OTTAVA LETTERA A GESU’ UNICO SALVATORE DEL MONDO
Gesù, sono molto addolorato: ho letto che una filosofa cristiana ha lasciato la Chiesa Cattolica. Su “ IL FOGLIO “ essa ha scritto:
“Questo è un addio. E’ un addio a qualunque collaborazione che abbia una diretta o indiretta relazione alla Chiesa Cattolica Italiana…
La dichiarazione riportata oggi su… di monsignore… secondo la quale, per quanto riguarda la fine della propria vita, alla volontà del malato va prestata attenzione, ma “la decisione non deve spettare alla persona”, è davvero di quelle che non possono più essere né ignorate né, purtroppo, intese diversamente da quello che nella loro cruda chiarezza dicono.
Ed allora ecco: questa dichiarazione è la più tremenda negazione di esistenza della possibilità stessa di ogni morale: la coscienza, e la sua libertà. La sua libertà: di credere e di non credere ( e che valore mai potrebbe avere una fede se uno non fosse libero di accoglierla o no? ) di dare la propria vita, o non darla, di accettare lo strazio, l’umiliazione di non essere più che cosa in mano altrui, o di volerne essere risparmiato. Sì, anche di affermare con fierezza la propria dignità, anche per quando non si potrà più farlo. E’ la possibilità di questa scelta che carica di valore la scelta contraria, quella dell’umiltà e dell’abbandono in altre mani. Ma siamo più chiari: quella che monsignore… nega è la libertà ultima di essere una persona, perché una persona, sant’Agostino insegna, è responsabile ultima della propria morte, come lo è della propria vita. Fallibile, e moralmente fallibile, è certo ogni uomo. Ma vogliamo negare che, anche con questo rischio, ultimo giudice in materia di coscienza morale sia la coscienza morale stessa? Attenzione, non stiamo parlando di diritto, stiamo parlando di morale. Il diritto infatti è fatto non per sostituirsi alla coscienza morale della persona, ma per permettergli di esercitarla nei limiti in cui questo esercizio non è lesivo degli altri.
Oppure ci sono questioni morali che non sono di competenza della coscienza di ciascuna persona? Quale autorità è dunque “più ultima” della coscienza di ciascuna persona? Quella dei… Quella di mons … quella del…?
E sucosa si fonda ogni autorità, se non sulla coscienza? “ Possiamo forse tornare indietro rispetto alla nostra maggiore età morale, cioè al principio che non riconosce a nessuna istituzione come tale autorità morale sopra la propria coscienza e i propri più vagliati sentimenti? C’è ancora qualcuno che ancora pretenda sia degna del nome di morale una scelta fondata sull’autorità e non nell’intimità della propria coscienza? “Non siamo per il principio di autodetermoinazione”, dichiara monsignore… ma si rende conto, monsignore, di quello che dice? Amici, ve ne rendete conto? E’ possibile essere complici di questo nichilismo? Questa complicità sarebbe ormai, lo dico con dolotre, infamia”.
Il monsignore, tramite il quotidiano “Avvenire” ha risposto così alla filosofa cristiana: “Sono sinceramente amareggiato che la mia dichiarazione sia stata letta come la più diabolica negazione di esistenza della possibilità stessa di ogni morale. Qui si sta costruendo un grande malinteso, legato a cosa significhi in questo contesto il primcipio di autodeterminazione: non si può confondere la libertà di coscienza con la possibilità di fare quello che ci pare. Anche se ragionassi in termini puramenti laici, non potrei giustificare un assassinio dicendo che l’ho fatto per rivendicare la mia libertà di coscienza. La legge che punisce l’omicidio non elimina la libertà di coscienza: anzi la piena libertà dell’assassino è il primo presupposto della condanna. Non possiamo confondere la libertà della nostra coscienza con la legittimità delle nostre azioni. Il principio di autodeterminazione non è mai stato un caposaldo della dottrina della Chiesa. La coscienza è la sede della nostra scelta. Il criterio non ce lo diamo da soli: ce lo dona Dio, che è Amore, ed è percebile ad ogni indagine razionale come il fondamento della nostra identità o natura”.
Dalle colonne del Corriere della Sera ha risposto a monsignore… il teologo Vito Mancuso. “Il monsignore distingue “la libertà di coscienza (che approva) dal principio di autodeterminazione (che deplora). Non riuscendo a cogliere la pertinenza di tale distinzione, io chiedo in che senso la libertà di coscienza sarebbe diversa dalla libertà di autodeterminazione. Che cosa se ne fa un uomo di una coscienza libera a livello teorico, se poi, a livello pratico, non può autodeterminarsi deliberando su se stesso? Di se stessi infatti si tratta quando si parla di testamento biologico, della propria vita e della propria morte, non di quella di altri. Il riconoscimento del primato oggettivo della verità non può sopprimere la libertà di coscienza, la quale può persino giungere a rifiutare la verità. Da ciò ne deriva che l’affermazione del primato della vita come dono non può esercitarsi a scapito di chi, tale dono, non lo riconosce o non lo vuole più. Se è un dono, dono deve rimanere, e non trasformarsi in un giogo. Dio rispetta l’autodeterminazione dei singoli. Se così non fosse , non sarebbe la fede che ci lega a lui, ma l’evidenza che non ammette deviazioni. Insomma a me pare che sia più evangelica (oltre che più moderna) l’identificazione tra libertà di coscienza sostenuta da… che non la loro distinzione sostenuta da monsignor…”.
GESU’, U N I C O M A E S T R O , NOI CHE CI CREDIAMO E CHE CI DICIAMO TUOI DISCEPOLI, NEL TUO NOME, IMPONIAMO PESANTI PESI SULLE SPALLE DEGLI UOMINI CAUSANDO LORO ENORMI SOFFERENZE. E CIO’ PERCHE’ NON ABBIAMO CAPITO IL SENSO DELLA TUA NORMA EVANGELICA “ I L S A B A T O E’ P ER L’ U O M O E N O N L ‘ U O M O P E R I L S A B A T O “ : LE LEGGI SONO PER IL BENE DELL’UOMO. SE ESSE, IN CASI SINGOLI, DIVENTANO DANNOSE PER L’UOMO, PERDONO IL LORO VALORE E NON VANNO APPLICATE: DOBBIAMO SEGUIRE LA LEGGE DELL’AMORE CHE AGISCE PER IL BENE DEL FRATELLO E NON DIFENDERE CON FEROCIA LA VALIDITA’ DI UNA LEGGE, DI QUALSIASI LEGGE. Sac. Salvatore Paparo 23 ottobre 2008
Sac. Salvatore Paparo Cintano 22 ottobre 2008.
12 ott 2009
OTTAVA LETTERA A GESU'
L’Opera Cenacolo Familiare nasce in “embrione” nel maggio del 1946 in un seminario del Piemonte in seguito all’esperienza spirituale vissuta da don Salvatore Paparo, sacerdote cattolico nato a Cesarò (Messina) il 14 Agosto 1929 e morto a Cintano (To) l'1 febbraio 2015. Entrato nel Piccolo Seminario di Bronte (Catania) all’età di 10 anni, Salvatore matura la sua vocazione sacerdotale. Dopo la scuola media si trasferisce al Seminario Maggiore di Catania, dove rimane per due anni. Desiderando dedicarsi alla missione, l’8 Dicembre del 1945 entra nello studentato dei Padri Maristi a Cavagnolo (Torino). Nel maggio del 1946 si ammala gravemente e i medici disperano di salvarlo. Don Salvatore, invece, guarisce improvvisamente e, mentre si sente “immerso in Dio, luce-calore estasiante”, riceve questo messaggio: “L’umanità va incontro all’Età Aurea del Cristianesimo. Allora il mondo riconoscerà Gesù come unico suo Salvatore e vivrà in modo straordinario un’era di pace e di benessere. Tu sarai l’umile nostro strumento”.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento