita per il peccato; ma Gesù ci ha redento con la sua passione, morte e risurrezione: noi, quindi, dobbiamo lottare perché il dolore, frutto del peccato, sia distrutto e al suo posto regni nella nostra esistenza terrena il benessere e la gioia.
V’invito, pertanto, a leggere la lettera del nostro amatissimo e stimatissimo Vescovo Mons. Luigi Bettazzi sotto questa luce. Grazie! E che la nostra Comunità Ecclesiale possa essere una Comunità di Cristiani che vivano intensamente la vita d’amore che è la vita stessa di Dio, FAMIGLIA TRINITARIA FELICISSIMA; vivano come Gesù, FIGLIO UNIGENITO DEL PADRE CELESTE, modello di amore per Dio Padre: “IL MIO CIBO QUOTIDIANO E’ COMPIERE LA VOLONTA’ DEL PADRE CELESTE” e modello di amore verso i fratelli: Egli, infatti, ha sacrificato la sua vita sulla croce per salvare noi suoi fratelli minori.
Sac. Salvatore Paparo
Lettera aperta ai confratelli vescovi
Un'anticipazione del prossimo numero della rivista. [[Mosaico di pace] 6 maggio 2008 - Luigi Bettazzi (Presidente emerito di Pax Christi Internazionale, presidente del Centro Studi economico-sociali per la pace, vescovo emerito di Ivrea)
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Più volte, in passato, in previsione dell'Assemblea annuale della CEI - a cui ritengo opportuno non partecipare - ho scritto a tutti i Confratelli Vescovi una lettera con le mie riflessioni, con quelle che avrei comunicato se mi fossi recato in Assemblea. Lo facevo in segno di collegialità, ritenendo che pur tagliato ormai fuori dalla corresponsabilità della pastorale italiana, potessi ancora manifestare vicinanza al cammino della Chiesa italiana. Questa volta partecipo le mie riflessioni, sollecitate dagli incontri che ancora faccio su e giù per l'Italia, anche agli amici di "Mosaico di pace" come semplici auspici, sui quali pregherò, specialmente nei giorni dell'Assemblea della CEI.
Non so quale sarà il giudizio della CEI sui risultati delle recenti elezioni. La nostra gente ha sempre pensato che i Vescovi, pur astenendosi da interventi diretti, non riuscissero a nascondere una certa simpatia per il Centrodestra, forse perché, almeno apparentemente, si dichiara più severo nei confronti dell'aborto e dei problemi degli omosessuali e più favorevole alle scuole e alle organizzazioni confessionali.
Credo peraltro che siamo stati meno generosi verso il Governo Prodi, non come approvazione della sua politica - dopotutto meritoria di aver evitato il fallimento finanziario del nostro Stato di fronte all'Europa (anche se questo può aver rallentato l'impegno, già avviato, di attenzione ai settori di popolazione più in difficoltà), quanto come riconoscimento di un esempio di cattolicesimo vissuto - personalmente, familiarmente, programmaticamente - in situazioni e in compagnie particolarmente problematiche. Anche perché in un mondo, come il nostro Occidente, dominato dal capitalismo, che sta impoverendo sempre più la maggioranza dei popoli e tutto teso, tra noi e fuori di noi, verso la ricchezza e il potere - la "mammona" evangelica, che Gesù contrappone drasticamente a Dio - tra i valori "non negoziabili", accanto alla campagna per la vita nascente e per le famiglie "regolari", va messo il rispetto per la vita e lo sviluppo della vita di tutti, in tempi in cui si allarga la divaricazione già denunciata da Paolo VI nella "Populorum progressio" (quarant'anni fa!) tra i popoli e i settori più sviluppati e più ricchi e quelli più poveri e dipendenti, avviati a situazioni di fame inappagata e di malattie non curate, vanno messi l'impegno per un progressivo disarmo, richiesto da Benedetto XVI all'ONU, e quello per la nonviolenza attiva, che è la caratteristica del messaggio e dell'esempio di Gesù ("Obbediente fino alla morte, e a morte di croce" - Fil 2, 16).
Forse siamo sempre più pronti a dare drastiche norme per la morale individuale, sfumando quelle per la vita sociale, che pure sono altrettanto impegnative per un cristiano, e che sono non meno importanti per un'autentica presenza cristiana, proprio a cominciare dalla pastorale giovanile. Mi chiedo come possiamo meravigliarci che i giovani si frastornino nelle discoteche o nella droga, si associno per violenze di ogni genere, si esaltino nel bullismo, quando gli adulti, anche quelli che si proclamano "cattolici", nel mondo economico e in quello politico danno troppo spesso esempio di arrivismo e di soprusi, giustificano la loro illegalità ed esaltano le loro "furberie", e noi uomini di Chiesa tacciamo per "non entrare in politica", finendo con sponsorizzare questo esempio deleterio, che corrompe l'opinione pubblica e sgretola ogni cammino di sana educazione. Ci stracciammo le vesti quando all'on. Prodi scappò detto che non aveva mai sentito predicare l'obbligo di pagare le tasse; ma avremmo dovuto farlo altrettanto quando altri invitavano a non pagarle...
Lo dico come riflessione personale. Perché mi consola pensare che il nuovo Presidente della CEI - a cui auguro un proficuo lavoro - proprio nell'intervento inaugurale di questo suo ministero richiamava il principio tipicamente evangelico del "partire dagli ultimi", che era stato proclamato in una mozione del Consiglio Permanente della CEI nel 1981 (!), e che risulta più che mai importante in un mondo (anche quello italiano! e qualche segnale ce lo fa temere sempre più per l'avvenire...), in cui si suole invece partire "dai primi", garantendo i loro profitti e i loro interessi, che non possono poi non essere pagati dalle crescenti difficoltà di troppe famiglie italiane.
L'auspicio è confortato dalla recente Settimana Sociale dei Cattolici italiani - e qui il compiacimento si rivolge al loro Presidente, che è il mio successore in Ivrea - che ha richiamato un altro centro nodale della Dottrina sociale della Chiesa e quindi della pastorale di ogni suo settore, che è il "bene comune", sul quale dovremmo comprometterci in un tempo in cui troppi - politici, impresari, categorie professionali e commerciali - pensano e lavorano solo per il "bene particolare", a spese - ovviamente - di chi non si può o non si sa difendere. Che questo dunque, dopo essere stato un messaggio così significativo sul piano dottrinale, appaia davvero come un impegno concreto e quotidiano, come qualche Vescovo già ha iniziato a dichiarare, sfidando riserve e mugugni.
Come si vede, sono tanti i motivi per auspicare, tanti i motivi per pregare, in vista di questa annuale Assemblea dei Vescovi italiani.
11 ott 2009
CARISSIMI CINTANESI
L’Opera Cenacolo Familiare nasce in “embrione” nel maggio del 1946 in un seminario del Piemonte in seguito all’esperienza spirituale vissuta da don Salvatore Paparo, sacerdote cattolico nato a Cesarò (Messina) il 14 Agosto 1929 e morto a Cintano (To) l'1 febbraio 2015. Entrato nel Piccolo Seminario di Bronte (Catania) all’età di 10 anni, Salvatore matura la sua vocazione sacerdotale. Dopo la scuola media si trasferisce al Seminario Maggiore di Catania, dove rimane per due anni. Desiderando dedicarsi alla missione, l’8 Dicembre del 1945 entra nello studentato dei Padri Maristi a Cavagnolo (Torino). Nel maggio del 1946 si ammala gravemente e i medici disperano di salvarlo. Don Salvatore, invece, guarisce improvvisamente e, mentre si sente “immerso in Dio, luce-calore estasiante”, riceve questo messaggio: “L’umanità va incontro all’Età Aurea del Cristianesimo. Allora il mondo riconoscerà Gesù come unico suo Salvatore e vivrà in modo straordinario un’era di pace e di benessere. Tu sarai l’umile nostro strumento”.
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